Gli schermi vanno usati con criterio
- Come scongiurare la dipendenza dagli schermi
- Che cosa fa percepire come importanti e significative le distrazioni digitali
- Che cosa pensare degli schermi in mano a bambini molto piccoli
- Perché la luce blu degli schermi può creare problemi di sonno
- Come l’industria sfrutta sugli schermi le vulnerabilità del cervello
1. Come scongiurare la dipendenza dagli schermi
Cercare di sconfiggere le distrazioni dovute agli schermi è una dura battaglia. La lotta contro la macchina può ricordare il momento culminante del film WarGames, in cui la capacità di lancio nucleare degli Stati Uniti viene affidata a un’intelligenza artificiale che esegue simulazioni alla ricerca del miglior piano per la rappresaglia nucleare. Nel film il computer pensa erroneamente che l’Unione Sovietica abbia lanciato missili contro gli Stati Uniti. Mentre le autorità militari si affannano per evitare la distruzione di massa, il computer cerca la strategia vincente perfetta, passando in rassegna tutti gli scenari possibili. Dopo averne individuato uno in cui la razza umana non sopravvive, la macchina rende nota la sua conclusione:
Strano gioco. L’unica mossa vincente è non giocare.
Con le distrazioni prodotte dagli schermi, la mossa vincente non deve essere necessariamente tanto drastica. Può essere sufficiente fare pause strategiche, mettere da parte i dispositivi la sera quando il cervello ha bisogno di riposare o spegnerli per un certo periodo. La mossa vincente chiede di mettere in discussione le priorità e di fare le cose importanti prima di cedere allo scrolling e altro. Piccoli passi possono fare una grande differenza.
Le forze indifferenti dell’evoluzione hanno plasmato il cervello e la sua psicologia in modo tale da rendere inevitabile la distrazione, e nessuna quantità di progresso civile o di tecnologia può opporsi alle inesorabili forze biologiche che sono orientate in altra direzione. Non si tratta di superare con la forza di volontà la tecnologia progettata per catturare la nostra attenzione. Se vogliamo ridurre la frequenza delle distrazioni e recuperare la concentrazione mentale, dobbiamo riconoscere e rispettare i limiti e le vulnerabilità di un cervello dell’Età della pietra che si deve muovere nella vita moderna. Non ci sono scorciatoie e i fallimenti sono inevitabili. Ma ci si può sempre rialzare e riprovare.
Il vaso di Pandora dello schermo, con le sue infinite possibilità e ramificazioni, non si chiuderà né scomparirà. Gli schermi, proprio per il modo in cui sono progettati, creano dipendenza. Assorbono la nostra banda di attenzione. Chissà quali sfide porteranno le future iterazioni? Nonostante i notevoli vantaggi che offre, uno smartphone è ancora un agente narcotizzante. La magia che mette Internet nelle nostre mani diventa facilmente malevola e, come ha scoperto l’apprendista stregone, oltre la nostra capacità di controllo.
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Schermi onnipresenti che enfatizzano le sensazioni audiovisive a scapito del pensiero e della riflessione lasciano i giovani poco istruiti e con una conoscenza limitata del mondo reale. I ricchi genitori della Silicon Valley, dove è stata inventata la vita online, provano sempre più spesso sensi di colpa e rimorsi per la zombizzazione, la disattenzione e la distraibilità che il loro lavoro ha provocato, anche se proteggono la loro stessa prole dalle conseguenze delle loro creazioni. Il divario digitale di oggi non è tra chi ha e chi non ha, ma tra chi può sfuggire agli effetti maligni della tecnologia dello schermo e la maggioranza di chi non può o non sa nemmeno di essere stato stregato.
Tuttavia, non sono impotenti. Possono resistere al fascino delle sirene digitali, iniziando con semplici accorgimenti come abbassare l’intensità dello schermo di TV, monitor e dispositivi mobili. Poi, si possono regolare le impostazioni dei colori e i filtri per ridurre al minimo l’esposizione alla luce a breve lunghezza d’onda che ci colpisce nelle ore sbagliate della giornata.
