Il Tribunal de grande instance di Parigi, con una recente sentenza, ha affrontato il caso di un dirigente del Front national, Carl Lang che, ritenendosi diffamato dalla diffusione, sul sito Internet Réseau Voltaire, di informazioni concernenti la sua carriera e lesive della sua reputazione, aveva citato in giudizio i responsabili dell’associazione.
La difesa dei convenuti si fondava sul fatto che il termine di tre mesi, previsto dalla legge 29 luglio 1881, per la prescrizione dell’azione contro i reati commessi a mezzo stampa, era già trascorso, dal momento che la nota informativa era stata diffusa per la prima volta nel giugno del 1999 ed era poi stata conservata nell’archivio disponibile online.
La legge citata, infatti – per contemperare la libertà d’espressione con la tutela dei diritti dei terzi – prevede un termine di prescrizione più breve di quello ordinario: tre mesi, anziché tre anni, dalla commissione del reato.
Il Tribunale di Parigi, però, ha confermato un principio, espresso in precedenza dalla Corte d’Appello di Parigi nel caso Costes, secondo cui la diffamazione online costituisce un illecito “permanente” (i cui effetti, cioè, perdurano, sino a che l’autore non vi ponga termine), per il quale la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui l’azione delittuosa è cessata, vale a dire allorché il messaggio diffamatorio viene ritirato dal sito Internet.
Occorre distinguere, infatti, secondo quanto emerge dalle due decisioni, tra la stampa tradizionale e quella informatica. Nell’ambito della prima, il reato di diffamazione deve ritenersi commesso il giorno in cui il messaggio viene portato a conoscenza del pubblico, mediante la pubblicazione del giornale o del libro, e attraverso questa pubblicazione si consuma l’azione delittuosa (è, cioè, un reato “istantaneo”). Le caratteristiche tecniche specifiche del sistema di comunicazioni online, invece, obbligano a considerare la pubblicazione come un’azione continuata, in conseguenza della volontà reiterata dell’autore di inserire un messaggio sulle pagine di un sito, di mantenervelo, di modificarlo o ritirarlo, in qualunque momento gli sembri opportuno e senza particolari condizioni.
Il Tribunale ha respinto, perciò, le argomentazioni difensive proposte dai legali di Réseau Voltaire, che sostenevano che l’archiviazione all’interno del servizio di biblioteca elettronica non costituiva una nuova modalità di diffusione, ma era un’operazione analoga a quella dell’inserimento in una biblioteca tradizionale, in cui si può ottenere la copia di un testo.
Per i giudici, invece, proprio le caratteristiche di un moderno archivio informatico hanno come corollario la possibilità di reiterare l’infrazione “in ogni istante della sua nuova esistenza”.
La giurisprudenza francese ha anche stabilito, in relazione a casi simili, che l’inserimento in un sito Internet di un messaggio, già pubblicato su un altro supporto, rinnova l’effetto lesivo della pubblicazione attraverso una nuova edizione e fa decorrere di nuovo il termine di prescrizione, perché consente “un’accessibilità immediata e costante ai documenti”.
La decisione del Tribunale di Parigi ha suscitato molte critiche da parte dei responsabili dei siti d’informazione, secondo i quali può rappresentare una grave minaccia per la libertà d’espressione su Internet.
Réseau Voltaire, inoltre, ha annunciato la costituzione di un comitato d’iniziativa per la creazione di un testo di legge finalizzato a disciplinare specificatamente le attività online.