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Google Ads: costruire campagne artigianali o con il machine learning?

03 Novembre 2021

Google Ads: costruire campagne artigianali o con il machine learning?

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Ci sono pro e contro e molto dipende dalle caratteristiche della campagna stessa, nonché dal risultato che desideri ottenere.

Gli elementi strutturali: come costruire la macchina

Per quanto l’architettura di Google Ads sia, per molti versi, simile a quella di altri strumenti di advertising online, vale la pena sottolineare alcuni punti base. L’account è strutturato in campagne, gruppi di annunci, annunci. Questa è la struttura base (come nella prossima figura), alla quale poi possiamo aggiungere le variabili che ci interessano.

Gerarchia tra campagne, gruppi di annunci e annunci

Gerarchia tra campagne, gruppi di annunci e annunci.

A livello di campagna stabiliamo il budget, gli obiettivi, il target geografico/linguistico e il canale (rete di ricerca, YouTube, Shopping eccetera), ma anche se l’offerta che faremo sarà manuale o legata al machine learning. A livello di gruppo di annunci specifichiamo più puntualmente con chi vogliamo parlare, le varie Audience definite come segmenti di pubblico e parole chiave. Con gli annunci definiamo creatività e landing page. Campagne e gruppi di annunci sono quindi tutti contenitori che hanno ruoli diversi. Con questi due elementi, più tutte le variabili su cui si poggiano, possiamo costruire un numero enorme di macchine diverse tra loro.

Semplificando molto, riassumo così due modi di lavorare con Google Ads:

  • da una parte abbiamo un approccio manuale, artigianale, fatto di azioni che cercano di ottenere la massima granularità ottenibile, lasciando il minor spazio possibile agli automatismi di Google;
  • l’altro approccio, invece, è agli antipodi, dato che si basa essenzialmente sul machine learning.

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Sono due approcci che determinano storie, modi completamente differenti di costruire e sviluppare le campagne. Per entrambi si trovano spaccature all’interno delle community di specialisti: c’è chi non abbandonerà un approccio manuale finché non ne sarà costretto e chi invece vede con sollievo il machine learning, oltre a considerare l’approccio manuale come destinato al tramonto. Ovviamente all’interno di queste due macrocategorie ci sono diverse sfumature e posizioni meno assolutiste. Mi pare utile raccontare entrambi i modi di progettare e interpretare la pubblicità con Google Ads: secondo me non sono solo due approcci operativi, sono proprio due modi di allestire la macchina, e la macchina migliore è quella che è più adatta al territorio che vogliamo esplorare. Adesso rivolgiamo l’attenzione alla macchina.

Progettazione manuale

L’approccio manuale ha come filosofia di base il mantenere il controllo sulla maggior parte degli aspetti che possiamo gestire con Google Ads per ottenere più granularità possibile. A livello operativo si traduce nel gestire le aste utilizzando preferibilmente il CPC manuale, nel selezionare oculatamente le keyword, gestire le corrispondenze in maniera da evitare sorprese, decidere i posizionamenti sulla Rete Display. Questo, ovviamente, in linea di massima: tutto viene elaborato in maniera tale che il machine learning faccia il meno possibile. A livello di struttura, abbiamo una configurazione che riflette questo approccio: avremo quindi una serie di campagne che lavorano su segmenti molto precisi.

Questo modo di gestire l’account si muove alla ricerca del filone d’oro: si cerca quindi quel set di keyword che lavorano meglio delle altre per gli obiettivi che abbiamo, sceglieremo con cura i posizionamenti dove mettere gli annunci, faremo test meticolosi sugli annunci ed eventualmente sulle landing page. È molto probabile che alla fine avremo quindi una parcellizzazione delle campagne per gestire al meglio il budget.

Nella prossima figura è mostrata una struttura idealizzata delle campagne: potrebbe essere molto più articolata di così, o con altre variazioni sostanziali, ma è un riferimento visivo.

Esempio di costruzione in base al rendimento delle keyword strtegia di offerta CPC manuale

Esempio di costruzione in base al rendimento delle keyword. Strategia di offerta: CPC manuale.