2. Che cosa fa percepire come importanti e significative le distrazioni digitali
Parte della risposta è che la visione periferica si collega al cervello limbico attraverso il giro linguale. Questa parte più esterna del lobo temporale ha a che fare con la meraviglia e il significato. Un ictus in quest’area o un nervo instabile che scatena una crisi epilettica qui produce uno stato neurologico chiamato sensazione di presenza. In termini tecnici, il complesso amigdala-ippocampo mediobasale è associato al significato, al senso di sé e alla relazione del sé con lo spazio e il tempo. Per quanto riguarda le distrazioni prodotte dagli schermi, e in termini più semplici, le persone che sperimentano il fenomeno parlano di veder scomparire oggetti o persone con la coda dell’occhio, provando contemporaneamente una scossa emotiva. La stimolazione elettrica di questa regione (per esempio durante un intervento chirurgico di routine al cervello) produce esattamente questo tipo di percezioni, insieme a un senso di premonizione.
La frequente collocazione periferica degli schermi è uno dei motivi principali per cui distraggono e prosciugano energia. Invece di tenere gli schermi lontani dalla visuale dei figli, molti genitori li mettono inconsapevolmente proprio davanti ai loro occhi, gli insegnanti li incoraggiano e le aziende spingono questa pratica, pur sapendo che non è nell’interesse dei giovani. Coloro che si chiedono se ci possa essere un lato negativo vengono attaccati come luddisti e tecnofobi. Così, genitori ben intenzionati ma poco informati hanno imposto dispositivi come l’Apptivity Seat e l’iPotty di Fisher-Price a bambini ancora in fase di sviluppo, saturandoli con schermi luminosi per ore al giorno. Gli inventori del dispositivo avranno avuto buone intenzioni, ma i pediatri sanno che la fovea non è completamente sviluppata fino all’età di quattro anni (anche gli educatori dovrebbero saperlo), motivo per cui dominare il campo visivo con un iPad durante questa finestra critica per lo sviluppo dell’acuità visiva non è consigliabile. La fovea è il luogo in cui si sviluppa la visione 20/20. Per i bambini che non hanno nemmeno la forza di sollevare la testa o di voltarsi, questa pratica è spaventosa. Si potrebbe discutere se questa pratica non costituisca addirittura un abuso sui minori.
La competizione per l’attenzione
Le distrazioni periferiche sono un problema non meno grave anche per gli adulti. Immaginiamo di incontrare un amico per un caffè e di appoggiare il telefono a faccia in su sul tavolo. Arriva un messaggio o una chiamata. Lo schermo si illumina, segnalando un cambiamento di condizioni. Il telefono emette un suono, vibra o squilla: un altro cambiamento. Entrambi gli eventi catturano ineluttabilmente la nostra attenzione; il nostro cervello limbico e quello della persona che sta con noi non possono fare a meno di reagire allo stimolo. La risposta automatica costa a entrambi energia fisica e mentale, e più distrazioni il nostro cervello è costretto a registrare, per poi decidere che cosa fare in merito, più ci sentiamo svuotati. La vera domanda è: per che cosa vogliamo usare la nostra riserva di energia? La decisione spetta a noi. Potremmo mettere il telefono a faccia in giù, anche se il suono ci distrarrebbe comunque. Potremmo spegnerlo del tutto, ma questo potrebbe scatenare la FOMO, la paura di rimanere esclusi dal flusso. Oppure potremmo arrabbiarci per il fatto che le aziende tecnologiche ci hanno costretto a decidere quale interruzione valga la nostra attenzione: se dedicarci a un amico o al mondo digitale sempre più invadente che richiede la nostra totale attenzione ORA.
3. Che cosa pensare degli schermi in mano a bambini molto piccoli
È questa la domanda su cui si sono scontrati due noti difensori dell’infanzia sulle pagine di Nursery World, una pubblicazione britannica dedicata alle migliori pratiche per tutti coloro che lavorano nella cura dell’infanzia e nell’educazione dei primi anni.
A favore di una completa immersione dei bambini nella tecnologia basata sugli schermi era la dottoressa Annette Karmiloff-Smith, pluripremiata scienziata cognitiva esperta in disturbi dello sviluppo come l’autismo, la sindrome di Down e la sindrome di Williams, condizioni che derivano da errori causati da fattori innati (genetici) e ambientali esterni. Uno dei suoi studi ha dimostrato che una piccola differenza nello stile con cui una madre interagisce con il proprio figlio (un po’ più direttiva o un po’ più sensibile) influisce sul raggiungimento di specifiche tappe cognitive da parte del bambino. Tuttavia, l’autrice insiste sul fatto che tutto ciò che sappiamo sullo sviluppo infantile ci dice che i tablet non dovrebbero essere vietati ai bambini e ai neonati.
