Il Futurshow di Bologna, indubbiamente, piace. Il suo successo, fatto di presenze e di denaro sonante, ne è il sigillo. Ma se pensate che il Futurshow possa essere un luogo dove riflettere e magari pronosticare il futuro, lasciate perdere e statevene tranquillamente incollati a Internet.
Fra i rumorosi stand della Fiera di Bologna è ormai più facile trovare l’ultimo DJ di tendenza o scoprire qualche strana moda alimentare. Più difficile, se non impossibile, trovare qualcuno interessato a “what will be”, a che cosa succederà domani.
È una fiera che punta molto sull’impatto violento con le cose, sull’hamburger imbottito di chip piuttosto che sulla comprensione di quello che i chip stesi possono fare. In tutto questo bailamme tecno rumoristico, da registrare, se non altro, che la quantità di seni e glutei messi in mostra rispetto alla precedente edizione è diminuita, anche se non mancavano le sezioni Hot Box e Cybersex.
Piccola isola silenziosa e riflessiva, in tutto questo andirivieni di varia umanità, il padiglione 32, l’Area Incontri, dove sono state organizzate conferenze di notevole interesse, con discreto successo di pubblico. Una delle più gremite di spettatori, ma il tema era ghiotto, è stata quella sulla “Pirateria informatica”.
L’argomento si è rivelato, purtroppo, piuttosto ambiguo a causa del mescolarsi di problemi come la pirateria del software e la difesa dei diritti d’autore in rete con quello degli hacker e dei crimini informatici. L’eroico Mister Mediamente, Carlo Massarini, coordinatore dell’evento, ha dovuto dar fondo a tutta la sua professionalità per tenere le redini del dibattito, durato più di tre ore.
L’incontro è stato aperto da una comparsata di Joel Silver, produttore di The Matrix, il nuovo film americano sull’universo hacker, dopo il quale si è partiti a discutere a ruota, fin troppo, libera.
I relatori erano in parte rappresentanti delle varie associazioni di categoria legate al diritto d’autore e al copyright (SIAE, BSA, ANEE, FIMI), in parte hacker o esperti del settore. Il reparto dei cattivissimi hacker (per modo di dire) schierava Stefano Chiccarelli e Andrea Monti (gli autori di Spaghetti Hacker https://www.apogeonline.com/catalogo/359.html), Raoul Chiesa, ex hacker ed esperto di sicurezza, nonché collaboratore di Apogeonline, e il guardiano degli hacker, il genovese Umberto Rapetto, ottimo esperto della GDF, simpaticissimo parlatore, nonché, a tempo perso, autore di testi per Beppe Grillo.
Fin dall’inizio si è notato che buoni e cattivi parlavano di cose diverse: i patriarchi del diritto d’autore (che sia ben chiaro un diritto sacrosanto) hanno mediamente dimostrato di conoscere Internet come il suolo lunare. Fra le perle che abbiamo avuto il dispiacere di ascoltare: “Il Web è un po’ come il mondo dei graffitari” e la strepitosa: “Linux è no-copyright” (se così fosse Microsoft lo venderebbe nei supermercati da tempo).
I poveri hacker o presunti tali, hanno dovuto difendersi da accuse non rivolte a loro e solo grazie al buon senso di Carlo Massarini e agli interventi saggi e arguti di Carlo Infante e Umberto Rapetto, il discorso è tornato a livelli più pacati e interessanti. Ma la sensazione sgradevole rimane: quelli che dovrebbero tutelare il diritto d’autore sono solo abituati a gestire dei privilegi e non a confrontare la legge con la realtà delle cose. Con buon senso e conoscenza di causa, si può dare un futuro legislativo equo e coerente al mondo digitale, in caso contrario, è più semplice affogare il tutto in un mare di demagogia.