FAQ su come impostare e migliorare il tuo data storytelling
- Che cosa vuol dire data storytelling?
- Come si leggono i dati per individuare i messaggi importanti da veicolare?
- Come si sceglie la visualizzazione più adatta?
- Come si elimina o si minimizza il rumore di fondo dai dati?
- Come si conciliano capacità analitica e storytelling?
Che cosa vuol dire data storytelling?
Fare data storytelling significa partire da un insieme di dati e comunicare in modo efficace il suo contenuto informativo, trasformando i dati stessi in una storia, composta da narrazione e visualizzazione.
Narrazione e visualizzazione aiutano i destinatari a contestualizzare i dati, a distinguere i messaggi realmente importanti mettendo in secondo piano il rumore di fondo e a ricevere l’ispirazione per rispondere con la propria azione in sintonia e produttivamente rispetto ai messaggi ricevuti.
Come si leggono i dati per individuare i messaggi importanti da veicolare?
Partiamo dal lato opposto e chiediamoci: come si arriva ai messaggi importanti contenuti nei dati? Una frase chiave è rimozione del rumore; una parola chiave è decluttering, pulizia, riorganizzazione, riordinamento. Se distinguiamo il rumore di fondo e lo eliminiamo (o almeno riduciamo) e se arriviamo a una forma più ordinata e pulita di organizzazione dei dati, abbiamo sotto gli occhi l’informazione che contiene i messaggi cercati.
Sempre per rovesciare i presupposti, non è tanto questione di semplificare (magari con il rischio di eccedere) quanto di prevedere unicamente la complessità strettamente necessaria. Pensiamo a un grafico completamente vuoto: complessità zero, contenuto zero. Ora aggiungiamo un elemento: aumentiamo il contenuto e anche la complessità, che equivale a fatica per chi deve guardare. Quando la complessità aggiunta supera il vantaggio della visione dei contenuti, ci sono troppi contenuti.
Vale sia per i dati, sia per la grafica di contorno.
Leggi anche: Le mie linee guida per lo storytelling con i dati
Come si sceglie la visualizzazione più adatta in un buon data storytelling?
Con la visualizzazione e la narrazione dei dati è preferibile ottenere alcuni risultati, più interessanti, rispetto ad altri. Quelli più interessanti sono indicativamente i seguenti:
- La variazione nel tempo.
- Il comportamento di un sottoinsieme rispetto al totale.
- La distribuzione, nel tempo, in un’area geografica, in fasce di età eccetera.
- I valori di uno stesso elemento dentro sottoinsiemi diversi.
- L’andamento della relazione tra dati legati tra loro e variabili nel tempo.
- La collocazione geografica delle informazioni (ovviamente dove applicabile).
La visualizzazione che di volta in volta mette in maggiore risalto questo tipo di informazione è quella probabilmente più adatta.
Come si elimina o si minimizza il rumore di fondo dai dati?
Fare data storytelling implica almeno qualche nozione di base di statistica o analisi dei dati, nonché qualche pratica in programmi che permettano di agire su insiemi di dati, a partire da Excel per arrivare a strumenti specializzati come il linguaggio R oppure a una minima capacità di programmare in un linguaggio come Python.
Questo permette di applicare tecniche per ridurre il rumore di fondo, anche molto elementari come aumentare la massa di dati in lavorazione, applicare algoritmi di uso molto frequente per eliminare dati spuri e ricampionare i dati a disposizione cambiando i parametri in modo da ottenere una base di conoscenza più informativa.
Nella fase seguente di visualizzazione e narrativa, è molto importante ripulire grafici, tabelle, diagrammi dagli elementi grafici e di contorno che aggiungono difficoltà di comprensione e interpretazione. Succede che i dati siano molto chiari ma vengano presentati in modalità confusa, o con un eccesso di informazioni.
Come si conciliano capacità analitica e storytelling?
Si divide il giusto tempo tra analisi dei dati e presentazione grafica e narrativa, per avere tutte le informazioni necessarie e anche il contesto della loro presentazione. Quante presentazioni luccicanti e vuote, oppure dense e incomprensibili, fanno perdere tempo al pubblico e reputazione al relatore!
Detto questo, si applicano alcune regole d’oro:
- Conoscere la storia che raccontiamo. Dobbiamo avere chiaro che cosa stiamo dicendo, quali sono le premesse e le conclusioni, dove andiamo a parare.
- Conoscere il pubblico. Più siamo capaci di dire loro quello che è opportuno fargli sentire, e meno quello che abbiamo voglia di dire, più riusciremo.
- Costruire la narrazione con impegno uguale a quello richiesto dall’analisi dei dati. È un momento di uguale importanza, non sono cinque minuti per tirare fuori un diagramma grezzo quale che sia.
- Usare con sapienza la parte visiva. Semplificare, evidenziare l’essenziale, accompagnare puntualmente la narrazione.
Immagine di apertura di Firmbee.com su Unsplash.
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