La pronuncia è stata emessa il 24 giugno scorso, dalla Corte d’appello del 9° distretto degli Stati Uniti, che ha ritenuto applicabile anche al caso sottoposto al suo esame le disposizioni dell’articolo 230 del Communication Decency Act del 1996, in base alle quali un provider non può essere perseguito per i contenuti ai quali permette di accedere e dei quali non è l’autore.
Questa norma era già stata recentemente invocata dalla Corte Suprema della California, per respingere una querela depositata nei confronti di eBay, in riferimento alla pubblicazione di messaggi diffamatori da parte di un utilizzatore del servizio.
Secondo la Corte, eBay – offrendo ai propri utilizzatori la possibilità di vendere e di acquistare dei prodotti per suo tramite e di esprimere la propria opinione sulle transazioni effettuate – deve essere considerata un “interactive computer service” e, pertanto, deve beneficiare delle disposizioni favorevoli del DCA. Quindi non può essere ritenuta responsabile dei contenuti pubblicati sul proprio sito.