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Galileo ha perso la bussola?

19 Aprile 2007

Galileo ha perso la bussola?

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Il Gps è una tecnologia sempre più alla base del business mondiale. Mentre il sistema europeo naviga in cattive acque, russi e cinesi al contrario si stanno dando un gran da fare

Gps: non c’è dubbio, sarà una delle tecnologie di maggior successo commerciale nei prossimi tre anni. Già adesso, grazie anche a robuste operazioni sui prezzi dei dispositivi, il localizzatore satellitare sta conoscendo il classico salto dagli early adopter alla massa di utenti. Nel 2006 il mercato dei ricevitori Gps ha passato i 15 miliardi di dollari e cresce del 25-30% all’anno. Se le vendite di navigatori stand alone hanno preso un ritmo quindi interessantissimo, ancora più interessante sarà l’integrazione del Gps in palmari e cellulari. Secondo una recente ricerca di Berg Insight, fino al 60% dei cellulari venduti nel 2010 sarà dotato di navigatore incorporato. Ma il lato oscuro del Gps, quello della fornitura del servizio, sta per entrare in un periodo di forti turbolenze…

C’è Gps e Gps…

Il termine Global Positioning System è in realtà un nome generico – e il nome proprio del sistema di cui siamo utenti è Navstar. Come molti sanno, si tratta di un programma militare americano, basato su una costellazione di 24 satelliti e gestito da un reparto speciale dell’ aviazione americana, a un costo di circa 750 milioni di dollari l’anno.

Molto generosamente, i militari americani hanno concesso un uso gratuito del sistema a tutto il mondo (dando per altro nascita a un fiorente settore made in Usa legata alle applicazioni della tecnologia), tenendo però ben strette le chiavi di casa. Se la precisione teorica è sui cinque metri e quella realistica del sistema è entro i 15-30 (aumentabile ricorrendo a tecnologie integrative), esiste sempre la possibilità per lo Stato Maggiore di introdurre errori di lettura di parecchie centinaia di metri per i Gps non-militari, in modo che sia più difficile per un gruppo terrorista centrare la Casa Bianca con un missile intercontinentale (in realtà questa Selective Availability, sarebbe stata abbandonata anche data la limitata disponibilità dei Gps militari fra le truppe, che, specialmente quando sono in missione, spesso si dotano di Gps civili che pagano di tasca loro).

Comunque, sia per dotare l’Europa di un sistema proprio e autonomo dalle decisioni politiche statunitensi, sia per stimolare l’industria aerospaziale comunitaria, l’Unione europea ha lanciato nel 2003 il progetto Galileo, sistema di navigazione a 30 satelliti promesso in consegna per il 2010 e con un costo di start-up all’epoca previsto oltre i tre miliardi di euro.

Il classico copione: ritardi e litigi

In realtà il progetto Galileo sembra proprio essere in cattive acque. La Commissione europea è parecchio irritata con il consorzio Galileo e con il progetto in generale (il Commissario Barrot ha fatto un cazziatone al consorzio per «l’assenza di qualsiasi segno di progresso»). Siamo in forte ritardo sulla tabella di marcia, si temono significativi incrementi di costi, le aziende del consorzio si passano la patata bollente della responsabilità, si accusano gli spagnoli di fare troppo i furbi, ci si comincia a fare delle grandi domande sulla profittabilità o sulla sensatezza economica di questo progetto. Il tutto con malcelata gioia da parte di certi settori dell’amministrazione statunitense, che vedono Galileo come pericoloso per la sicurezza nazionale (potrebbe essere usato dal nemico) e per il business tecnologico di aziende Usa come Garmin o Trimble.

Che il progetto europeo venga abbandonato è a questo punto politicamente impossibile, ma si sta pensando a come modificarlo per riuscire a portarlo a termine. Tra le ipotesi scartate, quelle di renderlo operativo solo di martedì e giovedì o di coprire esclusivamente la zona tra il Monferrato e l’isola di Pianosa. D’altra parte le possibilità di fare soldi con questo sistema, vendendone l’accesso, risultano sempre più remote.