Contro l’esposizione precoce agli schermi tecnologici si è schierato il dottor Richard House, membro del Critical Institute e curatore di Too Much, Too Soon? Early Learning and the Erosion of Childhood. Secondo House chi è a favore degli schermi non ha riflettuto sulle conseguenze del proprio entusiasmo:
Non abbiamo idea di che cosa questi dispositivi stiano facendo al cervello dei più giovani, quindi forse dovremmo esercitare una certa cautela quando mettiamo le nuove generazioni davanti a iPhone e iPad.
Alla fine, i due esperti sono rimasti in disaccordo, quindi come può un genitore scegliere quale strada seguire quando gli esperti non sono d’accordo? Forse, un buon punto di partenza è superare la logica binaria secondo cui gli schermi sono intrinsecamente buoni o cattivi. Una domanda meglio formulata è se l’uso di telefoni e tablet perturbi le relazioni sociali ed emotive tra adulto e bambino. I bambini piccoli sono estremamente sensibili al tono emotivo e alle azioni dei loro genitori. Sappiamo che il comportamento simpatico nelle coppie umane crea un legame sociale tra le due persone, e che lo sguardo reciproco allinea gli schemi delle onde cerebrali del genitore e del bambino, nonché le attivazioni misurabili con la risonanza magnetica funzionale (fMRI). Questi allineamenti creano una rete, transitoria ma potente, che facilita la comunicazione e aiuta il bambino a capire, attraverso l’apprendimento implicito, come parlare e interagire socialmente con altri.
L’attaccamento emotivo ha le sue radici nel sistema nervoso centrale e il legame madre-bambino è la forma di attaccamento umano più intima che esista. La biologia li connette e li lega a livello ormonale attraverso la molecola dell’attaccamento, l’ossitocina, che funge anche da neurotrasmettitore. In questo modo, il bambino può incarnare le esperienze emotive degli adulti che gli sono familiari, formando un modello su cui costruire relazioni intime per tutta la vita. La psicologia lo definisce un modello a bambolina russa dell’empatia: come la matrioska di legno in cui le bambole di dimensioni decrescenti sono annidate l’una dentro l’altra, e ognuna si relaziona con la più esterna, così il primo legame tra madre e figlio colora tutti i legami successivi nella vita di quel bambino.
Il volto immobile
Poiché genitori e figli sono per natura in sintonia tra loro, la psicologa comportamentale Sarah Myruski e i suoi colleghi si sono chiesti che cosa succede dal punto di vista del bambino quando l’uso dello smartphone da parte del genitore interrompe questa sintonia prevista. Myruski ha paragonato la preoccupazione dei genitori a un classico paradigma psicologico chiamato still face o volto immobile, perché l’uso di dispositivi intelligenti davanti ai figli rende il genitore temporaneamente non disponibile. Psicologicamente parlando, i genitori che si dedicano al telefono scompaiono e diventano invisibili e questa scomparsa virtuale influisce sull’eventuale attaccamento emotivo del bambino. La quantità di spazio cerebrale, nel giro fusiforme e altrove, dedicata al riconoscimento e all’analisi dei volti è considerevole, e la capacità di leggere i volti (che il bambino acquisisce molto prima di parlare) è cruciale per la formazione di una teoria della mente: la capacità di pensare al proprio stato mentale e di dedurre lo stato degli altri.
Nei bambini di età compresa tra i sette e i ventiquattro mesi, il paradigma del volto immobile si compone di tre fasi: il gioco libero reciproco tra madre e bambino; la fase del volto immobile, durante la quale la madre è fisicamente presente ma fissa il telefono e non risponde né dà inizio ad alcuna richiesta di attenzione; e una fase di ricongiungimento che restituisce al genitore il suo pieno impegno e la sua disponibilità emotiva. Quando i tentativi gestuali o vocali di ottenere l’attenzione del genitore non trovano risposta, i bambini entrano in una condizione di stress. In laboratorio, la madre viene istruita a scorrere, digitare e concentrarsi sul telefono per due minuti: la fase del volto immobile. In media prendiamo in mano il telefono circa novanta volte al giorno, quindi la mamma potrebbe pensare che il controllo richieda solo un secondo. Ma i bambini la vedono diversamente e in due minuti possono richiamare l’attenzione della madre anche per sette volte.
