Si accavallano le faccende legali, con varie iniziative repressive, che riguardano in qualche modo la proprietà intellettuale nell’era di internet. Questo continuerà anzi a proporsi come uno dei leit motiv del prossimo futuro, considerate le acque agitate in cui ci si dibatte un p o’ ovunque nel mondo. E ovviamente il file sharing, in tutte le salse possibili, rimane tuttora in primo piano. Negli Stati Uniti, si avvicina una data importante, il 29 marzo, quando davanti alla Corte Suprema si discuterà un caso cruciale per il futuro del software P2P, quello che vede MGM contro Grokstar. La questione riguarda anzi l’ambito più vasto a cavallo tra copyright e innovazione: quand’è che il distributore di uno strumento va ritenuto responsabile per possibili infrazioni commesse da chi lo usa? La Electronic Frontier Foundation difenderà StreamCast Networks, azienda madre di Morpheus, uno dei software di file sharing più diffusi insieme a Kazaa e Grokstar, contro i quali hanno sporto denuncia 28 delle maggiori aziende mondiali dell’industria dell’intrattenimento.
Da notare che lo scorso autunno il tribunale del Nono Circuito non accolse le accuse contro Grokstar & company, stabilendone la non colpevolezza. Decisione questa basata sulla storica sentenza del 1984, nota come “Sony Betamax ruling”, con cui la stessa Corte Suprema diede torto ai querelanti di allora (Universal City Studios) decretando che un distributore (in quel caso, la Sony, produttore delle videocassette formato Betamax) non andava ritenuto responsabile per le infrazione al copyright degli utenti, fintanto che quello strumento poteva normalmente essere utilizzato per scopi legali. In base a questi precedenti, dovrebbe essere quindi confermata la sentenza iniziale. Almeno così sperano le aziende coinvolte, e i molti utenti di quei software. “I principi sulle norme del copyright affermati nel caso del Sony Betamax hanno servito bene il pubblico, gli innovatori e le industrie per 20 anni”, chiarisce Fred von Lohmann, avvocato della EFF. “Ci aspettiamo che la Corte Suprema ribadisca l’applicabilità del Betamax per il XXI secolo”.
Dall’Olanda arriva intanto la notizia dell’avvio di azioni repressive contro chi scambia file sotto copyright, che si tratti di musica, film o software. Diversi provider hanno garantito la propria collaborazione con le autorità nel colpire gli utenti sospettati di file sharing illegale. Al momento, tuttavia, si tratta soltanto di una lettera di minacce firmata dal Brain Institute, versione olandese del braccio repressivo delle major dell’entertainment. I provider che si sono detti d’accordo nell’inoltrare tali lettere non hanno comunque fornito nomi e indirizzi degli utenti sospettati. Come ha spiegato il portavoce di HetNet e Planet Internet: “Stiamo facendo un servizio, avvisando i nostri clienti che il loro comportamento va contro la legge”. In pratica, la speranza generale è che queste lettere riescano a sortire l’effetto desiderato, ovvero fermare il traffico illegale e prevenire la presentazione di vere e proprie querele contro i sospettati.
Pur seguendo le orme dell’industria statunitense, la RIAA, nel voler perseguire i singoli individui, la prudenza di simili manovre iniziali trova fondamento in una sentenza emessa a fine 2003 dalla Corte Suprema olandese in cui si stabiliva la piena legalità del software di file sharing in quanto tale, pur non escludendo l’ipotesi di citare in giudizio singoli utenti per comportamenti illegali tramite l’uso di tale software. Le missive del Brain Institute contengono anche richieste di risarcimento danni, pur non rivelando le cifre precise, onde cercare di sistemare la questione tramite gli analoghi patteggiamenti raggiunti nella stragrande maggioranza dei casi in USA. Va segnalato però che uno dei maggiori provider olandesi, XS4ALL (“Access for All”), noto per le sue posizioni aperte e anti-autoritarie, ha dichiarato che non collaborerà con queste iniziative del Brain Institute. Un suo portavoce ha chiarito che “XS4ALL non è il braccio armato dell’industria dell’intrattenimento”.
Sembra invece un colpo grosso inferto alla pirateria commerciale europea quello scattato recentemente in Svezia. La polizia di Stoccolma ha effettuato un raid negli uffici di Bahnhof, il provider più anziano e più grande del paese, da tempo sospettato di essere al centro di un giro che diffondeva illegalmente sul web film e musica. Secondo John Malcolm, dirigente della Motion Picture Association of America (MPAA), “il materiale sequestrato contiene le prove contro un’organizzazione pirata online che operava in tutta Europa”. Nei quattro server prelevati di forza dalle autorità sono stati trovati un totale of 1.800 file di film digitali, 5.000 di software e 450.000 audio, 23 terabytes di materiale coperto da copyright.