Abbiamo per esempio campagne che lavorano su rete di ricerca per un gruppo ristretto di parole chiave strategiche (perché sono quelle che nel tempo hanno i risultati migliori, o perché identificano in maniera talmente puntuale ciò che offriamo che non possiamo non esserci, per esempio). Il senso è raggiungere la massima granularità possibile in base a considerazioni riguardanti la relazione tra costi (anche operativi) e benefici.

Un modello di costruzione Skag

Un modello di costruzione Skag (Single Keywords Ads Group).

Potremmo avere anche un numero variabile di campagne che invece lavorano su posizionamenti Display che abbiamo selezionato manualmente, sempre in base ai risultati ottenuti nel tempo e altre valutazioni. Per tutte queste attività è necessario che le campagne continuino a girare, quindi hanno bisogno di un budget dedicato perché non possiamo permetterci che esso si esaurisca prima della fine della giornata.

Quindi se ho più attività (o prodotti da promuovere in maniera specifica e dedicata) e per ognuna di esse desidero allocare un budget dedicato, avrò bisogno di più campagne alle quali poter assegnare un obiettivo specifico: per esempio, una campagna potrà lavorare utilizzando come conversione di riferimento il download, un’altra invece conteggerà come conversione solo le registrazioni, e un’altra ancora punterà alle transazioni.

Progettazione e machine learning

Lavorare con il machine learning è un approccio diametralmente opposto a quello visto sin qui: la gestione dell’offerta, ovvero quanto pagare a clic, non è l’aspetto più importante, perché è subordinata ad altri obiettivi, come massimizzare il numero di clic o massimizzare le conversioni (con gli aggiustamenti quali CPA target o ROAS target), come è riassunto nella figura seguente; la selezione delle keyword e la gestione delle corrispondenze sono meno meticolose, se non addirittura affidate completamente al machine learning; nella creazione degli annunci si danno a Google una serie di variabili, ma sarà Google a decidere quale combinazione è più efficace da mostrare a una specifica persona in base ai dati raccolti sui suoi percorsi di navigazione e altri segnali.

Strategie di offerta classificate per obiettivi

Strategie di offerta classificate per obiettivi. Per approfondire: Determine a bid strategy based on your goals.

Ci sono infine tipologie di campagne, in genere battezzate intelligenti da Google, in cui non definiamo neanche gli obiettivi: è l’esempio delle campagne Shopping intelligenti, un genere di campagna che lavora solo sulle transazioni, in cui è il machine learning a decidere, in base al feed che gli diamo, non solo quali keyword attivano l’annuncio (come per tutte le campagne Shopping), ma anche se mostrare annunci su rete di ricerca oppure su Display (Gmail eYouTube), senza che il consulente possa decidere se escludere un canale o fare offerte specifiche in base al canale.

Addirittura, con questa tipologia di campagne nemmeno ai definiscono i segmenti di pubblico su cui lavorare: è Google stesso che pesca i vari segmenti che abbiamo collezionato nel tempo. Raccontata così – e le campagne intelligenti sono così – sembra che con il machine learning non si faccia nulla, o quasi. Errore: non c’è meno da fare rispetto a una gestione manuale, c’è altro da fare.

Ripartiamo dalla struttura, ovvero la gestione e l’articolazione delle campagne, per mettere intanto un punto fermo. Con la gestione manuale abbiamo visto che con quella prassi molto probabilmente otterremo a un certo punto campagne molto parcellizzate: siamo quindi di fronte a una situazione in cui il budget è frammentato oculatamente in diverse attività.

Con il machine learning è proprio il contrario: infatti, per funzionare bene, il machine learning ha bisogno di elaborare dati, molti dati, di conseguenza invece che parcellizzare si tende a consolidare le campagne. Questo si traduce all’atto pratico con la costruzione di poche campagne per concentrare il budget: infatti, più budget ha una campagna, più il machine learning ha la possibilità di apprendere velocemente.

DSA: tra SEO e Ads

Tra le varie automazioni che Google offre, una lega in maniera limpida Google Ads e una parte delle implementazioni SEO: si tratta degli annunci DSA (Dynamic Search Ads), ovvero una soluzione in cui deleghiamo a Google buona parte delle operazioni da compiere, dalla selezione delle parole chiave ai titoli degli annunci.

