Home
Fare pipì durante gli spot è reato

07 Maggio 2002

Fare pipì durante gli spot è reato

di

Lo dice senza ombra di ironia uno dei massimi esponenti dei media statunitensi. Un magistrato federale, intanto, ordina di tener traccia di tutto ciò che vedono in TV gli utenti dei videoregistratori digitali. Al senato USA si propone di integrare nell'hardware di televisori, riproduttori audio e PC sistemi anticopia, magari da abbinare al sistema operativo antipirateria recentemente brevettato da Microsoft. Largo alla Santa Inquisizione promossa dalla Confraternita dei Mediatici, e attenzione, perché gli inquisiti siamo noi

Già vedo gli sguardi di compatimento. Tu guarda cosa si va a inventare Paolo per procurarsi un titolo ad effetto, commenteranno in molti. Purtroppo non mi sto inventando niente, perché questo è esattamente quello che ha detto pochi giorni fa Jamie Kellner, CEO della Turner Broadcasting System. Magari il suo nome non vi dice niente, ma negli USA è uno di quelli che conta.

Inquadro subito il personaggio. Kellner tiene le redini della CNN, e scusate se è poco. La Turner di cui è capo fa parte della AOL Time Warner, un titano dei media: AOL è il primo provider al mondo per numero di utenti, Time è una delle riviste più prestigiose del mondo, la Warner ha un archivio cinematografico, televisivo e musicale sterminato. Come contorno, Kellner gestisce anche canali televisivi di intrattenimento come TNT, Cartoon Network, The WB (Streghe, Dawson’s Creek, Felicity, Angel), che danno lavoro a oltre diecimila dipendenti. Gran parte di quello che si vede al cinema, in televisione, in DVD, in videocassetta e ascoltate su CD, in qualunque parte del mondo, è roba sua o comunque gli frutta royalty. In confronto, le tanto paventate concentrazioni di media in Italia sono passatempi per dilettanti.

Orbene, durante un’intervista alla rivista di settore Cableworld quest’imperatore dell’etere ha emesso la sentenza straordinaria (o per meglio dire, stra-orinaria) accennata nel titolo. Lamentandosi del boom statunitense dei PVR (i videoregistratori digitali come Tivo e ReplayTV, che sono sostanzialmente PC modificati per memorizzare i programmi televisivi su disco rigido), Kellner dice testualmente che saltare le pubblicità “è un furto. Il tuo contratto [come spettatore] con una rete televisiva prevede che quando guardi un programma sei tenuto a guardare anche gli spot. Se non lo facessi, non sarebbe possibile finanziare la messa in onda tramite la pubblicità. Tutte le volte che salti gli spot stai in realtà rubando quel programma“.

Sorpresa, amici. Siamo tutti ladri: alzi la mano chi non si è mai allontanato dal televisore durante i pestiferi messaggi promozionali che appestano anche i canali per i quali si paga un canone. Secondo Kellner, abbiamo addirittura sottoscritto un contratto con le reti televisive che ci obbliga a guardare gli spot. E guai a sgarrare.

L’intervistatore, comprensibilmente sbigottito dal concetto che ha appena sentito, obietta molto schiettamente: “Ma se devo andare in bagno o alzarmi per prendere una Coca-Cola?“. Padron Kellner si mostra sublimamente magnanimo. “Immagino ci sia una certa tolleranza per l’andare in bagno“. Bontà sua, già temevamo di dover comperare pannoloni per tutta la famiglia o installare un pitale in soggiorno (o un televisore al gabinetto). Soddisfare le proprie esigenze fisiologiche durante la pubblicità è un crimine, ma è tollerato. Così ragiona uno dei pezzi da novanta dei media planetari. CarCarlo Pravettoni, hai trovato il tuo maestro.

C’era una volta la privacy

Kellner non è l’unico ad avercela con i PVR. Siccome alcuni di questi apparecchi sono dotati di connessioni in banda larga, permettono di scambiare le proprie videoregistrazioni con altre persone. L’applicazione tipica di questa funzione è il temutissimo video delle vacanze di famiglia da infliggere a parenti e amici, ma come per i comuni videoregistratori a cassetta esiste naturalmente il rischio che qualcuno registri un programma dalla pay TV e lo spedisca a destra e a manca.

Un rischio talmente intollerabile che le case di produzione cinematografiche e televisive statunitensi hanno fatto causa a SonicBlue, la proprietaria dei ReplayTV che hanno questa funzione. Sostengono che i suoi PVR agevolano la pirateria video, non soltanto perché gli utenti si scambiano i programmi commerciali, ma anche perché – orrore! – saltano gli spot (il Replay TV ha una comodissima funzione “salta 30 secondi”). Scavalcare gli spot, dunque, è un furto anche secondo gli avvocati di Hollywood e non è soltanto un delirio personale del signor Kellner.

