Appena nato e subito premiato. È questo il fortunato esordio di Mamma!, sito e rivista satirica che si è aggiudicato il Premio di Forte dei Marmi 2009 per la satira online. Il progetto è infatti ambizioso: creare una rivista autoprodotta in grado di auto sostenersi con gli abbonamenti dei lettori. In più, offrire un costante rifornimento di scritti e vignette satiriche gratuite sul sito, che serve anche come collettore per gli abbonandi. L’abbonamento a 3 numeri costa 20 euro e il primo numero, uscito a settembre, ha confermato la bontà del progetto. Ora è in arrivo il secondo numero. Chi c’è dietro l’iniziativa? Lo chiediamo al direttore, Carlo Gubitosa.
Carlo, come è nata l’idea di Mamma!?
Mamma! è un campo profughi autogestito di scrittori e vignettisti, nato dal naufragio di due importanti esperienze di satira: gli inserti Emme e Paparazzin, ospitati rispettivamente da L’Unità e Liberazione. Dopo la chiusura di questi due spazi, per scelte editoriali camuffate da problemi economici, questo gruppo di autori si è ritrovato in rete alla deriva, e dalla stesura di un “manifesto della nuova satira” nato come esperimento di scrittura collettiva ha preso vita il portale di satira e informazione Mamma.am (l’unica mamma libera in rete era quella armena). A quasi un anno di distanza dal suo esordio Mamma! può essere considerata come la prima agenzia di stampa satirica italiana, che produce ogni giorno dai 5 ai 10 contenuti originali: testi satirici, vignette, ma anche inchieste e approfondimenti, come gli ottimi reportage sul post-terremoto di Alberto Puliafito, partiti su Mamma! e proseguiti su Repubblica.it.
Per chi non lo conosce, che cos’era Paparazzin?
Paparazzin, l’inserto di «satira non negoziabile né ricattabile» ha fatto il suo esordio nel maggio 2007 sul quotidiano Liberazione, lanciando le premesse per l’esperienza di Mamma! con un progetto di satira che si è mosso in una zona franca sospesa al di sopra delle linee redazionali e senza obblighi di ortodossia verso il partito, pronta a ridere dei conflitti interni al Prc e perfino di fronte alla “morte annunciata” dell’inserto. Nell’ultimo editoriale abbiamo annunciato che «il Prc ha deciso: la satira ha scassato la minchia» e che un partito poco propenso all’ironia avrebbe rimpiazzato l’inserto con la pubblicazione del Capitale, a puntate e in tedesco. «E poi sono anche finiti i soldi» sono state le ultime parole di congedo con i nostri lettori. Dopo due speciali estivi il silenzio, senza nemmeno due righe di spiegazione da parte di Liberazione. Una meteora durata poco perché ha voluto brillare tanto. Su Paparazzin si sono incontrate penne e matite di tante generazioni, e la sua forza é stata proprio quella di far convivere l’entusiasmo degli esordienti con l’esperienza dei veterani anche senza un piano editoriale definito, che ha portato a ripensare e riscrivere da zero questa pagina domenicale numero dopo numero.
Mamma! ha l’ambizione di usare il sito per convincere un pubblico di appassionati a preabbonarsi a un’edizione cartacea, già partita con il primo numero (chiamato numero 3). Quali difficoltà vedete in questa strada e quali vantaggi/opportunità, rispetto ad uscire direttamente nelle edicole?
La sfida che abbiamo raccolto é quella di lanciare una rivista senza un centesimo di investimento, dove l’unica benzina che fa girare il motore é la passione degli autori per il giornalismo, la satira e il fumetto di qualità. Questa passione sta spingendo il gruppo a investire tempo, arte e professionalità, credendo nella capacità di raggiungere quella soglia critica di abbonati che possa dare al progetto la solidità economica necessaria a trasformare in un lavoro retribuito l’attuale volontariato editoriale, dove le uniche spese sono quelle relative alla stampa e alla spedizione. Una difficile scalata in verticale, dove la raccolta abbonamenti costa sudore e lacrime, ma che ci fa sentire vivi e felici molto più di tante esperienze di precariato giornalistico, dove il tempo e la fatica necessari a farsi pagare una miseria rendono il lavoro frustrante e umiliante. Il vantaggio più grande della diffusione su abbonamento è quello della sostenibilità del progetto. Uscire in edicola significa coprire almeno 20.000 edicole sulle 35.000 circa presenti in Italia, e il terreno va preparato con costosissime campagne promozionali. Per fare tutto ciò bisogna investire molti quattrini, e noi che amiamo lo sviluppo sostenibile abbiamo preferito fare le formichine della carta stampata: il primo numero è stato stampato e spedito senza dover chiedere favori o prestiti a nessuno, grazie alle piccole sottoscrizioni ricevute da chi ha apprezzato il nostro sito. Dopo il numero di esordio con 32 pagine a colori, oggi proponiamo a chi vuole sostenerci la formula del “microabbonamento”: tre numeri a venti euro.
