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Google Street View non piace all’Europa

22 Maggio 2008

Google Street View non piace all’Europa

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[APOlab] Mentre le sofisticate automobili di Google fotografano le prime vie del Vecchio Continente, si moltiplicano le perplessità sulla privacy

Premessa. Questo articolo è un prodotto di APOlab, il laboratorio di giornalismo tecnologico online che Apogeonline ha avviato su Second Lide insieme all’Accademia Non Convenzionale della Cultura Digitale. I partecipanti al corso hanno l’opportunità di scrivere un articolo a settimana, uno dei quali viene selezionato per essere editato e pubblicato su Apogeonline. Quello che segue è l’articolo che la redazione di questa testata ha scelto questa settimana. Tutti gli altri sono disponibili sul blog di unAcademy. Poiché la finalità è didattica e i partecipanti non sono professionisti del settore, anche l’apertura dei commenti ai lettori vorrebbe avere una finalità di confronto costruttivo tra autore e lettore.

Google Street View non piace all’Europa, e forse nemmeno agli europei. Al sentore del lancio in grande stile del servizio anche nel Vecchio Continente, il supervisore della privacy di Bruxelles ha invitato il colosso di Mountain View a rispettare la legislazione europea sulla protezione dei dati personali. Perché tanta preoccupazione preventiva?

Nel mirino di Bruxelles c’è Street View, servizio accessibile attraverso Google Maps o Google Earth che offre vedute panoramiche dal livello stradale di alcune città e delle loro aree urbane con possibilità di ruotare l’immagine di 360 gradi. Le immagini sono il frutto di una delicata sintesi tecnologica e sono scattate da una particolare apparecchiatura fotografica montata su un’autovettura che ha percorso realmente le città in questione. Con Street View i particolari urbani possono essere guardati a diverse dimensioni, da qualsiasi direzione e da diverse angolazioni.

Al momento del lancio, avvenuto negli Stati Uniti il 25 maggio 2007, il servizio copriva soltanto cinque città (Denver, Las Vegas, Miami, New York City e San Francisco), mentre oggi abbraccia già una quarantina di centri statunitensi e il progetto di Google è di estendere sempre di più l’offerta. Nell’immediato futuro Google ha in calendario il lancio di Street View su diverse città canadesi. A novembre 2007 è cominciata la raccolta di dati e quindi di immagini in Australia, dove Street View dovrebbe essere lanciato nella seconda metà di quest’anno. A marzo 2008 le Google car, così sono soprannominate le vetture che mappano visivamente il territorio, erano già in Giappone e di recente sono state avvistate anche in Francia e in Italia. Per i volenterosi, pare anche che Google stia cercando 300 autisti per procedere alla mappatura della Svizzera, mentre i patiti della mobilità sappiano che il servizio è stato testato anche sui telefonini. Ovviamente sul prototipo di che funziona con il sistema operativo Android.

Un veloce giro in Rete permette di capire che quella del controllore europeo non è una voce isolata e non è stata la prima ad alzarsi contro la presunta violazione della privacy da parte di Google. L’imponente raccolta di dati che anticipa il lancio del servizio e soprattutto il livello qualitativo delle visite virtuali fornite da Street View ne hanno reso difficile l’esordio anche negli Usa. Le Google car fotografano tutto quello – e soprattutto tutti quelli – che incontrano sul proprio cammino. Non c’è da meravigliarsi se, nonostante l’entusiasmo sollevato dalla novità tecnologica, si sia levato un coro di proteste: nessuno vuole essere immortalato in luoghi dove preferirebbe non essere visto. Uscendo da un sexy shop, oppure in mutande sul balcone di casa. Tanto per citare episodi abbastanza banali.

Google Street View non è l’unico servizio che offre viste dal livello della strada delle città. Altre compagnie forniscono servizi simili. C’è MapJack, che utilizza un diverso sistema di navigazione e attualmente offre immagini di città californiane e tailandesi e ci sono tra gli altri EveryScape e Microsoft Live Search Maps. Tuttavia nessuno di questi offre un servizio paragonabile a quello di Google dal punto di vista qualitativo. Su Street View le immagini sono così nitide che si possono riconoscere perfettamente i volti dei passanti e si leggono perfino le targhe delle automobili. Google in realtà sostiene che le foto sono scattate sul suolo pubblico e quindi non ledono l’intimità individuale, ma una premessa del genere non regge ovunque allo stesso modo. La normativa in fatto di privacy varia da Paese a Paese e in Europa sono molti quelli che proibiscono di filmare o fotografare senza autorizzazione individui sul suolo pubblico a scopo di pubblicazione.