4. Perché la luce blu degli schermi può creare problemi di sonno
La luce a onde corte emessa dagli schermi digitali è importante perché spesso colpisce la retina con il tipo di luce sbagliato nel momento sbagliato della giornata. È interessante notare che la capacità della luce a onde corte di reinizializzare i ritmi circadiani non è una funzione del suo colore: qualsiasi fotorecettore potrebbe essersi evoluto per registrare l’arrivo della luce del giorno e l’avvicinarsi dell’oscurità nel nucleo soprachiasmatico del cervello. Più di altre frequenze che gli esseri umani possono percepire, però, le lunghezze d’onda corte penetrano meglio negli oceani dove è iniziata l’evoluzione della vita e dei fotorecettori. Tutti gli animali hanno fotorecettori di melanopsina, le cellule gangliari retiniche sensibili al blu che regolano l’orologio quotidiano. Persino i pesci gatto ciechi e creature simili prive di vista ne sono dotati, a testimonianza di quanto l’esposizione alla luce solare sia fondamentale per sostenere la vita e il benessere.
La tempistica circadiana fa sì che le ferite cutanee subite durante il giorno guariscano più velocemente di quelle subite di notte.
Notiamo costantemente una differenza di circa due volte nella velocità di guarigione delle ferite tra il giorno e la notte dell’orologio corporeo.
Lo afferma il biologo molecolare John O’Neill, che ha condotto uno studio all’Università di Cambridge dimostrando che la guarigione diurna delle ustioni è del 60 percento più veloce di giorno che di notte.
La luce è vitale per la sopravvivenza umana, tanto da rientrare nella definizione di nutriente: qualsiasi sostanza che un organismo deve ottenere dall’ambiente circostante e che fornisce il nutrimento essenziale per la crescita e il mantenimento della vita. Tuttavia, la maggior parte delle persone non trascorre molto tempo a immergersi nella luminosa luce del mattino, a cui l’evoluzione ha preparato il corpo a rispondere. Oltre a perturbare l’orologio circadiano quando viene esposta al momento sbagliato della giornata, la luce blu visibile ad alta energia (HEV) contiene più energia rispetto alle lunghezze d’onda maggiori. Penetra nella cornea fino alla parte posteriore della retina.
La luce blu a breve lunghezza d’onda ha un livello di energia più elevato rispetto alla luce proveniente da altre regioni dello spettro. Può arrivare fino alla retina, dove può causare danni.
Alcune ricerche suggeriscono che la luce blu visibile ad alta energia, in particolare quella dei LED, essendo così luminosa, porta a una perdita della vista simile a quella della degenerazione maculare. Anche la normale luce dello schermo, però, influisce sugli occhi di giovani e anziani in altri modi. Le differenze di età sono particolarmente significative nei bambini in età prescolare. Solo una breve esposizione alla luce tipicamente brillante di un tablet sopprime la melatonina nei bambini del 90 percento. Un’ora dopo, la melatonina rimane soppressa e non torna nemmeno al 50 percento del livello del giorno precedente. Lo sconvolgimento chimico porta scompiglio nell’orario in cui i ragazzi vanno a letto.
Oltre ad avere un cristallino più trasparente, i bambini in età prescolare sono più sensibili ai livelli di luce ambientale perché hanno pupille più grandi che lasciano cadere più luce sulla retina e amplificano il segnale dell’orologio interno (le dimensioni delle pupille diminuiscono con l’età, soprattutto in chi ha gli occhi azzurri o chiari). Per aiutare i bambini a dormire, restate al buio consiglia la pediatra Perri Klass. La dottoressa Judith Owens, responsabile per la medicina del sonno del Children’s Hospital di Boston, così raccomanda:
Dato che il profilo circadiano dei bambini in età prescolare e il rilascio di melatonina sono relativamente più precoci rispetto agli adulti […] i genitori dovrebbero evitare di esporre i bambini a una luce molto intensa prima di andare a letto.
La luce degli schermi, compresa quella della televisione, è in genere la fonte più luminosa e più blu di una casa. Per quanto riguarda le luci notturne, dice la dottoressa Owens, devono essere basse, vicino al pavimento. Non bisogna far brillare nulla direttamente negli occhi. Il suo consiglio è simile all’avvertenza degli abitanti delle Shetland di non lasciare che la luce della luna cada sul viso di chi dorme.
