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Elon Musk e gli altri big tech alla corte di Trump, secondo Kara Swisher

07 Novembre 2024

Elon Musk e gli altri big tech alla corte di Trump, secondo Kara Swisher

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Kara Swisher racconta nel Prologo di Burn Book il controverso summit del 2016 tra Donald Trump e i leader della Silicon Valley, tra cui Elon Musk.

Un passato che potrebbe tornare

Erano sventati, Tom e Daisy – rompevano cose e creature e poi si ritraevano nei loro soldi o nella loro vasta sventatezza, o qualunque cosa fosse a tenerli insieme, e pretendevano che fossero gli altri a ripulire lo sporco che avevano lasciato in giro…
— F. Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby

Alla fine, si è scoperto che era proprio il capitalismo.

Se dovessi scegliere il momento in cui tutto è andato storto per l’industria tecnologica, opterei per il sabato mattina del 10 dicembre 2016, quando ero al mercato agricolo e stavo scegliendo degli splendidi limoni Meyer con mio figlio maggiore, che adora cucinare. È stato lì, sotto il sole di San Francisco, mentre la nebbia si dissolveva sulla collina di Noe Valley, che ho ricevuto una soffiata: le teste coronate delle più potenti compagnie tecnologiche della Silicon Valley erano state chiamate a marciare verso la Trump Tower di Manhattan per incontrare l’uomo che, inaspettatamente, era stato eletto presidente e che era l’antitesi di tutto ciò che presumibilmente rappresentavano.

Sarebbe stato più appropriato se avessi detto che erano state chiamate a imboscarsi lì. L’unico motivo per cui ero venuta a sapere del summit sulla tecnologia era perché uno dei grandi del settore non era stato invitato a causa delle sue tendenze liberali e della sua opposizione esplicita al presidente eletto Donald Trump. Quando mi ha telefonato era arrabbiatissimo.

Leccare i piedi a quel perdente che non fa altro che mandare in fallimento le aziende che gestisce è vergognoso, mi ha detto. Ma dico io, riesci a crederci? Eh?

Il contatto con Elon

Dopo aver passato decenni a scrivere dell’industria nascente di Internet dai suoi albori, potevo crederci. Mentre mio figlio mi riempiva di orgoglio, un numero sempre maggiore di questi giovani prodigi, che avevo per lo più sostenuto, ora mi faceva sentire come un genitore i cui figli si erano trasformati in, be’, degli stronzi.

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La prima persona che ho chiamato è stata una figura autoritaria, al tempo stesso irritabile e divertente, ma sempre disponibile al confronto. Tra tutti coloro di cui avevo scritto, potevo contare su Elon Musk, amministratore delegato di Tesla e SpaceX, che riusciva a interagire con me in modo quasi umano. Anche se Musk si sarebbe trasformato più tardi in un re troll su Twitter, che avrebbe rinominato X, era tra i pochi magnati della tecnologia che non cedeva ad argomenti di discussione preconfezionati, anche se forse avrebbe dovuto farlo più di tutti gli altri.

Che cosa pensava Musk dell’invito di Trump? L’incontro non aveva un ordine del giorno stabilito, quindi era chiaro che non aveva nulla a che fare con la politica; era l’occasione giusta per fare un’operazione pubblicitaria tramite foto.

Non dovresti andare, l’avevo avvertito. Trump ti metterà i bastoni tra le ruote.

La versione di Elon

Musk non è stato d’accordo. Mi ha detto che avrebbe partecipato, aggiungendo che si era già unito a un consiglio d’affari per il neoeletto presidente. Quando gli ho ricordato che la campagna di Trump continuava a incitare i cittadini alla paura e che le sue promesse elettorali avrebbero smantellato i progressi fatti nell’ambito dell’immigrazione e dei diritti dei gay, Musk ha minimizzato le minacce.

Posso convincerlo, mi ha assicurato. Posso influenzarlo, mi ha detto.

A quanto pare, Musk pensava che la sua mera presenza avrebbe trasformato l’acqua putrida in vino pregiato, visto che si era da tempo considerato non solo un uomo, ma un’icona e, in certi giorni, un dio. Buona fortuna, allora, ho pensato tra me e me mentre riattaccavo.

