Siamo giunti all’ultimo capitolo della saga Microsoft contro i nove Stati, nel processo che li vede contrapposti per decidere quali sanzioni applicare all’azienda informatica ritenuta colpevole di pratiche anticoncorrenziali.
Le due parti hanno concluso le loro arringhe di difesa e accusa, mettendo fine a tre mesi di udienze che, adesso, dovranno portare a una decisione della giudice entro l’estate.
Le sanzioni richieste dagli Stati “non hanno lo scopo di mettere fine all’innovazione di Microsoft”, ma di “creare le condizioni per dare prospettive perché sia ristabilita la concorrenza”, come affermato da uno degli avvocati degli Stati davanti al giudice federale Colleen Kollar-Kotelly, durante la requisitoria finale.
Il vero scopo è obbligare Microsoft ha rendere noti elementi del codice sorgente di Windows.
Scopo apparso evidente dopo che gli avvocati dell’accusa avevano risposto a una richiesta della giudice alle due parti di rivedere le loro posizioni per arrivare a un compromesso, in vista di un possibile regolamento negoziato.
Microsoft, dal canto suo, non ha voluto rispondere alla richiesta.
L’azienda si è chiusa decisamente sulle sue posizioni, definendo l’insieme delle richieste dei nove Stati “fondamentalmente cattive”.
E uno degli avvocati di Microsoft ha rincarato la dose dicendo che “non si può migliorare cambiando una parola qui e una là”.
Dunque, finite le requisitorie, le parti attendono trepidanti la decisione del giudice.