Da un punto di vista operativo, la loro costruzione è piuttosto snella: sarà sufficiente indicare a Google l’URL (o uno degli altri sistemi di targeting; si veda la prossima figura), aggiungere le descrizioni e le estensioni agli annunci, e da lì in poi ci penserà il machine learning, che determinerà per quali keyword mostrare le nostre inserzioni e genererà i titoli coerentemente con il contenuto e la query. Ma l’aspetto operativo non è la parte più importante, e interessante, delle campagne DSA.

Creazione di un gruppo di annunci dinamici

Creazione di un gruppo di annunci dinamici.

In sostanza, i gruppi di annunci DSA si basano sulla capacità di Google di leggere i contenuti del sito e valutare per quali query sono pertinenti. Questo, a grandissime linee, è ciò che Google fa quando analizza le varie risorse per definire il tema di una pagina a livello SEO. Questa tipologia di gruppi di annunci è un punto di contatto notevole tra SEO a Google Ads perché buona parte del corretto funzionamento di queste campagne deriva dall’architettura informativa del sito, sia a livello navigazione, sia a livello dei metatag o degli altri microcontenuti che in genere entrano nella sfera di attenzione dei consulenti SEO.

In sintesi: le DSA si basano sulle informazioni che Google ha di quella risorsa, e possiamo desumere il capitale semantico di un URL frequentando Search Console.

Query relative a un determinato URL (da Search Console)

Query relative a un determinato URL (da Search Console).

Più questo capitale è strutturato, maggiori possibilità ci sono che le DSA lavorino bene e intercettino un traffico pertinente che potrebbe non essere colto dalle altre campagne con Google Ads. La premessa per lavorare con le DSA è che il progetto goda di una buona salute SEO con contenuti ben scritti che riflettano il linguaggio naturale delle persone, in modo tale che possa intercettare il bisogno informativo che sta dietro a una query. Tutto qui? No, perché nel corso del tempo con le DSA si sono fatti diversi esperimenti, architetture, approcci. E il più esemplare in questo senso è l’esempio del modello Hagakure.

Il metodo Hagakure: machine learning + DSA

Hagakure (dal giapponese: nascosto dalle foglie) è un metodo per costruire le campagne su rete di ricerca – o anche per gestire un account – dalla genesi nebulosa: da quel che è possibile capire, nasce in Giappone all’incirca nel 2018 per poi evolversi in varie forme e modalità, al punto che a oggi circolano molte varianti rendendo perciò arduo risalire alla sua forma originaria.

Quali sono gli elementi fondanti di questo sistema? È un mix di machine learning, DSA, Audience e strategie di offerta automatizzate. Più nello specifico, tra le caratteristiche ricorrenti troviamo questi elementi:

  • campagne corrispondenti alle categorie di prodotti;
  • Smart Bidding;
  • un solo URL per gruppo di annunci;
  • annunci standard su rete di ricerca basati su keyword a corrispondenza generica o a frase;
  • annunci dinamici della rete di ricerca (DSA);
  • segmenti di pubblico in osservazione.

Nella prossima figura vediamo una sua rappresentazione.

Una delle rappresentazioni del modello Hagakure

Una delle rappresentazioni del modello Hagakure.

Abbiamo una categoria di prodotti da promuovere e viene sviluppata una campagna che lavora grazie allo Smart Bidding (in genere legata alle performance: CPA target, ROAS target). All’interno di queste campagne troviamo vari gruppi di annunci, due per ogni URL che vogliamo sponsorizzare: un gruppo di annunci è standard, con parole chiave a corrispondenza generica o frase; l’altro è un gruppo di annunci DSA che lavora sullo stesso URL precedente. All’interno delle campagne troviamo anche inserite le Audience in osservazione. Questo modello è scalabile, nel senso che se vogliamo aggiungere altre landing, andremo a replicare questa struttura.

Già a questo livello e con queste poche direttrici ci sono molti spunti di riflessione. Il primo: quando è il caso di adottare questo sistema? Si basa sul machine learning, che sappiamo essere legato alla quantità di dati: per questo sistema si stima che servano almeno 12.000 impressioni mensili per ogni gruppo di annunci (ma è una cifra da prendere molto con le molle), in modo che la macchina possa apprendere su una solida base di informazioni. Da questo riferimento si capisce che per progetti di nicchia, che lavorano su query a basso volume di ricerca, tale modalità potrebbe non andare bene.