Sono andata avanti e ho chiamato altri dirigenti affinché rilasciassero un commento. La lista degli invitati era stata compilata dall’irritante investitore Peter Thiel, che prende sempre decisioni che contrastano il consenso prevalente del mercato, e che aveva fatto fortuna scommettendo su tecnologie visionarie. Tuttavia, la sua ultima visione per il futuro era la più stravagante: sostenere Trump. Era certamente una scommessa audace, e aveva avuto un successo straordinario.

A porte chiuse

Non ho nemmeno tentato di contattarlo. Thiel aveva smesso da tempo di rivolgermi la parola, soprattutto dopo una lunga intervista video nel 2007, in cui non eravamo d’accordo praticamente su niente. Dopo che la telecamera ha smesso di riprenderci, gli ho fatto presente che era necessario che i gay avessero gli stessi diritti delle persone etero, ossia sposarsi e avere figli. Thiel e io siamo notoriamente gay, ma lui sosteneva che i gay non dovrebbero avere diritti speciali, anche mentre gli facevo presente che di diritti non ne avevamo proprio. Non avevamo proprio niente in comune. E, anche se entrambi avremmo continuato a sposarci e ad avere figli (io due volte), probabilmente l’istinto lo aveva portato a evitarmi.

Ma ho parlato con altri invitati, alcuni dei quali mi hanno detto che Thiel aveva fatto loro pressioni affinché salissero a bordo. Altri avevano accolto l’invito di Thiel e continuavano a dire che Trump non intendeva le cose terribili che aveva detto a ruota libera in campagna elettorale. Un altro aveva provato a convincermi che incontrare Trump era una dimostrazione pubblica di tregua. Come Musk, molti insistevano nel dire che avrebbero sollevato questioni di primaria importanza, ma a porte chiuse.

Guarda, è chiaro che questo è un circo, mi aveva detto qualcuno. Tutti nel mondo della tecnologia vogliono rimanere inosservati adesso che abbiamo questo governo, ma devono partecipare perché prima l’abbiamo fatto.

Ipocrisia occasionale

La parte complicata era che molti dei leader tecnologici – inclusa Sheryl Sandberg di Facebook, che aveva sostenuto con fervore la candidata presidenziale democratica Hillary Clinton – si erano apertamente opposti alle posizioni di Trump durante la campagna. Quasi tutti avevano obiettato quando Trump aveva chiesto un totale e completo stop all’ingresso di musulmani negli Stati Uniti e annunciato un piano per limitare severamente l’immigrazione. Due degli invitati – Musk e il nuovo amministratore delegato di Microsoft, Satya Nadella – erano a loro volta immigrati. E la maggior parte, in privato, aveva deriso Trump definendolo un buffone.

Questo tipo di ipocrisia occasionale era diventata sempre più comune nei decenni in cui ho seguito l’élite della Silicon Valley. In questo lasso di tempo, ho visto fondatori trasformarsi da giovani aspiranti idealisti di un’industria emergente a leader di alcune delle più grandi e influenti imprese americane. E sebbene ci fossero delle eccezioni, più le persone diventavano ricche e potenti, più si compromettevano – e si proteggevano dal mondo esterno grazie a un ambiente fatto di agi e privilegi, dove la loro vita non veniva intaccata dalle difficoltà o dalle preoccupazioni.

Fronteggiare un bullo

Sembrava che quando le persone diventano davvero ricche attraessero legioni di facilitatori che le adulano da mattina a sera. Molti miliardari, dopo aver ricevuto tante lodi e lusinghe da parte di altre persone, avevano iniziato a credere che quello che dicevano fosse sempre giusto e prezioso, anche se non sempre era così. La storia viene riscritta come se fosse un’agiografia. Ma se li hai conosciuti all’inizio, diventi per loro o un elemento positivo (colui che dice la verità) o una minaccia (colui che dice la verità).

