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Free Radio Linux: arte o trash?

02 Aprile 2002

Free Radio Linux: arte o trash?

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Un'iniziativa open source a metà strada tra la futilità progettuale e la provocazione artistica.

Bando ai preamboli: cosa sarebbe di preciso ‘sta roba? In un certo senso Free Radio Linux non è altro che una delle tante emittenti radiofoniche oggi ascoltabili via Internet (e viceversa), pur se ovviamente un po’ particolare. In altri termini: va in onda l’open source! Già perchè quest’emittente è interamente dedicata alla trasmissione 24 ore su 24 — sia online sia sulle comuni frequenze dell’etere — della lettura computerizzata del codice sorgente di Linux. In pratica, la diffusione audio del kernel del sistema operativo. Ogni stringa di codice viene letta da una voce via computer che usa lo speech.bot realizzato da Radioqualia (text-to-speech), il quale viene poi codificato tramite Ogg Vorbis nel relativo file audio stream (sempre open source), e infine diffuso via Internet. Lo stream viene inoltre trasmesso saltuariamente da un certo numero di emittenti FM, AM e in onde corte grazie alla disponibilità di reti professionali e amatoriali di vari paesi del mondo.

Adam Hyde e Honor Harger, la coppia neozelandese che vive a Londra responsabile del sito, stima che, essendo il kernel-base di Linux composto dal 4.141.432 stringhe di codice, leggerlo nella sua interezza richiederà oltre 14.253 ore, ovvero quasi 600 giornate piene. Free Radio ha iniziato le proprie trasmissioni il 3 febbraio scorso, quarto anniversario della nascita del termine open source. Naturalmente è sempre possibile seguire il tutto sull’omonimo sito web, verificando i progressi della diffusione dei sorgenti sia tramite lo streaming audio che nel più tradizionale formato testuale. Adam Hyde, spiega come alle spalle del progetto ci fosse la volontà di “realizzare qualcosa di trasparente rispetto alla radio via Internet…per far questo abbiamo ideato uno speech bot in grado di leggere l’intero codice di Linux dal vivo su Internet.”

Una sorta di matrimonio tra free software e free radio, quindi, dove la scelta di quest’ultima si spiega con il fatto che la trasmissione via etere rimane il metodo più egalitario per la distribuzione delle informazioni. Almeno così sostengono le note del sito, con una semplice ma efficace postilla esplicativa: “ci sono più computer che modem, più telefoni che computer, più radio che computer.” Da qui l’inevitabile corollario: “Free Radio Linux ritiene che la radio sia lo strumento migliore per la diffusione del free software più popolare del mondo.” Particolare tutt’altro che trascurabile — oltre che sottilmente ironico — il progetto consente altresì a chiunque munito di carta e penna di trascrivere direttamente il codice, inserirlo poi nel PC e farne poi l’uso che meglio crede. In qualche modo si pone così come ulteriore canale di distribuzione di Linux, gratuito e alternativo. In tal senso viene ripresa la tradizione di alcune emittenti FM dei primi anni ottanta. Radio-pirata, per meglio dire, che diffondevano software copiato tramite i comuni trasmettitori consentendo ai primi hacker dotati di modelli storici quali Sinclair ZX80-81, Commodore 64 e Acorn, di ‘demodulare’ direttamente il segnale tramite il modem e potersi appropriare delle stringhe di codice trasmesso.

In buona sostanza, il progetto vorrebbe lanciare la comunità globale che sottende allo sviluppo di Linux, e/o quanti ne fanno semplicemente uso, in “territori sonori inesplorati.” Ciò grazie alla possibilità di rendere udibile quanto normalmente rimane silenzioso e nascosto. Un’esperienza nuova, quella di ascoltare per la prima volta il codice di un software, che in futuro potrebbe riservarci interessanti sorprese. Anche se, aggiungono gli stessi programmatori neozelandesi, non è certo il caso di prenderla troppo sul serio. “Distribuire il codice tramite uno speech bot è un po’ ridicolo. L’unica cosa che è possibile fare è ascoltare, o chi proprio vuole potrà sedersi, prendere carta e penna per 589 giorni e trascriverei sorgenti. In tal senso è ovvio che si tratta di un’acuta parodia.” Ecco quindi che buona parte delle critiche ricevute, presenti nell’apposito forum disponibile sul sito, sembrano non cogliere quest’aspetto di sottile ironia nei riguardi sia dell’open source che della stessa Internet. La prima è presa di mira in quanto entità oggi alquanto esagerata, zeppa di hype, pur nelle potenzialità del metodo suggerito. La seconda vien colpita come supposto medium globale, quando in realtà un tale titolo spetta di fatto alla radio, la cui diffusione nel mondo supera di gran lunga quella dell’informatica e della telematica.

Nel caso non fosse sufficientemente chiaro, va detto che Free Radio Linux si pone come una tipica provocazione artistica. Almeno questa l’intenzione degli autori, ai quali (non a caso) l’iniziativa è stata commissionata dal Walker Art Center londinese. E al pari di ogni faccenda artistica più o meno controcorrente, i due non si dicono per nulla attratti dai rating di approvazione né offesi dalle critiche (anche pesanti) del pubblico. Qualcuno ha fatto ad esempio notare una chiara inutilità, visto che quando il “bot avrà raggiunto il primo ‘goto’, il kernel sarà stato riscritto almeno una dozzina di volte.” Vabbè, e allora? Ovverosia: il tutto è piuttosto mirato a far riflettere e stimolare reazioni d’ogni tipo. Conclude Hyde: “Alcuni della comunità geek hanno veramente odiato il progetto. Sono convinti si tratti di uno spreco di risorse. Altri invece hanno detto ‘è roba interessante; se questa è arte, allora mi piace.'”

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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