L’esplosione della “bolla” legata alla new economy non ha toccato solo gli Stati Uniti, l’onda lunga sta arrivando anche in Europa e tocca i giganti del settore legato alle telecomunicazioni.
A pagare un grosso tributo è France Télécom che ha registrato un buco finanziario storico: 8,28 miliardi di euro nel 2001.
È la prima volta che l’operatore francese di telecomunicazioni ha una perdita di questa portata. Solo l’anno prima aveva ottenuto il più grosso utile netto della sua storia: 3,66 miliardi di euro.
Dunque, una grossa delusione che si è trasformata in paura. Avvertito il timore, Michel Bon, PDG dell’azienda, si è subito impegnato a rassicurare i piccoli azionisti che detengono il 28,9 % del capitale (il gruppo è stato parzialmente privatizzato e quotato in borsa dall’ottobre 1997), i lavoratori (3,4 %) e i mercati finanziari.
In soccorso è arrivato anche il ministro francese dell’Industria, Christian Pierret a nome dello Stato che controlla ancora il 54 % dell’azienda, sottolineando che l’operatore resta “un’impresa forte”.
La perdita si deve a una sorta di “operazione verità” sui conti, con un deprezzamento di azioni acquistate all’inizio del 2000, quando erano in alto.
“Nel clima post-Enron, i conti di France Télécom sono sani – tiene a dire alla stampa Michel Bon – faremo di tutto per rialzarci da queste cifre che restano l’effetto della bolla delle telecomunicazioni”.
Dunque non resta che vendere le partecipazioni all’estero e incamerare contanti. In questo quadro si inserisce la vendita del 26,6 % dell’italiana Wind, della TDF e l’abbandono del consorzio satellitare.
Per Bon, poi, la scelta di staccarsi da Wind è dovuta a un “disaccordo strategico” con l’Enel, detentrice del restante capitale dell’azienda di telefonia mobile, che rifiuta di convertire Wind al marchio Orange, il settore mobile dell’azienda francese.