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G8: la globalità dell’antagonismo online

20 Luglio 2001

G8: la globalità dell’antagonismo online

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Internet non è sinonimo di e-commerce o new economy -- tutt'altro.

“Ovunque la gente si va preparando e nonostante la continua tensione dovuta all’attività della polizia (negli ultimi giorni sono state ritrovate svariate e misteriose bombe), siamo pronti a scendere in strada e il morale è alto.”

Questo uno dei dispacci lanciati nelle ultime ore dall’Independent Media Center — il cui sito italiano http://www.italy.indymedia.org si pone come fulcro centrale per gli aggiornamenti su quel che accadendo a Genova di ora in ora, e funge da megafono del movimento per il resto del mondo con bollettini immediatamente disponibili (anche o soltanto) in inglese. Al di là delle rappresentazioni di costume che ne dà certa stampa, quando non decide di ignorarlo tout court, l’attivismo online va conquistando sempre più spazio e importanza per il variegato popolo di Internet (e oltre). L’evento genovese infatti non è altro che l’ultimo di una lunga catena di esempi in cui l’antagonismo ha saputo creare nuovi terreni di confronto, momenti importanti di riflessioni e finanche aggregazione a tutto campo.

Poco importa se la scintilla sia nata davvero dal dopo-Seattle oppure se più semplicemente Internet stia dando corpo a ‘schegge impazzite’ di critica radicale sempre meno riconducibili a logiche pre-programmate. Quel che conta è che ancora una volta, e con grande impulso, il concetto di globalità vada riacquistando quel valore pro-positivo e unificante che le spetta. Basta con la globalizzazione economica sinonimo di sfruttamento di risorse e persone, di liberismo suicida per il pianeta intero. Come pure basta con e-commerce quale emblema pressoché unico della penetrazione del mondo online ad ogni latitudine.

Quel che il medium elettronico sa e può fare assai bene è garantire la libertà d’espressione, fungere da megafono mondiale delle opinioni di chicchessia. Non ci saranno né Microsoft né AOL che tengano: l’orizzontalità comunicativa del web, delle mailing list, della semplice e-mail non potrà essere blindata come accade in questi giorni a Genova. Strumenti preziosi, finanche indispensabili, per un movimento senza frontiere e senza primattori, fluido e imprevedibile come si conviene alla nostra epoca post-moderna. Ecco quindi che, per citare un’altra fonte assai inter-attiva, nella mailing list dell’Associazione Peacelink http://www.peacelink.it passano in questi giorni dichiarazioni più che esplicite: “…i mezzi di informazione si sono trasformati in uno strumento di violenza che ha ignorato le mille anime e le mille voci di questo forum, regalando le prime pagine a chi si nasconde dietro la violenza delle bombe. Questa logica non ci piace.”

Non è certo un caso, quindi, che fino a poche ore fa i media USA abbiano pressoché ignorato il summit G8. Niente di niente sui maggiori siti di news online, vedi il seguitissimo Cnn.com, e lo stesso dicasi della carta stampata — tutti intenti ad esaltare il successo dell’esperimento missilistico in loco o a puntare l’indice sugli attentati palestinesi. È d’altronde noto come i mainstream media a stelle e strisce in genere optino per news sensazionali (e brevissime) piuttosto che offrire riflessioni stimolanti. Succede così che solo oggi, forse foraggiata dai sagaci PR della Casa Bianca e/o grazie a qualche fidato giornalista in viaggio transoceanico tete-a-tete con Mr. Bush, la stessa Cnn.com dedichi la cover story al viaggio europeo del Presidente USA. In cui traspare sì qualche velata preoccupazione per il clima di tensione innescatosi in quel di Genova, ma senza ovviamente andare oltre nell’analizzarne o presentarne le motivazioni. Tanto, si sa, lo statunitense medio ha cose ben più importanti a cui pensare.

A titolo di pura curiosità, vale forse la pena di segnalare, all’interno di alcune FAQ predisposte nel sito Cnn sul G8, una questione fin troppo provocatoria:

D: Il summit vede la partecipazione delle persone giuste?

R: Si tratta di una domanda posta con sempre maggior forza. Il gruppo dei G8 viene accusato di essere un’oligarchia auto-imposta che però non rappresenta nessuno in particolare. Non sono gli otto paesi più popolosi del mondo, né i più ricchi, né i più potenti in termini militari. Qualcuno si chiede se a un tale gruppo possa esser concesso di giocare a far da guida per il mondo intero, quando sono assenti Cina e India, e quando mancano rappresentanti del Sud America e dell’Africa.”

Questo da una fonte insospettabile, a riprova di qualche sinistro scricchiolio che sembra far capolino qua e là nonostante tutto. È poi vero che si corre subito ai ripari, presentando Bush come una sorta di eroe nazional-popolare perché ha scelto di risiedere in un albergo del centro nonostante questo sia stato trasformato in un fronte di guerra. Già, sensazionalismo e Hollywood-style rappresentano i pilastri dell’informazione spicciola e calata dall’alto, online come offline.

Quel che ci preme rimarcare, tuttavia, offre un segno del tutto opposto. È vitale ascoltare e coinvolgersi con i dieci, cento, mille siti che da qualche settimana, e ancor più nelle prossime ore, si muovono ‘dal basso’. Quell’informazione fatta da semplici individui e gruppi nonprofit, aggregazioni estemporanee e individui ‘senza voce’. Perché cancelli blindati e filtri tecnologici non possono né potranno comunque bloccare la voglia di fare informazione, di abbattere i confini verso una globalità davvero a misura di esseri umani, senza prepotenze né distinzioni.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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