La ricerca della Brown University è la più completa mai presentata, in quanto i ricercatori hanno visitato ben 2.288 siti governativi in 196 nazioni. Lo studio soffre, comunque, di alcuni limiti motivabili con il fatto che è difficile trattare un argomento così ampio in modo sufficientemente esaustivo.
Sono state individuate alcune variabili di valutazione, prive di un sistema di ponderazione omogenea, che rivelassero il reale valore aggiunto che la politica specifica di e-government rende possibile. La valutazione si è, inoltre, limitata ad aspetti quantitativi o scarsamente qualitativi, quali pubblicazioni e database online, link esterni a siti non governativi, file audio e video, presenza di una versione in lingua straniera del sito, di pubblicità commerciale, di politiche di privacy e sicurezza, della possibilità di usare una firma elettronica, di pagare tramite carta di credito determinati servizi on e offline.
È stata anche valutata la presenza di un accesso facilitato all’informazione per i disabili e di un motore di ricerca interno efficace. È stato tenuto in considerazione con favore il collegamento tra i siti governativi e un eventuale portale unico dei servizi istituzionali. Ciascuna variabile ha avuto un punteggio che variava da 0 a 4, più un bonus di punti legati alla presenza o meno di servizi fruibili online. Il totale massimo era 100.
Gli Stati Uniti sono risultati la prima nazione della graduatoria generale mondiale, con 57,2 punti. Poi Taiwan con 52,5, Australia con 50,7 e, a seguire, Gran Bretagna, Irlanda, Israele e Singapore. L’Italia è risultata ventunesima con 37,8 punti.
Tra i risultati più interessanti e preoccupanti, che derivano dalla ricerca, vi sono i dati sull’accesso facilitato ai siti governativi da parte dei disabili. L’Italia è quarta (un sito su cinque è accessibile alla popolazione disabile), sopravanzata da Stati Uniti (37% dei siti accessibili), Irlanda (24) e Australia (23). Ancora da sottolineare che gli Stati Uniti hanno il 56% dei propri siti governativi forniti di una chiara security policy online, mentre il 96% dei siti governativi australiani ha una propira politica di protezione della privacy.