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Ecco la delibera Agcom, che cosa è cambiato?

08 Luglio 2011

Ecco la delibera Agcom, che cosa è cambiato?

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Dopo le polemiche e le mobilitazioni, l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni fa parziale marcia indietro sulle misure per il contenimento della pirateria. Le novità e le prime valutazioni

Cerbero è mutato in cucciolo. La delibera Agcom sulla pirateria adesso fa poca paura, anche se restano alcuni pericoli, che sarà possibile comunque arginare nei prossimi 60 giorni di consultazione pubblica, prima della decisione finale dell’Autorità. La conferma è nel testo pubblicato venerdì mattina. È una «grande, meravigliosa vittoria», se la si vede rispetto al testo precedente, come commenta Fulvio Sarzana, avvocato esperto di diritto d’autore online e promotore della protesta. Questo già è un elemento che può far riflettere: le proteste sul web sono servite, sono riuscite a catalizzare personalità e politici bipartizan (Pd, Idv e Fli) e alla fine hanno obbligato Agcom a togliere gli aspetti più pericolosi per la libertà di espressione online. E cioè: il potere di oscurare siti senza passare dalla magistratura e il carico di responsabilità sui provider internet. L’Autorità si è resa conto di non avere copertura normativa per quelle cose e che quindi avrebbe rischiato una bocciatura al Tar del Lazio o in sede comunitaria.

Sì, ma rispetto alla attuale ordinamento, le novità sono positive o negative? Alcune addirittura sono positive, anche se di incerta validità pratica: garanzie inedite a favore dell’utente/uploader di contenuti su un sito; introduzione del concetto di fair use (Agcom permette di pubblicare sul web, in certi casi, anche cose coperte da copyright e senza autorizzazione). L’aspetto negativo di fondo è che c’è ancora, almeno in parte, il rischio di processo sommario ai danni dei siti italiani. Aspetto che ha convinto Guido Scorza a restare pessimista, nonostante tutto. Vediamo il dettaglio per capirci di più.

Siti italiani

Agcom ha stabilito una doppia procedura. Per prima cosa, ci deve essere una fase in cui il detentore di diritti contatta il sito per fargli rimuovere il contenuto o il link a un’opera protetta (di qualsiasi tipo: audio, video, giornali). Il gestore del sito o del servizio audiovisivo, «laddove possibile», deve avvisare l’uploader/utente che potrà pure difendere quanto ha pubblicato. Solo se le parti non si mettono d’accordo, possono contattare l’Autorità. Il detentore può chiederle di far rimuovere un contenuto, un link o di far cessare una trasmissione online (web tv o web radio). L’utente/upload può rivolgersi invece protestare contro una rimozione decisa dal sito che ubbidisce alla segnalazione («notice and take down»). A questo punto Agcom studia la vicenda e, se considera fondata la protesta, manda via e-mail al gestore del sito o del servizio la notifica dell’avvio del procedimento. Importante il comma quarto dell’articolo nono: «La  comunicazione  di  avvio  del  procedimento  istruttorio  contiene  una  sommaria esposizione dei fatti, l’indicazione della violazione accertata, dell’ufficio competente e del  responsabile  del  procedimento  al  quale  è  possibile  presentare  eventuali  scritti difensivi attraverso l’invio all’indirizzo di posta certificata dell’Autorità entro il termine di quarantotto ore dalla ricezione della comunicazione di avvio e, infine, del termine di conclusione del procedimento istruttorio».

Solo due giorni, quindi, per difendersi davanti all’Autorità (fatta salva però la fase precedente di dibattito diretto con il copyright owner). Per di più, solo tramite posta elettronica certificata, strumento adesso molto poco diffuso. Se la norma passa così, sarà bene che tutti i siti attivino una casella… Passati dieci giorni, Agcom può archiviare il caso in via amministrativa oppure stabilire che in effetti il sito ha commesso un illecito (non rimuovendo o rimuovendo quel contenuto, a seconda che la protesta venga dal detentore di copyright o dall’utente). Gli dà quindi altre 48 ore di tempo per rispettare l’ordine dell’Autorità (togliere il contenuto o ripristinarlo; far cessare una trasmissione online). Se non lo fa, parte una procedura sanzionatoria con multe fino a 250 mila euro («sanzione amministrativa pecuniaria di cui  all’articolo 1, comma 31, della legge 31 luglio 1997, n. 249»).