Anche perché Russi e Cinesi…

In effetti non solo il Gps statunitense è già operativo e gratuito per tutti gli utenti, ma esiste sempre l’alternativa Russa, il Glonass. Sviluppato anche questo a scopi (ovviamente) militari, ha funzionato per un breve periodo per poi cadere nell’abbandono tipico post sovietico. Ora la Russia ha deciso di rimetterlo in sesto, di lanciare i satelliti mancanti e di metterlo sul mercato entro il 2009 per garantire una valida alternativa al sistema americano.

O meglio una integrazione: attraverso nuovi tipi di ricevitori Gps (come quelli di Javad o di Topcon) – in grado di ricevere sia il segnale Navstar che quello Glonass (e auspicabilmente arrivare al triplo standard con il segnale di Galileo) –precisione ed affidabilità del posizionamento sarebbero notevolmente migliorati, a un livello apprezzabile soltanto da utenti business, quelli che non fanno troppe storie se il prezzo del ricevitore passa i tre zeri e che sono pronti a sottoscrivere abbonamenti premium con il fornitore del segnale per avere servizi più precisi o affidabili.

Nel frattempo anche i cinesi ci si sono messi di mezzo: dopo aver investito in Galileo, adesso hanno deciso di rendere commerciale dal 2008 il Beidou, il loro sistema militare di navigazione. Sbarrando così la porta del ricchissimo mercato cinese ai venditori di Galileo, che su quel mercato contavano parecchio. Per non parlare dei giapponesi, che lanceranno loro satelliti per migliorare la copertura Gps sul proprio territorio. Gli indiani invece pare entreranno nel progetto russo Glonass che, notizia recente, dovrebbe collaborare con Galileo, per costituire un fronte comune contro cinesi e americani e togliere forse un po’ dai guai il consorzio europeo.

In fondo, ci sono sempre le cartine…

Il problema è che l’applicazione più visibile del Gps per il consumer (il navigatore automobilistico) è in fondo quella meno importante. Entro pochi anni interi settori economici saranno totalmente dipendenti dal sistema di navigazione satellitare e non potranno quasi più esistere senza il Gps. Aerei, navi, treni, camion, sistemi logistici e di tracciamento delle merci. Il controllo del traffico aeroportuale. Le assicurazioni. Sistemi di assistenza e di emergenza, come polizia, ambulanze, protezione civile. Prospezioni minerarie e agricoltura su larga scala. Multiproprietà vitivinicole, utility energetiche, taxi. Eccetera eccetera eccetera.

Ma non solo: il sistema satellitare per sua natura offre uno dei segnali orari più precisi che esistano, e su questo segnale si basano intere infrastrutture nazionali e internazionali di telecomunicazione e persino di servizi bancari (per un interessante, seppure un po’ datato rapporto sugli usi del Gps e le conseguenze di una sua interruzione, potete consultare questo pdf).

E per finire, una intera serie di nuovi servizi personali e di business sono in fase di sviluppo, tutti basati sul principio di offrire il servizio più adeguato in base alla nostra posizione geografica (rilevata dal Gps che presto tutti ci porteremo addosso in continuazione e ritrasmessa probabilmente attraverso il cellulare o qualche diavoleria di sistema Rfid). E, ovviamente, senza dimenticare la pubblicità geocontestuale.

Se ci si mette di mezzo il Sole

Convinti dell’indispensabilità del Gps, siamo allora tranquilli che nessuno sarà tanto folle da metterlo in crisi? Nessun umano probabilmente, anche se a livello politico risulta poco confortevole sapersi ostaggio delle decisioni nordamericane. Ma contro gli astri e le forze cosmiche possiamo in fondo far poco. Ed è quindi fonte di preoccupazione la notizia che ricercatori scientifici prevedono grossi guai per il Gps per il 2011, anno in cui ci sarà un nuovo massimo dell’attività solare, le cui eruzioni possono disturbare notevolmente la ricezione del segnale satellitare e lasciarci di conseguenza, letteralmente, a piedi.

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