Quali strumenti promozionali online usate principalmente?
Ognuno si arrangia come può: ad esempio tutte le volte che su Mamma! pubblico un mio editoriale o appare del materiale di altri autori particolarmente degno di nota, lo segnalo sul mio profilo di Facebook, su OkNotizie e su altri portali con cui collaboro. Anche gli altri fanno lo stesso, e volendo riassumere la nostra filosofia promozionale si potrebbe dire che sperimentiamo a livello collettivo tutte le varianti possibili del passaparola.
Quali reazioni avete avuto alla vostra iniziativa?
Scoprire che Mamma! aveva ricevuto il premio di Satira Politica Forte dei Marmi è stata una bella soddisfazione che ci ha ripagato moralmente dell’eutanasia di Paparazzin. Ma il riscontro più gradito è sempre quello dei lettori, anche quando è negativo. Da un lato siamo un gruppo di autori, e i riconoscimenti positivi ci fanno piacere, ma come editori di noi stessi le critiche valgono addirittura di più, perché ci aiutano a capire meglio il prodotto che stiamo costruendo, la nicchia di pubblico che ci sta seguendo con attenzione e quella che invece sarà infastidita dalla nostra linea editoriale. Alcune testate amiche come U’Cuntu (la rivista delle reti antimafia catanesi), altri progetti di satira come ScaricaBile e Inserto Satirico, e mensili autorevoli come il Mucchio Selvaggio ci stanno dando una mano a promuovere il progetto. Si conferma la mia convinzione che in questo settore la stima che riesci a costruirti può valere più dei soldi che riesci a raccogliere.
Mamma! vuole diventare un giornale di satira senza padroni. Che differenza c’è fra essere editori di se stessi e avere un editore strutturato con interessi preesistenti?
Attorno a Mamma! sta prendendo forma una Onlus-Associazione Culturale che sarà vincolata ai principi etici e alle finalità di interesse sociale stabiliti nello statuto dell’associazione. I giornali stampati dalle SpA (Corriere, Repubblica ma anche il Fatto Quotidiano) devono rispondere all’interesse economico degli azionisti, che non sempre coincide con l’interesse dei lettori. Lo Statuto di una associazione culturale è una garanzia del rispetto di alcuni principi fondativi, lo status di SpA è una garanzia del condizionamento dei mercati azionari sull’attività editoriale. In breve: se i bilanci non quadrano, c’e’ un golpe che spodesta la redazione, comanda l’ufficio marketing e ti dice che per vendere di più devi allegare creme solari e scrivere un po’ di cazzate che informano poco ma stuzzicano tanto il lettore. L’unica soluzione che ci è venuta in mente per garantire la massima libertà espressiva agli autori e la massima qualità del prodotto per i lettori è quella di essere editori di noi stessi, senza debiti verso le banche, senza conti da dover far quadrare con gli azionisti, senza dipendenza dagli introiti pubblicitari. L’unico legame che conta in questa faccenda è quello tra la redazione e i lettori.
Il primo numero, uscito a settembre in occasione del premio di Forte dei Marmi, dimostra che una delle particolarità più interessanti del giornale, oltre a essere di elevata qualità complessiva, è che vuol provare a mescolare giornalismo e satira. Perché credete che fra i due generi ci possa essere un buon connubio? La satira, faziosa per definizione, non può togliere obiettività al giornalismo, o il giornalismo lievità alla satira? A giudicare dal risultato io direi di no, ma vorrei porre il problema, che qualcuno potrebbe/dovrebbe porsi.