Siti esteri ed esclusioni

I siti «siti i cui nomi di dominio siano  stati  registrati  da  un  soggetto  non  residente  o  non  stabilito  in  Italia  e  che diffondano  contenuti  in  violazione  del  diritto  d’autore” subiscono sorte diversa. Il deterrente non può essere la multa, ovviamente. Così Agcom, dopo aver riscontrato la violazione, farà così: richiamerà i gestori dei siti al rispetto della legge sul diritto d’autore; se la violazione persiste, «richiederà  la  rimozione  selettiva  dei contenuti  oggetto  di  segnalazione» o la «cessazione  della  trasmissione  o  della  ritrasmissione  di programmi audiovisivi». In caso di ulteriore rifiuto, Agcom segnalerà la vicenda all’autorità giudiziaria.

Tutti i commentatori hanno notato positivamente alcune esclusioni, in questa delibera. Agcom non chiederà di rimuovere contenuti o trasmissioni che seguono il principio del fair use, sebbene utilizzino senza autorizzazioni elementi protetti da copyright. Agcom valuterà di volta in volta se è un caso di fair use, tenendo conto dei seguenti criteri: se c’è stato un uso didattico e scientifico; se è esercizio  del  diritto di cronaca, di commento, di critica e di discussione nei limiti dello scopo informativo e dell’attualità; l’assenza della finalità commerciale e dello scopo di lucro; l’occasionalità della diffusione, la quantità e qualità del  contenuto diffuso rispetto all’opera integrale che non pregiudichi il normale sfruttamento economico dell’opera.

L’impatto reale della norma

Il grosso enigma ora è la reale efficacia della delibera, nel bene o nel male. Agcom si investe di tanti e tali compiti, dando supporto ai detentori di diritti e degli utenti che si sentono maltrattati dai siti. In teoria questo potrebbe significare un’azione più rapida (forse troppo rapida, cioè sommaria) per togliere contenuti illeciti. Ma anche, per la prima volta, una difesa degli utenti. E’ un’arma spuntata in entrambi i sensi, però. L’Autorità infatti non può agire in quel modo nei confronti dei siti esteri, dov’è il grosso del problema, dal punto di vista non solo dei detentori ma  anche (soprattutto) degli utenti/uploader. Vedi i casi YouTube e Facebook che rimuovono sempre in modo sommario e senza quasi contraddittorio. Contro di loro non ci si può illudere che Agcom possa dare una mano. I detentori avranno man forte contro i siti italiani e potranno sperare di farsi ascoltare di più dalla magistratura nei confronti di quelli esteri, vista la mediazione di Agcom. Ma l’arma qui è spuntata dalle scarse risorse dell’Autorità, che a fatica potrà stare dietro alle segnalazioni. Non a caso, a quanto risulta, Agcom intende chiedere allo Stato nuove risorse per assumere personale, allo scopo.

Anche il fair use è spuntato. Agcom non sta riscrivendo il diritto d’autore. Si limita a introdurre questo principio come esclusione nella propria procedura. Il detentore di diritto può comunque calpestare il fair use andando dal magistrato o ottenendo un notice and take down da una piattaforma estera (come YouTube, appunto), senza che Agcom, in questi due casi, possa intervenire. In fin dei conti, a minare la forza della delibera (nel bene e nel male) è la sua debole copertura normativa, evidenziata dai critici. Agcom ha avuto dal decreto Romani il compito di occuparsi della vicenda, ma non può scrivere regole abbastanza efficaci su questa scorta, visto che non può sostituirsi al compito della magistratura o di un legislatore che scriva le leggi sul diritto d’autore. Né può creare un apparato ad hoc, interno, con risorse umane dedicate a sbrigare questi compiti.

Fuoco di paglia

L’effetto possibile quindi è di un fuoco di paglia. Da un certo punto di vista è un sollievo. Ma da un altro punto potrebbe essere un’opportunità mancata. Sarebbe bello se Agcom difendesse davvero gli utenti, a tutto campo, in nome del fair use e nelle loro diatribe con le piattaforme internazionali di hosting. Ma per questi obiettivi, servono leggi internazionali (come quelle che potrebbero venire quest’anno dalla Commissione europea nel nuovo quadro normativo sulla privacy). Ancora una volta, il problema si rivela più grande dei poteri in mano ad Agcom.

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