5. Come l’industria sfrutta sugli schermi le vulnerabilità del cervello
I progettisti di software e hardware violano deliberatamente i nostri rilevatori di cambiamento nel tentativo di manipolare la nostra percezione della realtà. Le aziende tecnologiche combattono a sangue freddo per i vostri occhi, afferma Gabe Zichermann, CEO di Gamification e cofondatore di Dopamine, Inc.
Mi guadagno da vivere rendendo le cose più coinvolgenti di quanto non lo siano altrimenti. In generale, si chiama gamification perché incorpora elementi di gioco come il punteggio, le regole, la competizione con gli altri e le ricompense. Le aziende hanno successo o falliscono in base al coinvolgimento che riescono a ottenere. […] Ogni minuto sottratto alle tasche di un’azienda rappresenta un’enorme quantità di dollari persi.
Sebbene tutte le applicazioni della tecnologia ai flussi di lavoro possano avere un beneficio, come un servizio più rapido, il self-service e la riduzione dei costi operativi, dice Zicherman, è chiaro che ognuna di queste cose non fa altro che aumentare la nostra dipendenza dallo schermo.
Lo scroll infinito è allettante ma anche seducente. Ramsay Brown, un neuroscienziato che studia come contrastare la dipendenza da telefono, afferma:
Vostro figlio non è un debole perché non riesce a staccarsi dal telefono. […] Il cervello di vostro figlio viene manipolato per farlo stare al telefono.
Il motivo per cui gli utenti di tutte le età non alzano lo sguardo dai loro dispositivi è che le aziende tecnologiche hanno tranquillamente usato il design persuasivo e tecniche psicologiche manipolative per agganciarli. C’è molta scienza dietro la nostra evidente dipendenza dalla tecnologia e, sebbene i progettisti di software (chiamati eufemisticamente ricercatori dell’esperienza utente) non lo rendano noto, la sua esistenza non è un segreto. La Stanford University ha il suo famoso Persuasive Tech Lab dal 1998 e l’American University offre master in ricerca sul gioco persuasivo dal 2012. Altre istituzioni sono salite sul lucroso carrozzone, come Drexel, Rensselaer Polytechnic, New York University, Carnegie Mellon, MIT e l’Università dello Utah. Nel frattempo, nell’estate del 2018, sessanta psicologi di spicco hanno presentato una petizione all’American Psychological Association (APA) perché affronti l’abuso del design persuasivo a scopo di lucro.
Scriviamo per richiamare l’attenzione sulla pratica non etica degli psicologi che utilizzano tecniche di manipolazione nascoste per attirare i bambini ai social media e ai videogiochi. Queste tecniche, applicate senza che i bambini o i loro genitori ne siano a conoscenza o abbiano dato il loro consenso, aumentano l’uso eccessivo dei dispositivi digitali da parte dei bambini, con conseguenti rischi per la loro salute e il loro benessere.
La petizione non è riuscita a cambiare nulla. Oggi l’industria tecnologica continua a sfruttare le vulnerabilità dello sviluppo per vendere ai bambini prodotti digitali, anche se i firmatari sottolineano che il bisogno tipico di una ragazza adolescente di essere accettata dai coetanei rende facile per i social media intrappolarla. Allo stesso modo, il bisogno evolutivo di accumulare competenze di un ragazzo per sentirsi bene con se stesso lo rende un bersaglio invitante per la strategia di ricompensa intermittente utilizzata da tutti i videogiochi.
Con lo stile coinvolgente dei suoi popolari TED Talk, l’autore illustra come funziona la programmazione cerebrale, rivela perché siamo dipendenti dagli schermi e perché i cervelli giovani e in via di sviluppo sono particolarmente vulnerabili.
L’uso di strategie psicologiche è una parte perenne e intrinseca della pubblicità, avverte il dottor Richard Freed, uno dei firmatari della petizione e autore di Wired Child: Reclaiming Childhood in a Digital Age:
Gli psicologi delle aziende tecnologiche stanno contribuendo a creare prodotti così stimolanti e così belli da essere migliori della vita reale. L’uso eccessivo della tecnologia si è impadronito dell’infanzia.
Questo articolo richiama contenuti da Un cervello dell’età della pietra nell’era degli schermi.
Immagine originale di Milad Fakurian su Unsplash.