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Forse Vincent van Gogh violava il copyright

30 Agosto 2016

Forse Vincent van Gogh violava il copyright

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I concetti di originale e copia sono relativi, specialmente se il presunto copiatore fa impallidire l'originale con il suo risultato.

Ci siamo salutati giusto un mese fa parlando di un bell’evento sull’editoria indipendente tenutosi all’Isola d’Elba e ci ritroviamo ora che, tecnicamente e – consentitemi – anche psicologicamente l’estate non è del tutto finita. Vorrei quindi condividere una riflessione ancora un po’ estiva e ispirata da un viaggio ad Amsterdam sotto Ferragosto.

Era la prima volta che mi recavo nella capitale olandese e non potevo esimermi dal visitare il Van Gogh Museum. Per mio grande disappunto, fin dall’atrio d’ingresso mi si sono presentati vari avvisi che esprimevano il divieto tassativo di scattare foto; divieto fatto puntualmente rispettare dai vari addetti al controllo nelle sale del museo.

Tuttavia… una foto sono riuscito furtivamente a portarla a casa. Un’immagine che ha toccato alcune mie corde sensibili, potendosi dedurre da essa che… van Gogh (forse) violava il copyright. Un’apposita sezione del museo, quella dedicata agli anni del suo decadimento psichico durante i quali viveva in una sorta di casa di cura per malati mentali, spiega infatti che, non potendo uscire molto dalla sua stanza, il geniale pittore si accontentava di trarre ispirazione da piccole stampe o illustrazioni sui libri di cui disponeva.

Anche Van Gogh copiava

“Essendo impossibilitato a uscire, Vincent copiò le opere di un altro artista”.

Violazione di copyright? Non lo so. Dovrei ricostruire le fonti del diritto olandesi della fine del 1800 per rispondere in modo sensato. Potrebbe forse trattarsi di un’opera derivata a tutti gli effetti; o forse ci troviamo di fronte ad un caso di fair use. Evitiamo queste sterili elucubrazioni da legal nerd e soffermiamoci solo sull’aspetto creativo e comunicativo.

Il confronto è davvero impietoso e l’impatto creativo e innovativo della “copia” eseguita dal genio manda ampiamente in secondo piano lo spunto pittorico di certo più limitato e banale dell’autore dell’originale. Questo per dire che i concetti di originale e copia sono sempre molto relativi; lo erano nel XIX secolo, e lo sono ancor di più ora nell’era del digitale, in cui, tra l’altro, compaiono sempre nuove forme di creatività e di rielaborazione e reinterpretazione dell’esistente.

Il testo di questo articolo è sotto licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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