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GeekPAC, lobby politica open source contro lo strapotere di Hollywood

15 Aprile 2002

GeekPAC, lobby politica open source contro lo strapotere di Hollywood

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Arriva da 'The Linux Show' l'ultima uscita a tutela della libertà di comunicazione e dell'innovazione high-tech

“Il seguente documento vuole fornire alla comunità degli sviluppatori e agli utenti di Internet un quadro generale per riunirli a difesa della causa comune per la salvezza delle nostre libertà fondamentali soprattutto rispetto all’innovazione e a Internet come entità autonoma.”

Questa l’apertura della bozza, attualmente in circolazione online, che lancia l’ennesima iniziativa anti-establishment avviata dal giro open source. Il testo offre spunti e suggerimenti per la creazione dell’American Open Technology Consortium e dell’analogo GeekPAC, associazioni trasversali con mire di lobby politica. In pratica il consorzio — aperto a tutti — dovrebbe premere sui legislatori affinché tengano comunque presente il libero sviluppo del software nelle norme presenti e future stilate in tema di tecnologia. Almeno questa l’intenzione dei promotori di GeekPAC, ovvero Jeff Gerhardt, conduttore di The Linux Show e Doc Searls, senior editor di Linux Journal. Nello specifico, l’iniziativa nasce come replica al disegno di legge presentato dal senatore democratico Ernest Hollings che impone tecnologie anti-copia su dispositivi d’uso comune, DVD player inclusi. Una proposta suggerita direttamente dalla grande industria di Hollywood, nel tentativo di tagliare ogni forma di pirateria.

Qualcosa che però ha già fatto strabuzzare gli occhi dei dirigenti di varie società high-tech. Perché se obiettivo della mossa legislativa è quello di tutelare gli interessi di corporation quali Walt Disney, ciò non deve impedire le ricerche e il lavoro dei programmatori, anche quando questi dovessero uscir fuori con software in grado di scardinare le protezioni sul copyright o di consentire il file-sharing. Non a caso stavolta i grandi nomi sono già usciti allo scoperto, a cominciare da Gateway che ha diffuso spot pubblicitari esplicitamente opposti al disegno di legge. Mentre circa un mese fa l’ambiente di Silicon Valley ha dato vita a DigitalConsumer.org, guidata dal fondatore di Excite Joe Kraus, associazione per la tutela degli interessi dei consumatori nella battaglia tra Hollywood e il mondo high-tech. Analoghe le prese di posizione del gigante Intel per voce del presidente Andy Grove durante una recente audizione di fronte al Congresso.

Uno scenario in cui s’inserisce ora a dovere questa diretta emanazione della comunità Linux, la quale ritiene del tutto insufficienti le semplici azioni di protesta. Ecco quindi che il manifesto programmatico di GeekPAC chiama a raccolta un po’ tutti i soggetti dell’universo digitale, dagli addetti ai lavori ai semplici utenti, affinché mettano mano al portafogli per sostenere concrete attività di lobby in opposizione a quelle da tempo avviate dalla potente industria di Hollywood. Al grido di “GEEK Action, GEEK Unity”, il documento chiede supporto per la nascita di “due separate organizzazioni unite da mete e posizioni similari.” Si tratterebbe, appunto, di Open Technology Consortium e GeekPAC, anche se al momento non è dato capire se le due entità finiranno per unificarsi. Quel che conta è difendere la libertà d’espressione e d’associazione, nonché quella mirata all’innovazione tecnologica. Insieme alla tutela di quel bene comune che è e rimane Internet: “non appartenendo a nessuno in particolare, dobbiamo difendere lo spazio pubblico che i geek hanno costruito.”

In generale, il cardine della questione ruota intorno alle nefaste conseguenze del Digital Millennium Copyright Act del 1998, che da qualche tempo minaccia seriamente il lavoro di numerosi sviluppatori e altrettante software house — non solo nel mondo open source. Basti ricordare, ad esempio, la saga del DeCSS, programmino in grado di scardinare le protezioni dell’algoritmo e delle chiavi criptate CSS contenute negli attuali DVD. Creato nel 1999 come parte del progetto finalizzato alla messa a punto di lettori DVD per quei computer che girano su Linux e diffuso su Internet da un giovane norvegese, il DeCSS è stato subito ridiffuso in molteplici siti, nonostante le azioni giudiziarie intraprese da varie associazioni industriali. Oppure il caso, tuttora aperto con il processo alla Elmsoft in svolgimento in California, del 26enne russo Dmitry Sklyarov finito addirittura in galera per aver collaborato alla stesura dell’Advanced eBook Processor (AEBPR). Programma che consente la trasposizione del formato sicuro eBook, di proprietà Adobe, nel più popolare PDF, operante solo con eBooks regolarmente acquistati sul mercato e impiegato ad esempio da persone cieche altrimenti impossibilitate a leggere i manuali in PDF oppure da quanti vogliano trasferire il file eBook da un computer ad un altro (al pari di quanto avviene da un CD audio spostato dal lettore di casa a quello portatile o in macchina).

Il documento diffuso dal Linux Show non manca di far leva sui fan dell’acerrimo nemico Microsoft, considerata l’ovvia necessità di creare un fronte comune più ampio possibile. Riconoscendo come Microsoft abbia messo a punto “prodotti significativi,” il testo suggerisce come a tutela del proprio quasi-monopolio è inevitabile che l’azienda di Redmond finirà per rallentare il proprio sviluppo veramente innovativo, mentre è innegabile nascondere certi comportamenti palesemente illegali nei confronti altrui. Quindi, concludono gli estensori del documento, “chi ama i prodotti Microsoft e vuole vederli migliorare, dovrebbe sostenere i nostri sforzi.” I quali si condensano, al momento, nel suggerire quattro diversi livelli di sottoscrizione alle auspicate associazioni, con quote previste da 25 dollari per i singoli fino a 2.000 dollari per i membri sostenitori. Nella speranza che molti passino dalle parole ai fatti per spianare la strada al successo di questa lobby politica tutta particolare.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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