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Fotovoltaico, l’energia che si ripaga da sé

08 Gennaio 2007

Fotovoltaico, l’energia che si ripaga da sé

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In Italia se ne parla ancora troppo poco, eppure i vantaggi economici ed ecologici dei sistemi per l'autoproduzione di elettricità sono notevoli. Introduzione alle diverse tipologie di impianti.

Mi occupo di fotovoltaico per professione e spesso, quando ne parlo con la gente, mi sento chiedere se si produca acqua calda o, dai più informati, mi sento contestare che è si un sistema interessante ma che le batterie vanno sostituite spesso, che il costo non è giustificato e così via. In pochi, in Italia, al di fuori degli addetti “ai lavori” o di coloro che già utilizzano questi impianti, sono realmente informati di che cosa sia un impianto fotovoltaico, di quali componenti lo costituiscano, dei vantaggi che dà, dei costi che ha e degli incentivi cui da diritto.

La rete elettrica come immensa batteria

Prima di tutto va chiarito che un impianto fotovoltaico fornisce energia elettrica. Se non è disponibile la rete elettrica (baite di montagna, satelliti, barche a vela ecc.) questa energia deve essere accumulata in batterie. I primi impianti fotovoltaici nascevano con lo scopo di fornire energia elettrica dove non c’era la possibilità di allacciarsi alla rete di distribuzione, per diversi motivi: su rifugi e baite di montagna, per esempio, un pannello o due possono fornire l’energia necessaria per in funzionamento di qualche lampadina e di qualche elettrodomestico. All’interno di imbarcazioni a vela o sui satelliti spaziali sono ampiamente utilizzati pannelli fotovoltaici per fornire energia ai sistemi di bordo. Se invece è disponibile la rete di distribuzione dell’energia elettrica (abitazioni civili, industrie ecc.), è più conveniente immettervi l’energia prodotta piuttosto che utilizzare batterie: in pratica, possiamo utilizzare la rete di distribuzione dell’energia elettrica come un’immensa batteria. Vediamo come.

Non tutti sanno che, con un impianto fotovoltaico installato sul tetto di casa, si può facilmente coprire il fabbisogno di energia elettrica annuale di una o più famiglie, evitando così di acquistare l’energia dal fornitore locale. Questo avviene, normalmente, attraverso uno scambio con il fornitore, al quale si cede energia nel momento in cui la produzione dei pannelli è superiore all’utilizzo e dal quale si riceve energia nel momento in cui la produzione è inferiore all’utilizzo. Attraverso un contatore bidirezionale, vengono misurati questi flussi di energia che, se l’impianto è dimensionato correttamente, portano a un bilancio nullo nell’arco dell’anno. In pratica, al posto della batteria di cui si parlava prima, si utilizza la rete elettrica, che è in grado di assorbire e di restituire l’energia in base alle nostre esigenze.

L’aspetto affascinante di questo sistema è che l’energia che si produce in gran quantità durante i mesi estivi, può essere utilizzata senza oneri durante i mesi invernali, durante i quali l’impianto sarà meno efficiente (è ciò che viene chiamato net metering). È questo tra l’altro uno dei motivi, direi filosofici, che mi fa preferire questo tipo d’impianto rispetto a quelli che producono acqua calda: in quel caso, l’energia termica prodotta in gran quantità durante la stagione estiva, non potrà essere conservata fino alla stagione invernale, quando ne avremmo più bisogno.

Gli impianti indipendenti

Come ho accennato, esistono due tipi d’impianto fotovoltaico: il tipo isolato dalla rete elettrica (stand alone), ed il tipo connesso alla rete elettrica (grid connected). Negli impianti isolati, i pannelli fotovoltaici vengono utilizzati per caricare una batteria (simile a quella delle automobili, ma normalmente di maggior capacità). Questa batteria verrà utilizzata per fornire direttamente la corrente elettrica alle utenze (corrente continua, a bassa tensione), oppure, attraverso un inverter, verrà trasformata in corrente alternata di media tensione (220-230 Volt AC).

Il limite più grosso è rappresentato dalla batteria: avendo una capacità limitata, essa è in grado di accumulare solo un certo quantitativo di energia e quindi la possibilità di utilizzo di energia in eccesso è assolutamente impossibile. L’aumento della capacità delle batterie avrebbe un peso notevole sui costi dell’impianto. Inoltre, si devono sommare fenomeni di auto-scarica, per cui la batteria che viene caricata, per esempio in estate, non è in grado di restituire tutta l’energia accumulata a distanza di tempo. Ultimo inconveniente delle batterie sta nel fatto di avere una vita limitata, molto più breve di quella dei pannelli fotovoltaici. Perciò, andranno sostituite più volte durante la vita di un impianto, con grave danno ecologico rappresentato dalla difficoltà di smaltimento delle stesse. Per questi motivi, gli impianti stand alone vengono utilizzati solo quando non c’è la possibilità di realizzare impianti grid conncted.

Gli impianti connessi alla rete

In questi impianti, come già detto, non è presente una batteria: a valle dei pannelli, troviamo un inverter, che dovrà essere di tipo progettato specificatamente per connettersi alla rete elettrica. La corrente che esce dall’inverter, è alternata con tensione di 230 V, esattamente come quella presente negli impianti domestici. Questa corrente entra in un contatore doppio, che gestisce il flusso verso la rete o verso le utenze domestiche. In pratica, l’impianto risulta semplificato rispetto al tradizionale stand alone: l’eccesso di produzione di corrente viene ceduto alla rete, e misurato dal contatore in uscita, mentre quando si ha necessità di corrente superiore alla produzione dei pannelli fotovoltaici, semplicemente si va ad assorbire dalla rete la quantità necessaria a coprire il fabbisogno istantaneo.

