Il tema più caldo della recente assemblea annuale dell’industria libraria americana è stata l’industria discografica, o meglio, la controversa questione della pirateria musicale e soprattutto del caso Napster.
Peter Jovanovich, presidente della Association of American Publisher, sostiene che il settore editoriale non possa trovarsi impreparato al cambiamento portato da Internet e soprattutto non possa limitarsi a mettere in campo un atteggiamento reazionario come quello dimostrato dal settore discografico.
Il software Napster ha fatto discutere più di ogni altra controversia legata alla pirateria musicale sul Web poiché, è noto, esso introduce un elemento esplosivo: la sistematica condivisione on line dei file musicali. Napster non è un negozio trasferito su un sito. Napster è espressione della rete, Napster è una comunità virtuale. Ci scambiamo musica on line esattamente come quando ci scambiamo i Cd tra amici. Gli amici però ora sono potenzialmente tutti gli utenti Internet. Meraviglia o orrore, dipende dal punto di vista.
Gli editori non vogliono che software come Napster scardinino anche il loro mercato. Sistemi analoghi potrebbero conquistare anche il territorio del testo. Certamente non è una questione tecnologica, bensì per il momento manca solo un’offerta di libri on line tale da giustificare l’utilizzo di software come Napster. È una questione di tempo.
FreeNet per esempio, è un programma gratuito che ha le potenzialità di mettere in crisi gli editori on line. È un software nato per aggirare la censura e navigare anonimamente scaricando qualsiasi genere di file. Non lavora su un server centrale, il suo sistema è spalmato sulla rete. Ciò lo rende più complicato da usare, ma altrettanto difficile da controllare.
All’assemblea annuale dell’industria libraria americana si è parlato anche di un altro software: Wrapster, una filiazione di Napster creata dai suoi stessi utenti. Permette di condividere testo, immagini, ecc. Lo stesso discorso vale per Gnutella.
Secondo Andersen Counsulting entro il 2005 i libri elettronici rappresenteranno il 10% delle vendite di libri, senza contare manuali e testi scolastici. La società di consulenza afferma anche che più del 70% di queste vendite si aggiungeranno e non sostituiranno quelle di libri cartacei. La vendita di libri tradizionali potrebbe invece essere danneggiata dalla pirateria on line, poiché la presenza di copie gratuite, seppur su un altro supporto, è demotivante per l’acquirente.
Sulla base di tutte queste considerazioni, gli editori non sono certo seduti ad aspettare. Stanno studiando la tecnologia, stanno formulando modelli, stanno lavorando per non trovarsi impreparati di fronte a un fenomeno che non si può né ignorare né sottovalutare.