L’editoria per ragazzi (mercato raddoppiato nell’ultimo anno) è il posto giusto in cui guardare per cogliere le maggiori tendenze di lungo periodo: capire che lettore sarà chi consuma i primi contenuti digitali adesso.
Il TOC Bologna 2013, ad esempio, mi ha insegnato che nel giro di un anno le cose sono cambiate profondamente. Il segnale più importante: non è più possibile dire che in questo settore chi paga e sceglie (gli adulti) e chi legge (i bambini) sono sempre persone diverse.
I bambini oggi sanno quello che vogliono, lo chiedono, scelgono e potenzialmente comprano in prima persona: sul tablet dei genitori, oppure sul loro. Significa doversi confrontare con un’esperienza utente particolarmente complessa. Se si considerano tutti i punti di contatto con il prodotto (dalla scoperta all’acquisto, dalla fruizione alla conversazione che – si spera – segue) ci si accorge che la fruizione è collettiva, famigliare. C’è da tenere in considerazione non solo molte esigenze, ma le esigenze di molti, spesso diverse.
Bambini e ragazzi stanno guidando il mercato dei contenuti digitali: sono loro a scegliere, non più i loro genitori #tocbologna
— Apogeo Editore (@apogeonline) March 24, 2013
iPad è sempre più centrale su apprendimento e intrattenimento. La causa è l’esperienza utente complessiva dell’ecosistema: acquisto, fruizione, utilizzo. Che sia la più semplice, fluida e integrata conta, specialmente se buona parte degli utenti ha meno di dieci anni.
Inoltre certi prodotti – interattivi, multimediali, al confine tra narrazione, gioco e apprendimento – oggi danno il meglio come applicazioni native. ePub 3 e HTML5 – al netto degli ammonimenti di Bill McCoy – non sono considerati valide alternative. Distribuire i propri contenuti come applicazioni significa – comunque – trovarsi in un mercato molto competitivo e accontentarsi di margini piuttosto bassi: il 56 percento delle applicazioni è scaricabile gratuitamente, il 90 percento costa meno di 5,99 dollari, il 46 percento meno di 99 centesimi.
Bisogna operare consapevolmente, darsi obiettivi chiari, sfruttare la tecnologia per offrire risposte reali e soprattuto parlare con i potenziali utenti, conoscere i loro desideri. Servono contenuti adatti e capacità finanziarie per sostenere investimenti adeguati, oltre a un grande sforzo di comunicazione: ma – soprattutto – servono grandi storie, indispensabili per costruire prodotti di altissima qualità sotto ogni punto di vista.
Don’t make an app unless 2+ of following apply RT @rhodesythebear: #tocbologna @nosycrow great rules to follow twitter.com/RhodesytheBear…
— Dominique Raccah (@draccah) 24 marzo 2013
App a parte, il mercato dei contenuti digitali per ragazzi sembra trovarsi a suo agio nell’era post book. Le case editrici lavorano per costruire brand – una serie, un autore, un personaggio – in cui immergere i propri utenti, costruiscono strategie ad ampio spettro utilizzando ogni canale possibile: tipologie di prodotto, distribuzione, fruizione, comunicazione.
One of themes of #tocbologna so far: “Not so much books anymore but brands, how you can exploit and support brands.” Till Weitendorf
— Dominique Raccah (@draccah) 24 marzo 2013
Proprio intorno al prodotto si sviluppa una delle riflessioni più interessanti. I tre anni trascorsi dal lancio di iPad hanno dato il via a una – lenta – interiorizzazione dei metodi di product management tipici dello sviluppo software. Finalmente le domande poste sono quelle giuste. La più importante di tutte: perché? Il fatto che la tecnologia lo consenta è una ragione sufficiente per farlo? Interessante la riflessione di Paolo Canton, editore di Topipittori, che sottolinea questi interrogativi, e aggiunge:
Dice Paolo Canton: editori e tecnologia parlano lingue diverse. Serve qualcuno che faccia da tramite o una lingua comune #tocbologna
— Apogeo Editore (@apogeonline) 24 marzo 2013
La sensazione che resta addosso è che l’editoria per ragazzi detti l’agenda per tutti, adulti compresi: contenuti prodotti e distribuiti a seconda delle diverse esigenze, centralità dell’esperienza utente, accresciuta consapevolezza sulla concezione e lo sviluppo dei prodotti, lo sguardo lucido di chi sa che non c’è una soluzione buona per tutti. Questo è il modo migliore di fare le cose – qui, nel presente – sapendo che nessuno è in grado di offrire un modello risolutivo, capace di mantenersi efficace e immutato per altri 400 anni.
Resta una certezza: che le grandi storie sono importanti – anzi, fondamentali – e che lo saranno sempre.