Il secondo spunto di riflessione è il ruolo delle DSA. Il suo utilizzo in questo contesto viene motivato soprattutto per andare a coprire la long tail, ovvero tutto quel set di parole chiave molto specifiche e tendenzialmente a basso volume di ricerca. All’interno di questo sistema, le DSA vanno a colmare eventuali ricerche che non copriamo con l’altro gruppo di annunci standard che lavora sullo stesso URL, assumendo quindi una funzione complementare. A mio avviso, tuttavia, le DSA potrebbero avere anche un’altra ragion d’essere, ovvero quella di portare storicità nella campagna: nel paragrafo dove parlo delle DSA sottolineo come questa tipologia di gruppo di annunci si basi, secondo la mia interpretazione, sul capitale semantico che un URL si porta dietro. Nella mia prospettiva, quindi, le DSA in questo sistema servono sia per cogliere la long tail, sia per fornire informazioni su quell’URL al machine learning.

Il terzo punto si collega direttamente al secondo, ovvero il ruolo che hanno le Audience poste in osservazione: Google aumenterà o diminuirà in autonomia l’offerta in relazione ai segmenti di pubblico che risultano di nostro interesse.

Quale modello adottare: artigianale o basato sul machine learning?

La scelta dell’approccio dipende dal territorio che ci interessa. Tutto il lavoro di recupero e analisi delle informazioni non era un puro esercizio di stile: serve per chiarire che tipo di mercato abbiamo di fronte e come possiamo inserirci tramite Google Ads. Ma quale approccio adottare? Faccio due esempi.

Primo esempio: approccio manuale. L’architettura della macchina che costruirò si basa su questa lettura dello scenario:

  • ho bisogno di precisione, perché le keyword che mi interessano sono poche, ben definite e con poche varianti.
  • posso gestire il costo a clic in maniera manuale perché la concorrenza è ridotta e non ho bisogno che ci sia un aggiustamento dell’offerta in tempo reale gestito dal machine learning (che comunque posso usare lo stesso).

Secondo esempio: utilizzo del machine learning. In un contesto dove il numero di keyword papabili è molto esteso, con la possibilità concreta che molte di esse cambino in un lasso di tempo anche breve, è difficile affidarsi solo a un approccio artigianale dove invece le keyword sono selezionate manualmente. Per quella campagna, quindi, è probabilmente più efficace far lavorare il machine learning, per cogliere meglio le mutazioni di un mercato, per far pesare ciò che Google sa di quel messy middle. In sintesi:

  • ho bisogno di inserirmi in un messy middle molto più articolato e fluttuante: l’adattabilità del machine learning nel valutare ricerche e sessioni di ricerca potrebbe inserirsi meglio in questo flusso e soprattutto rimanerci meglio;
  • machine learning anche per gestire le offerte: stiamo lavorando in un ambito molto ampio, dove vari interessi si fanno concorrenza, e gestire tutto con offerte manuali potrebbe non dare buoni risultati, oltre che essere dispendioso a livello operativo.

Quale modello adottare, quindi? Non c’è, a mio avviso, un modello che vada bene per tutti, e nemmeno per la maggior parte dei progetti. Semplificando moltissimo: laddove lo scenario sembra essere più definito e circoscritto, preferirò un approccio manuale, finché Google dà questa possibilità. Laddove lo scenario è più mutevole e fluttuante, ricorrerò invece al machine learning.

Questo articolo richiama contenuti da Google Ads.

Immagine di apertura di Samuel Schroth su Unsplash.

L'autore

  • Emanuele Tamponi
    Emanuele Tamponi comincia la sua carriera agli inizi del 2000 collaborando con aziende per rendere più efficaci la comunicazione e gli investimenti pubblicitari online. Si specializza in Google AdWords, poi Ads, e SEO, e come consulente tiene lezioni e seminari per enti pubblici e privati. Crede nei dati e nelle idee, e cerca di uscire dalla comfort zone ogni volta che se ne ricorda.

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