Beh, dopo le copertine illustrate di Libero con Prodi Mortadellato che si becca nel culo i tappi di champagne ci siamo convinti di non poter fare nulla di peggio provando a unire satira e giornalismo. Ma il nostro obiettivo è ancora più ambizioso, e cioè unire il giornalismo al fumetto. Nessuna rivista finora lo ha fatto in maniera sistematica e intenzionale, noi vogliamo farne il punto di forza del nostro piano editoriale. Strada facendo sto scoprendo anche che ogni medium ha una diversa densità di informazione. Gli articoli giornalistici servono quando hai dati e numeri che non ci starebbero in un fumetto, il fumetto serve quando c’è qualcosa da portare alla luce con il massimo impatto, la vignetta serve quando non hai nulla da provare ma vuoi lo stesso rappresentare gli umori del tuo tempo, le convinzioni indimostrabili che accomunano le chiacchiere da bar al più famoso editoriale di Pasolini, un sentire comune che il fiuto del satiro intercetta e cattura con una macchia di colore, come una zelante mutanda appena lavata che riesce a sintetizzare in una eloquente macchia marrone l’imbarazzo interno alla società, lasciando ai luminari il compito di descrivere con paroloni più altisonanti il marciume in cui siamo immersi.
Ci sono iniziative simili a Mamma! in altri paesi d’Europa?
Conosco varie riviste che provano a fare informazione fuori dai canoni del bon-ton giornalistico: Le Canard Enchainé è una solida e storica rivista satirica francese che stupisce per la sua capacità di dettare l’agenda dei media raffinati e autorevoli, con scoop e rivelazioni che quella rivista può permettersi proprio perché ormai è una istituzione riconosciuta, e non ha obblighi di lealtà verso i partiti come altri media francesi. In Spagna c’è El Jueves, edito a Barcellona, più orientato alla satira che al giornalismo, ma comunque capace di sintetizzare efficacemente la settimana mediatica degli spagnoli. Ognuna di queste esperienze ha qualcosa da insegnare: il Canard ci ricorda che far ridere senza essere cretini è una cosa dannatamente seria, e che il compito della satira è quello di scavare nel torbido e dire che il re è nudo quando tutti gli altri stanno zitti per convenienza. El Jueves ci dimostra che anche in uno dei paesi europei con l’economia più disastrata, è possibile fare una rivista di fumetti, illustrazioni, articoli e vignette capace di tenersi in piedi con la forza dei propri lettori.
È possibile online trovare linguaggi e temi nuovi, che magari non sarebbero praticabili sui giornali?
Probabilmente sì, ma più che a livello linguistico le potenzialità che intravedo nella rete sono a livello di relazioni. Tra i vari sogni nel cassetto che abbiamo c’è anche quello di allestire delle redazioni decentrate della rivista, gruppi di amici di Mamma! sparsi per l’Italia, che prendono le gabbie grafiche della rivista e le adattano al proprio contesto realizzando edizioni locali che si autofinanziano con la vendita delle copie. Magari prima o poi lo faremo, intanto se c’è qualcuno che vuole mettere in piedi un punto stampa o una redazione decentrata si faccia avanti.
Perché abbonarsi a Mamma! e a quale pubblico vorreste rivolgervi?
Consiglio di abbonarsi a Mamma! per sputtanare l’Ordine dei giornalisti. I vecchi papaveri dell’Ordine sostengono che non può esistere una editoria senza pubblicità, e lo teorizzano in incontri e dibattiti pubblici. L’abbonamento a Mamma! è la scommessa in un mondo dove il valore dei contenuti e il rispetto del lettore sono sufficienti a tenere in piedi una rivista senza doping pubblicitario. Vorremmo rivolgerci a un pubblico fatto di persone che hanno voglia di informarsi in modo interessante e impegnato, ma trovano noiose fino alla morte le solite riviste dei “gruppettari” piene di articoli scritti fitti fitti, tabelle, proclami e petizioni senza nemmeno una bricola di fumetto. Una volta vinta questa scommessa, potete anche tornare a sfogliare le riviste del barbiere, ma nel frattempo aiutateci a vincerla.