Faccio un esempio tipico per chiarire di cosa si intenda per net metering. Durante l’estate, vado in vacanza per un mese al mare, lasciando acceso solo il frigorifero. Durante il giorno, la produzione di energia elettrica è sensibilmente superiore a quanto assorbito dal frigorifero: l’energia viene immessa in rete, ed io vado in credito con il fornitore dell’energia stessa. Ora sono in inverno, e già dalle quattro di pomeriggio il sole non irradia più i miei pannelli. Io però ho bisogno di accendere parecchie luci, il computer, la lavastoviglie e così via. Nessun problema: prenderò l’energia dalla rete, andando a estinguere il mio credito di energia. A fine anno, se l’impianto è stato dimensionato correttamente rispetto alle mie esigenze energetiche, avrò un bilancio energetico pressoché nullo, e non dovrò pagare che poche spese fisse al fornitore di energia.

Un altro grosso vantaggio degli impianti grid connected è che, utilizzando la rete come accumulatore, essi vengono ottimizzati per produrre il massimo quantitativo di energia possibile nell’arco dell’anno, al contrario di quelli stand alone che vengono progettati per produrre un quantitativo di energia più costante possibile al cambiare delle stagioni, in modo da garantire una ricarica delle batterie sufficiente anche quando c’è poco sole (inverno): questo fa si che, a parità di superficie disponibile e quindi di costo dell’impianto, il tipo grid connected fornirà nell’arco dell’anno molta più energia rispetto a uno stand alone.

I costi e gli incentivi

La nota dolente è rappresentata dal costo di questi impianti. In realtà, è una nota parzialmente dolente, perché come vedremo subito, un impianto fotovoltaico rappresenta in realtà un ottimo investimento.Sono previsti infatti, incentivi rilevanti sulla produzione di energia elettrica attraverso impianti fotovoltaici, tali da rendere addirittura remunerativo questo tipo di impianto. Questi incentivi, previsti solo per gli impianti connessi alla rete (grid connected), sono erogati su tutta l’energia elettrica prodotta dall’impianto. Un esempio pratico: una famiglia media che viva in Lombardia consuma dai 3.000 KWh ai 4.000 KWh all’anno; facciamo 3.500 KWh per il nostro esempio.

Se l’impianto è ben progettato, esso fornirà, nell’arco dell’anno, esattamente 3.500 KWh. In questo caso quindi, il bilancio energetico è nullo, e quindi la spesa sarà anch’essa nulla. In più, la famiglia in esame riceve poco meno di mezzo euro per ogni KWh prodotto, quindi durante l’anno, circa 1.550 euro (secondo la norma attualmente in vigore). L’impianto in esame, installato a Milano e ben esposto (direzione sud, inclinazione da 20° a 40°, libero da ombre), sarà in prima approssimazione un impianto da 2.8 KWp, del costo indicativo di 22.000 euro (esclusa Iva 10%) e di superficie di 22 metri quadrati. Vi è poi la possibilità di recuperare il 36% dell’investimento dall’IRPEF, in dieci anni.

È facile valutare che in meno di dieci anni l’impianto viene ammortizzato e, nei dieci anni successivi si ha un guadagno circa pari all’importo investito. Questi dati sono relativi al decreto in vigore, in attesa che venga emanato un nuovo decreto, di cui esiste da tempo una bozza, ma nel quale non sono indicate le cifre.

Calcolo del possibile risparmio in una casa di Milano

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Un buon progetto

L’idea di incentivare l’energia prodotta, più che l’impianto in quanto tale (incentivi a fondo perduto), è stata ereditata da paesi dove gli impianti fotovoltaici hanno conosciuto una proliferazione importante negli ultimi anni, primo tra tutti la Germania. Questo sistema presenta diversi vantaggi: il primo, adatto agli usi e costumi italiani, fa si che non si investano più soldi a fondo perduto per impianti che, spesso, non venivano nemmeno realizzati, o venivano realizzati male. Il fatto di ricevere un incentivo sull’energia prodotta spinge verso la realizzazione di impianti di qualità, basati su un progetto solido e che utilizzino materiali di alta gamma. La corretta disposizione degli impianti, la previsione precisa della produzione di energia elettrica, l’utilizzo di apparecchiature ad alta efficienza che non disperdano l’energia prodotta, sono tutte voci importanti per far si che questo investimento risulti effettivamenteredditizio.

Nel progetto degli impianti, si fa oggi uso di software dedicati, in grado di calcolare correttamente l’effettivo grado di irraggiamento che i pannelli riceveranno, in modo da ottimizzare l’impianto stesso evitando di realizzarne uno sottodimensionato o sovradimensionato. In questi casi, va detto, non accade nulla di drammatico: se l’impianto risulterà sottodimensionato, l’utente dovrà pagare la differenza tra KWh consumati e quelli prodotti. Viceversa, nel caso di impianto sovradimensionato, con lo scambio sul posto l’utente andrà in credito di energia, credito che potrà utilizzare nei tre anni successivi. È chiaro quindi come un buon progetto sia indispensabile per massimizzare la resa dell’investimento.

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