In America le proteste non erano arrivate soltanto da un uomo immortalato a San Francisco mentre usciva da uno strip club e da una donna fotografata mentre prendeva il sole, ma anche dal Pentagono, e per ragioni di sicurezza. Significativo l’episodio di Aaron e Christine Borino, coniugi di Pittsburgh, in Pennsylvania, che hanno denunciato il motore di ricerca. Google sarebbe stata colpevole di aver provocato loro «una grande sofferenza mentale» e di aver diminuito il valore della loro proprietà, acquistata in una zona isolata proprio per mettersi al riparo dal mondo esterno. Con la denuncia partì anche la richiesta di eliminazione dell’immagine e la richiesta 25.000 dollari di risarcimento. I coniugi sostenevano che il viale di accesso alla villa recava in modo chiaro la scritta “strada privata” e dunque i fotografi di Google non avrebbero dovuto percorrerlo. Il caso ha fatto da apripista alle polemiche e alle cause successive.

Google si è sempre difeso sottolineando di aver preparato il servizio consultando in anticipo molte organizzazioni per i diritti civili e di aver attivato su ogni immagine un link per segnalare contenuti sconvenienti o, addirittura, per rimuovere la foto. Dall’agosto scorso, comunque, l’azienda californiana ha deciso di cambiare la propria politica, accettando di sgranare il dettaglio di volti e targhe su richiesta. Il gruppo di Mountain View ha spiegato che la propria decisione non dipendeva dalle polemiche innescate da chi non ha gradito d’essere ripreso per le strade, ma da un progetto previsto già da tempo, visto che si voleva solo testare per un periodo limitato la tecnologia. Fatto sta che la misura adottata a posteriori come correttivo è invece ora utilizzata a priori e automaticamente nel filmare le strade in Europa e non solo.

Con l’avvistamento delle Google car a Parigi, a Roma, Milano e Napoli si apre in Europa la questione della violazione della privacy. Peter Hustinx, controllore europeo per la protezione dei dati personali, ha lanciato il suo monito al colosso di Internet: «Siamo convinti che questo software crei dei problemi sul fronte della privacy», ha detto, «e se Google deciderà di svilupparlo anche in Europa dovrà rispettare le leggi europee sulla protezione e sul trattamento dei dati personali. Se ignorerà queste regole sarà duramente colpito». Da parte sua Google ha già messo le mani avanti e precisato che nulla sarà fatto in violazione del quadro legislativo che vige in ciascuna nazione raggiunta dal servizio.

Il portavoce Larry Yu ha chiarito che l’obiettivo di Street View «non è di guardare le persone, ma gli edifici e le vie. È evidente che la nostra intenzione è quella di proteggere la vita privata». Sul blog ufficiale del gruppo l’ingegnere Andrea Frome informa che da anni la società sta lavorando a un sistema che consenta di coprire automaticamente i volti della gente ripresa per strada. Peter Fleischer, responsabile in materia di privacy di Google, ha assicurato che il rispetto alle norme nazionali europee comincerà proprio dal rendere irriconoscibili i volti delle persone che finiscono nelle immagini. «Anche se si tratta di un lavoro molto delicato, e alcune volte finisce che i software cancellino anche ciò che di umano non ha nulla».

Ma a quanto pare non è soltanto l’Europa delle regole a guardare Google Street View con sospetto. Leggendo la testimonianza di Bernhard Warner sul blog del Times Online viene da pensare che forse nemmeno gli europei, gli italiani nella fattispecie, siano così entusiasti del servizio. Il giornalista racconta, ironico, le reazioni della gente al passaggio della Google car e della sua sofisticata apparecchiatura rilevatrice per le popolose e trafficate strade di Trastevere a Roma. Pedoni che al passaggio della berlina scura con l’adesivo di Mountain View si sono rintanate nei nascondigli più vicini. Di corsa dentro un bar, un portone o un negozio. Pur di sfuggire all’occhio indiscreto di Google. «Non vedo l’ora di fare una visita di Roma su Google Street View», scrive il giornalista. «Nessuna sorpresa se si vedranno i ‘di dietro’ di molti italiani che corrono verso una porta».

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