Tuttavia, speravo che anche loro avessero dei limiti e che ci fosse un modo per considerare quell’incontro come un’opportunità, un momento per poter esprimere la propria opinione. Ho suggerito alle persone che mi hanno contattata di emettere una dichiarazione pubblica congiunta, forte e univoca, prima dell’incontro, affrontando i valori fondamentali e le questioni cruciali per la tecnologia e i suoi dipendenti. Non è questo il senso di una democrazia?, ho chiesto a un amministratore delegato. Fai sapere al pubblico che non stai andando alla Trump Tower per inchinarti dinanzi a un re, ma per fronteggiare un bullo. Puoi essere contrario alle posizioni di Trump contro gli immigrati, perché sono gli immigrati ad aver costruito l’America, e sono gli immigrati ad aver sicuramente costruito la tecnologia. Puoi difendere la scienza, perché il cambiamento climatico è una minaccia enorme e la tecnologia può essere una parte cruciale della soluzione. Puoi insistere affinché investiamo in tecnologie di primaria importanza che ci spianano la strada verso rivoluzioni in settori come la salute e i trasporti, e non rimaniamo impantanati nella politica.

Un demagogo disonesto

Lo ammetto, il mio era praticamente un monologo. Anche se ero partita come giornalista, mi ero trasformata in un’analista e, in certi casi, anche una sostenitrice. Usavo con maggiore frequenza la mia vasta lista di contatti per offrire la mia sincera opinione non solo ai lettori, ma a questi miliardari sempre più ridicoli.

Il mio consiglio, naturalmente, è stato completamente ignorato. Questi famosi sovvertitori avevano accettato l’invito di Trump senza alcuna remora. Avevano rinunciato alla loro dignità per nulla. Meg Whitman di Hewlett-Packard, con cui mi ero scontrata dato che si era opposta al matrimonio gay quando si era candidata come governatrice (una posizione che in seguito ha ritrattato), era la rara eccezione, e quindi non era presente all’incontro. Nonostante fosse una repubblicana convinta, aveva definito accuratamente Trump un demagogo disonesto e ad agosto, prima delle elezioni, aveva spostato il suo sostegno su Clinton.

Sembrava che anche l’investitore Chris Sacca, che non era stato invitato all’incontro, capisse quello che stava accadendo, e lo aveva riassunto in modo magnifico:

È divertente: in ogni affare tecnologico che ho fatto, dopo che hai firmato i documenti, arriva l’opportunità di fare un servizio pubblicitario fotografico. Se Trump si impegnasse pubblicamente a sostenere la scienza, se smettesse di minacciare la censura di Internet, se rifiutasse le fake news e denunciasse l’odio contro i nostri dipendenti appartenenti a tutte le categorie, solo allora avrebbe senso per i leader della tecnologia visitare la Trump Tower. Senza tutto questo, vengono solo usati per legittimare un fascista.

Sacca era riuscito meglio di me a far cambiare opinione alla gente? No. E il 14 dicembre, le persone – o, più precisamente, le sheeple (persone-pecore), come le avevo chiamate negli articoli – che avevano dato il loro contributo nell’inventare il futuro, erano entrate dalla porta di servizio della Trump Tower per permettere a un fascista di fare quello che voleva. Anche se il presidente eletto aveva attaccato apertamente Amazon e Apple, Jeff Bezos e Tim Cook si erano uniti a molti altri per partecipare a un episodio non televisivo di The Apprentice: Nerd Edition<.

Doveva essere diverso

Quello che nessuno di questi amministratori delegati voleva ammettere erano i veri motivi per cui si erano radunati nella tana dorata del lupo: c’era una montagna di denaro in gioco, e volevano evitare molti danni che il nuovo governo Trump avrebbe potuto fare al settore tecnologico. Per quanto i dirigenti tecnologici desiderassero i visti per i lavoratori stranieri qualificati, volevano anche contratti con il nuovo governo, specialmente con l’esercito. Volevano che i profitti ritornassero negli Stati Uniti dai Paesi stranieri in cui avevano nascosto il loro bel bottino. Più di ogni altra cosa, volevano essere protetti dalla regolamentazione, che fino a quel momento avevano sapientemente e completamente evitato.

Diciamo che leccare i piedi al potere non è una novità nel mondo aziendale, ma la Silicon Valley doveva essere diversa. Nel 2000, Google ha inserito il motto Don’t be evil (Non essere cattivo) nel suo codice di condotta. In Tesla, Musk continuava a dire che la sua dedizione verso l’umanità lo aveva portato a realizzare auto elettriche fighe per il mercato di massa e a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Facebook doveva essere uno strumento per creare relazioni più forti con coloro che ami, un’economia più forte con più opportunità e una società più forte che rifletta tutti i nostri valori.

