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Giornali e giornalisti nella rete

26 Gennaio 2004

Giornali e giornalisti nella rete

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L'adrenalina del contatto diretto con la realtà, la sfida di misurarsi con la complessità e la forza degli avvenimenti, il fascino di essere tramite tra i fatti e chi ne dovrà fruire, e la competizione col tempo, per avvicinare sempre più il racconto di ciò che è accaduto al momento in cui l'evento si è verificato. Al netto dei fattori di concorrenza, di mercato e di vanità, dando per scontati i valori immutabili della professione - onestà, sincerità, libertà - sono quelli che ho appena descritto i connotati del giornalismo di quest'inizio di millennio. Inizia così la prefazione di Enrico Mentana al libro di Emilio Carelli

Essi risentono fortemente degli effetti dell’innovazione tecnologica, e non potrebbe essere altrimenti. Sistematicamente, al nascere o all’invalersi o al modificarsi di un nuovo mezzo di comunicazione di massa, il giornalismo evolve e si plasma a sua volta, conservando la memoria di tutta l’esperienza passata e acquisendo però anche le nuove forme di produzione o di espressione delle notizie. A una testata multimediale capita oggi di pubblicare prodotti informativi su carta, per via telefonica, sulle tv terrestri e satellitari, attraverso internet, la posta elettronica, i cellulari e i videofonini.

La stessa notizia, come un essere proteiforme, si comprime o distende, si fa immagine fissa o in movimento, si scarnifica per entrare nel minimo numero di battute di un SMS o respira in un lungo speciale televisivo. Arriva nel volgere di secondi, ma potrà essere conservata indefinitamente nelle memorie di ciascun mezzo. In mezzo a tante diavolerie, il fattore umano resta però preponderante e indispensabile: e la qualità professionale continua e continuerà a fare la differenza. Chips, fibre ottiche, satelliti e modem senza i classici fiuto, mestiere e passione non produrrebbero nuova informazione. L’esperienza dell’autore di questo libro è preziosa per analizzare un così strano connubio.

Con Emilio Carelli abbiamo dato vita all’occasione televisiva più esaltante per un giornalista, com’è la creazione di un nuovo telegiornale. Quell’autunno del 1991, quei tre mesi strettissimi in cui passammo dalle stanze vuote al varo del tg5 sono un magazzino di esperienze davvero enorme (tranquilli: non essendo ancor affetto da sindrome reducistica, né da trombonismo rievocativo, vi risparmierò l’intera aneddotica…). Per dieci anni poi quel tg l’abbiamo fatto funzionare, gestito nell’ordinario, che è cosa molto più impegnativa professionalmente che lanciarlo al debutto o farlo volare nelle occasioni straordinarie. Perché un prodotto informativo complesso va domato non con l’estro (se c’è tanto meglio) ma con la continuità, con l’affidabilità, con il rigore continuo. Con la capacità di non fare delle fasi di bioritmi bassi lo scivolo verso la routine da cui non ci si risolleva. Un lavoro usurante, al quale non a caso giustapponevamo il gusto dell’impegno diretto nella conduzione del tg, allo stesso tempo parte gratificante e garanzia di impegno diretto nella creazione di edizioni curate, pensate. Un’accademia artigianale, faticosa ma formativa davvero, se di lì sono usciti direttori in serie per tutto il panorama televisivo. Uno di questi è Emilio Carelli: già lo sapete, ma non sapete com’è iniziata la storia che ha portato anche a questo libro.

Un giorno Emilio entrò nella mia stanza e con quel suo modo di fare sempre cortese e privo di aggressività mi fece capire che era giunto per lui il momento di cambiare. È un fattore di crescita importante, quello che ti fa analizzare il tuo ruolo, renderti conto che il contesto professionale in cui sei incastonato ti ha dato tutto quello che poteva darti, e quindi se vuoi fare un nuovo passo devi cambiare struttura, devi rimetterti in gioco.

Vicedirettore del tg5 dalla nascita (del tg, non sua…), meritava di misurarsi con una creatura tutta propria. Già, ma quale? E dove?
Dopo aver analizzato la situazione gli proposi un salto coraggioso e, a quel tempo, non certo privo di incognite. Mediaset, con qualche ritardo e tra molte cautele, stava esplorando la via di Internet, e c’era lo spazio per provare a lanciare un giornale on line che potesse avvantaggiarsi della nostra esperienza, della sinergia televisiva e – un atout potenzialmente vincente – della platea del pubblico di Mediaset, una parte del quale poteva essere avvicinata al web, portando una massa d’urto di nuovi utenti a utilizzare Internet.

Emilio, che è molto più riflessivo di me, si prese del tempo per pensarci, ma in realtà per studiare potenzialità e fattibilità dell’idea. Se ne convinse, e fece bene. Fu in gran parte lui a portare avanti il progetto che sfociò nel lancio di TGCOM, e fu lui fin dall’inizio a dirigerlo di fatto, fino alla meritatissima consacrazione a direttore della testata. Fui molto orgoglioso di potergli dare una mano nella messa a fuoco di quell’esperienza, che lui affrontò con meticoloso studio (scusate l’abbondanza di verbi al passato remoto: noi giornalisti c’illudiamo che le nostre vicende siano storicizzabili, e poi nel nostro lavoro di tutti i giorni, per un’evoluzione/involuzione della lingua, non abbiamo più accesso a quella coniugazione…).

Dalla preparazione del progetto Internet, dalle sue esperienze televisive, dalla sua formazione universitaria e dalla innata propensione ad estrarre dal lavoro sul campo formule e materiali spendibili per l’addestramento di nuove professionalità, da tutto questo nasce il libro che avete tra le mani. È stato scritto con passione: quella stessa che avete voi se avete deciso di leggerlo.

Enrico Mentana

Il libro “Giornali e giornalisti nella rete” è disponibile nelle migliori librerie e può essere acquistato online

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