La cosa ancora più inquietante è che il magistrato federale di Los Angeles che segue questa causa ha ordinato alla SonicBlue di spiare le abitudini televisive dei propri clienti. Il magistrato vuole sapere cosa registrano, quali e quanti spot saltano, e quali programmi mandano in copia ai loro amici, per valutare se l’accusa di favorire la pirateria è fondata. Una invasione della privacy senza precedenti, alla quale SonicBlue si è opposta dicendo che il software a bordo dei sui PVR non registra queste informazioni (comprensibile: quando ci provò la concorrenza di Tivo a maggio del 2001, ci fu una rivolta generale). In tal caso, ha ribattuto disinvoltamente il magistrato, SonicBlue veda di modificare il proprio software in modo che lo faccia. Che problema c’è?

In altre parole, quando c’è un conflitto fra la sacrosanta privacy domestica e culturale del cittadino e i dollari di Hollywood, vincono i dollari, e su tutta la linea.

Il senatore talebano

A proposito di dollari hollywoodiani, vale la pena di citare il senatore Ernest Hollings, che ne ha ricevuti oltre trecentomila negli ultimi anni, come racconta l’ottimo Richard Forno di Infowarrior.org. In cambio di cotanta generosità, Hollings sta promuovendo al senato USA il cosiddetto Consumer Broadband and Digital Television Promotion Act, una legge che renderebbe illegale la vendita in USA di qualsiasi dispositivo elettronico e sistema operativo che non contenga limitazioni antipirateria prescritte dal governo statunitense. Siccome il mercato informatico USA traina il resto del pianeta, inevitabilmente i suoi standard verrebbero adottati di fatto dai fabbricanti in tutto il mondo.

In pratica, tutti i personal computer, videoregistratori, telecamere, autoradio, fotocopiatrici, fax, lettori CD, PDA (Palm e simili), mangianastri, telefonini, dittafoni e segreterie telefoniche attualmente in circolazione diventerebbero illegali, perché possono essere usati per piratare. Suvvia, abbiamo già detto addio alla privacy, già che ci siamo togliamo di mezzo anche quest’inutile zavorra del principio della presunzione d’innocenza.

Naturalmente i costi tecnologici di una legge del genere, che comporta la sostituzione integrale di tutto l’hardware attuale, metterebbero in ginocchio l’economia degli Stati Uniti, ma questo non turba il senatore Hollings e i suoi foraggiatori. Anche il fatto che un’industria da 600 miliardi di dollari l’anno come quella informatica debba stravolgersi per fare un favore ai magnati dei media (che contribuiscono venti volte meno all’economia USA) è irrilevante. L’importante è proteggere il Sacro Copyright.

E cosa fa l’industria informatica? Insorge e grida allo scandalo? Certo che no. Imporre nuovo hardware a tutti significa vendere, vendere, vendere un sacco di apparecchi. Quindi ben venga il senatore Hollings, e al diavolo gli scrupoli etici.

Microsoft non si oppone, anzi

Le conseguenze di questo triplice attacco ai diritti dei consumatori non si limitano all’hardware. Anche il software è coperto dalla legge Hollings; perciò tutti gli attuali sistemi operativi dovrebbero essere modificati. Alcuni, come Linux, sarebbero addirittura banditi del tutto, perché non si possono integrare sistemi anticopia in un sistema operativo di cui è disponibile il codice sorgente (avendo il codice sorgente sarebbe banale rimuovere le routine anticopia).

Questo sarebbe un risultato meraviglioso per Microsoft, che non solo avrebbe l’occasione di imporre una ennesima versione di Windows a tutto il globo terracqueo, ma si libererebbe definitivamente di quel Linux che considera da tempo la principale minaccia alla propria esistenza. Microsoft non vuole farsi trovare impreparata di fronte a questa ghiotta opportunità, e così ha istituito un gruppo di lavoro dedicato al cosiddetto Secure PC e ha brevettato un sistema operativo (brevetto USA numero 6330670) che include proprio le tecnologie anticopia tanto bramate da Hollywood. Il Windows Media Player di XP già include il Secure Audio Path, uno degli embrioni di queste tecnologie.

Nel suo celeberrimo romanzo 1984, George Orwell aveva previsto un mondo in cui non esisteva più la privacy, i teleschermi guardavano in casa della gente per conoscerne ogni loro più segreta abitudine e ogni media era controllato dal sistema centrale. Pensava che questo scenario da incubo sarebbe scaturito dall’avanzata dei regimi totalitari di stampo sovietico. Mai si sarebbe aspettato che in realtà sarebbe nato a Hollywood e cresciuto a Redmond. Prepariamoci.

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

Iscriviti alla newsletter

Novità, promozioni e approfondimenti per imparare sempre qualcosa di nuovo

Gli argomenti che mi interessano:
Iscrivendomi dichiaro di aver preso visione dell’Informativa fornita ai sensi dell'art. 13 e 14 del Regolamento Europeo EU 679/2016.