Tutte queste aziende hanno iniziato con un credo nebuloso perché volevano cambiare il mondo. E ci erano riuscite davvero, ma in modi che non avevano immaginato all’inizio, con conseguenze sempre più preoccupanti, come l’ondata di disinformazione e una società pronta a diventare sempre più isolata e dipendente dai dispositivi tecnologici. E anch’io lo ero, tanto che avevo preso l’abitudine di scherzare alla fine dei miei interventi dicendo:

Vi lascio ai vostri dispositivi… Sì, intendo dire proprio quello; il vostro cellulare è la migliore relazione che avete ora, la prima cosa che prendete al mattino e l’ultima che toccate prima di andare a letto.

L’affermazione suscitava sempre una risata, ma quando Trump era a metà mandato, era molto meno divertente ed era chiarissimo che avevo sottovalutato quanto le aziende tecnologiche sarebbero state compromesse. Dopo essere entrata a far parte del New York Times come editorialista nel 2018, ho scritto in uno dei miei primi articoli:

Facebook, così come Twitter, YouTube di Google e il resto sono diventati i trafficanti d’armi digitali dell’età moderna. Hanno mutato la comunicazione umana, e connettere le persone è diventato troppo spesso un modo per metterle una contro l’altra. Hanno sovralimentato quel disaccordo rendendolo enorme, senza precedenti e pericoloso. Hanno trasformato in un’arma il Primo Emendamento. Hanno trasformato in un’arma il discorso civico. E, più di tutto, hanno trasformato in un’arma la politica.

I giganti della tecnologia hanno sostenuto di non essere stati peggiori delle reti via cavo come Fox News (cosa vera, ma un punto di partenza molto basso), e che nessuno poteva dimostrare che avessero polarizzato la popolazione (una cosa quasi impossibile da misurare). Soprattutto, spesso rigettavano qualsiasi militarizzazione dicendo che si trattava di conseguenze non volute.

Forse avevano ragione, ma di certo quelle non erano conseguenze che non avrebbero potuto immaginare. Il filosofo francese Paul Virilio ci ha lasciato una citazione a cui penso spesso:

Quando inventi la nave, inventi anche il naufragio; quando inventi l’aereo, inventi anche lo schianto dell’aereo; e quando inventi l’elettricità, inventi l’elettrocuzione… Ogni tecnologia porta con sé la sua negatività, che viene inventata nello stesso momento in cui c’è un progresso tecnico.

Siamo chiari: Hitler non aveva bisogno di Instagram. Mussolini non aveva bisogno di twittare. Gli autocrati assassini non avevano bisogno di Snapchat per commettere l’infamia. Ma immagina solo se avessero avuto questi potentissimi strumenti. Be’, Trump li aveva, e ha vinto le elezioni, in gran parte grazie ai social media. Non è stata l’unica ragione, ma c’è una chiara continuità nella storia degli Stati Uniti dal momento in cui Franklin D. Roosevelt ha tiranneggiato la radio, passando per John F. Kennedy che ha tiranneggiato la televisione, fino a Donald J. Trump che ha tiranneggiato la tecnologia sociale. E Trump non l’ha fatto da solo. I diffusori di propaganda, sia stranieri sia domestici, hanno visto un’opportunità unica per divulgare bugie e disinformazione. Oggi le persone malevole continuano a manipolare le piattaforme e non abbiamo ancora trovato una soluzione al problema, perché queste potenti piattaforme stanno facendo esattamente quello per cui sono state progettate.

Di nascosto

Tornando al ventiquattresimo piano della Trump Tower, i leader della tecnologia sono riusciti ad annullare l’operazione pubblicitaria fotografica, ma non quella video. Nei quattro minuti che sono stati pubblicati, possiamo vedere un Trump sorridente accanto al vicepresidente eletto Mike Pence e Thiel, che Trump tocca goffamente sulla mano e loda dato che è molto speciale.

I giornalisti sono stati allontanati in fretta quando è iniziato l’incontro. In seguito, Bezos l’ha definito molto produttivo, e Safra Catz, amministratrice delegata di Oracle e membro del team di transizione di Trump, ha mostrato il pollice in su alle telecamere. La maggior parte degli altri partecipanti è uscita di nascosto, così come era entrata.

Non mi sorprende che i partecipanti al summit tecnologico non abbiano rilasciato una dichiarazione, né collettiva né individuale. Ma sai chi l’ha fatto? Trump. Il suo team ha parlato al pubblico proponendo un elenco di tredici argomenti di discussione senza menzionare l’immigrazione, anche se avevo chiamato in giro e scoperto che Nadella di Microsoft aveva chiesto specificamente dei visti H-1B [i visti temporanei che consentono ai cittadini stranieri di lavorare negli Stati Uniti in determinate professioni specializzate], spesso chiamati visti per geni. A quanto pare, Trump ha risposto con Risolviamo il problema. Che cosa posso fare per migliorare?. Ma il suo governo ha peggiorato la situazione, emettendo infine un decreto per sospendere l’ingresso dei titolari di visti H-1B. Solo un’azione legale riuscita lo ha fermato.

È stato un enorme imbarazzo per un’industria che aveva promesso di essere migliore di tutto ciò che era venuto prima.

Non fa piacere avere ragione

Nel novembre 2018, ho intervistato Musk per il mio podcast Recode Decode. Gli ho ricordato che l’avevo chiamato e messo bene in guardia su Trump prima di quel summit tecnologico.

Ti avevo detto che non saresti dovuto andare, perché ti avrebbe fregato, ricordi?, ho detto. Abbiamo avuto un’intera…

Musk mi ha interrotta. Be’, hai ragione, mi ha risposto.

Ho ragione, grazie, Elon. Lo so, ho detto io.

Mi piace avere ragione, ma quella volta non avevo provato il minimo piacere.

Il summit tecnologico con Trump è stato un punto di svolta per me perché ha stravolto completamente il mio punto di vista sull’industria per cui avevo scritto dagli inizi degli anni Novanta. La mancanza di umanità era schiacciante. La mia specializzazione secondaria al college era stata l’Olocausto. Ho studiato il funzionamento della propaganda e potevo vedere che Trump era un esperto. Sapevo esattamente dove ci stavamo dirigendo. Ho concluso l’articolo così:

Benvenuti nel nuovo coraggioso mondo, che non è né coraggioso né nuovo. Ma adesso è il mondo in cui viviamo, in cui è Trump a essere il perturbatore e la tecnologia a essere perturbata. Sì, puoi dirlo: cazzocazzocazzo.

Forse cazzocazzocazzo non è stata la frase più professionale che abbia mai scritto, ma stavo cercando di esprimere la mia profonda delusione. Amo la tecnologia, vivo di tecnologia. E credo nella tecnologia. Ma perché la tecnologia mantenesse la sua promessa, i fondatori e i dirigenti avrebbero dovuto mettere in atto più strumenti di sicurezza. Avrebbero dovuto prevedere di più le conseguenze. Ma niente. Avrebbero dovuto capire che la rabbia online avrebbe potuto estendersi nel mondo reale in modi sempre più spaventosi.

Rompere le cose piace ai bambini

Invece, troppi di questi fondatori e innovatori sono stati negligenti, hanno assunto un atteggiamento che l’ethos sui primi poster degli uffici di Facebook riassume alla perfezione: Muoviti velocemente e rompi le cose. So che è uno slogan software e che poi è stato cambiato (l’amministratore delegato e cofondatore di Facebook Mark Zuckerberg l’ha scherzosamente modificato in Muoviti velocemente con un’infrastruttura stabile nel 2014), ma penso ancora che rifletta un profondo infantilismo. Ai bambini piace rompere le cose. Avrei inizialmente preferito Muoviti velocemente e cambia le cose. O, con un atteggiamento ancora più adulto: Muoviti velocemente e aggiusta le cose.

Ma hanno deciso di iniziare con rompi e una tale negligenza ha portato a danni in tutto il mondo che, a loro volta, mi hanno aiutato a capire che cosa stava succedendo nel nostro Paese. Nell’agosto del 2016, la giornalista investigativa Maria Ressa ha consegnato a Facebook dati preoccupanti riguardanti le persone nelle Filippine che erano state vittime di gravi abusi online, dopo aver criticato la controversa guerra alla droga del presidente Duterte. Facebook ha rimosso le pagine soltanto due anni dopo la segnalazione.

Quindi, nel 2017, Maria mi ha contattata e mi ha chiesto se potessi aiutarla a far capire a Facebook quanto fosse importante quella minaccia. Siamo il canarino nella miniera di carbone e questo è solo un avvertimento, ha detto la donna che in seguito avrebbe vinto il premio Nobel per la Pace per il suo impegno nel gettare luce sulla realtà omicida nel suo Paese. Puoi aiutarmi a fermare tutto questo?

Disastri sempre più innovativi

A quanto pare, sebbene abbia fatto di tutto per diffondere l’allarme, non sono riuscita a fermare quello che stava accadendo.

Ogni anno, da allora, ci sono stati disastri tecnologici più grandi e innovativi. Twitter, stupidamente rinominato X, si è trasformato in una piattaforma dove l’uomo più ricco del mondo offre il suo supporto con retweet a teorie razziste, sessiste e omofobe. Il deepfake dell’intelligenza artificiale e la disinformazione aprono un vaso di Pandora virtuale, con il potenziale di scatenare problemi che affliggono l’umanità più velocemente di qualsiasi peste. TikTok, di proprietà cinese, fa vivere tranquilli i genitori che attivano le funzionalità di sicurezza per gli adolescenti, ma il sito potrebbe estendere lo stato di sorveglianza del Partito Comunista in tutto il mondo, secondo un numero crescente di funzionari governativi che ho intervistato a livello globale.

Burn Book, di Kara Swisher

In parte memoir, in parte cronaca, Burn Book racconta dall’interno la Silicon Valley e la più incredibile costruzione di ricchezza mai vista nella storia.

Nel tempo, ho finito per elaborare una teoria secondo cui le persone che fanno parte del mondo tecnologico adottano una delle due visioni popolari del futuro. Innanzitutto, c’è la visione di Star Wars, che contrappone le forze del bene al Lato Oscuro della Forza. E, come sappiamo, il Lato Oscuro della Forza offre la possibilità di una lotta. Anche se la Morte Nera viene distrutta, gli eroi muoiono e poi viene inevitabilmente ricostruita. Il male, infatti, tende a prevalere.

Poi c’è la visione di Star Trek, dove un equipaggio lavora insieme per viaggiare in mondi lontani come uno spot interstellare della Benetton, promuovendo la tolleranza e convincendo i cattivi a non essere cattivi. Spesso funziona. Io sono, e questo non ti sorprenderà, una fan di Star Trek, e non sono l’unica. In una conferenza AllThingsD del 2007 che ho ospitato con il noto giornalista tecnologico Walt Mossberg, la leggenda di Apple Steve Jobs è apparso sul palco e ha detto: Mi piace Star Trek. Voglio Star Trek.

Jobs è morto da tempo, e sembra che la versione di Star Wars abbia vinto. Anche se non era mai stata loro intenzione, le aziende tecnologiche hanno ormai un ruolo preponderante nell’uccidere la nostra concordia e ostacolare la nostra politica, il nostro governo, il nostro tessuto sociale e, soprattutto, le nostre menti, seminando l’isolamento, l’indignazione e i comportamenti che creano dipendenza. Ragazzini che sembravano innocui e ben intenzionati nel loro desiderio di migliorare il mondo hanno finito per assumere comportamenti o ruoli che sembrano più appropriati a Darth Vader.

Sì, posso dirlo: cazzocazzocazzo.

Questo articolo richiama contenuti da Burn Book.

Immagine di apertura originale dalla copertina di Burn Book.

L'autore

  • Kara Swisher
    Kara Swisher è una pluripremiata giornalista americana. Si occupa di tecnologia e Internet fin dai tempi del college nei primi anni Novanta, quando cominciò a collaborare con Walt Mossberg al Washington Post. Dal 2023 è redattrice del New York Magazine, conduttrice del podcast On with Kara Swisher e co-conduttrice del podcast Pivot. Nel 2014 ha cofondato Recode di Vox Media. Dal 2018 al 2022 è stata opinionista del New York Times, prima di rientrare in Vox Media. Ha scritto anche per il Wall Street Journal e la pubblicazione online AllThingsD. Vive con la moglie e i quattro figli a Washington.

    Foto: Collision Conf, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons.

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