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E-commerce, come punire chi ci scheda

10 Dicembre 2002

E-commerce, come punire chi ci scheda

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Una serie di gaffe clamorose rivela la natura insidiosa delle nuove tecniche promozionali online e al tempo stesso la loro vulnerabilità alle reazioni dei clienti indignati. Quando il consumatore sa usare la Rete, da agnello diventa lupo.

Figuraccia per Amazon.com: si è trovata a consigliare una guida al sesso estremo a chi acquistava un libro religioso di un celebre telepredicatore. Infatti visitando la sezione di Amazon.com dedicata a Six Steps to Spiritual Revival, un manuale di rinnovamento spirituale cristiano redatto da Pat Robertson, noto per le sue parole di fuoco contro omosessuali, atei, comunisti, femministe e festeggiatori di Halloween (non necessariamente in quest’ordine), i potenziali acquirenti si sono visti raccomandare dal titano dell’e-commerce un’opera di genere leggermente contrastante: The Ultimate Guide to Anal Sex for Men. Non ditemi che vi serve la traduzione.

Amazon si è affrettata a correggere l’imbarazzante svista, ma non prima che la storia facesse il giro della Rete e qualcuno ne catturasse una schermata a imperitura memoria. Il riferimento alla guida sessuale è scomparso, ma stranamente è rimasto il consiglio di acquistare anche “biancheria pulita” e “ciabatte leopardate” insieme al libro del televangelista.

La società di Jeff Bezos non è nuova a episodi del genere. Il Wall Street Journal racconta le peripezie di clienti che si sono visti “schedare” da Amazon come gay per aver ordinato telefilm in cui la trama aveva accenni all’omosessualità (l’equivalente de Il Vizietto, per intenderci), inondandoli di inviti all’acquisto di libri e calendari esplicitamente in tema. Quando uno di questi clienti ha ordinato un libro sulla gravidanza per un’amica in attesa di un figlio, Amazon ha preso a propinargli sia calendari di splendidi uomini, sia guide alla maternità, quasi che si fosse convinto che il cliente fosse un omosessuale incinto.

Bezos stesso è finito vittima della sua creatura. Durante una dimostrazione pubblica delle prestazioni del Amazon.com, ha immesso il proprio codice cliente e si è visto subito consigliare il DVD soft-porno-fantascientifico Slave Girls from Beyond Infinity. Il motivo? Aveva ordinato poco tempo prima Barbarella, lo spassoso classico di Roger Vadim condito dalle grazie di Jane Fonda. O almeno così vuol farci credere il portavoce di Bezos.

Se teleacquisti, sei teleschedato

Il cosiddetto profiling dei clienti, ossia l’analisi dei loro acquisti per offrire loro consigli mirati per ulteriori prodotti da comperare, non è una novità: ne fanno uso praticamente tutti i siti di e-commerce. Il problema è che il software che gestisce l’analisi è ancora primitivo e grossolano, e questo conduce a equivoci non sempre gradevoli.

Nel caso di Bezos, per esempio, Barbarella era classificato un po’ superficialmente come “fantascienza con donne poco vestite”, senza tener conto degli altri suoi meriti (la presenza di Ugo Tognazzi e Marcel Marceau, per dirne uno), per cui il software ha ciecamente consigliato l’altro film perché lo considerava analogo. Un po’ come dire che Gesù di Nazareth è uguale a Pinocchio perché entrambi parlano del figlio di un falegname.

Finché si tratta di equivoci di questa portata la si può buttare sul ridere, ma rimane comunque una diffusa inquietudine di fondo: incidenti del genere dimostrano infatti quanto sia vasto il repertorio delle informazioni che vengono acquisite su di noi ogni volta che compriamo online (e anche “offline”, nella vita reale, per esempio tramite le tessere fedeltà dei supermercati, i videonoleggi e le TV pay per view).

Se qualcuno coordinasse tutte queste informazioni, avrebbe una fotografia dettagliatissima delle nostre abitudini, delle nostre letture, delle nostre opinioni e dei nostri orientamenti. Una tentazione irresistibile per qualsiasi governo con aspirazioni totalitarie e persino per molte aziende (“il signor Colombo compera molti cibi fritti e Alka Seltzer, si vede che mangia male e digerisce peggio, meglio aumentargli il premio della polizza salute”).

È proprio per questo che ci sono leggi severe che vietano l’incrocio di questi dati, ma il dubbio istintivo rimane. E se qualcuno lo facesse lo stesso di nascosto, magari in nome della repressione delle frodi, del crimine o del terrorismo? Basta leggere la cronaca per notare la frequenza con la quale le indagini fanno uso dei tabulati delle telefonate e degli acquisti tramite carte di credito. Un futuro alla Minority Report non sembra troppo lontano.

Consumatori al contrattacco

Anche alla più innocente delle persone dà fastidio sapere che c’è qualcuno che sa che cosa vede, che cosa legge, che cosa compra e a chi telefona, e soprattutto dà fastidio che questo “qualcuno” si faccia delle idee sui suoi gusti personali. Specialmente quando si fa le idee sbagliate, come nel caso del gay incinto.

Così alcuni consumatori si divertono a sabotare il sistema di schedatura introducendo dati senza senso o totalmente contrastanti con le grossolane deduzioni del software. L’abbinamento fra guida sessuale e guida spirituale proposto da Amazon è un esempio di questa lotta: il libro di religione era poco venduto, per cui è bastato che alcuni utenti buontemponi cercassero su Amazon prima il testo di Robertson e poi la guida all’uso ottimale del deretano perché il cervellone creasse l’improbabile accoppiamento.

Quando un sito o un servizio si fa delle idee sbagliate e persiste nel suo delirio, molti utenti ricorrono alla controprogrammazione. È il caso di chi adopera TiVo, un videoregistratore digitale molto popolare oltreoceano, che registra di sua sponte i programmi che presume possano piacere al suo proprietario, in base a quelli che ha registrato precedentemente. Però esagera: se si registra un programma sulla seconda guerra mondiale, TiVo si riempie automaticamente di film e documentari sul nazismo. Se gli si dice di non registrare i programmi religiosi, memorizza film a base di assassini di donne indifese, e non c’è verso di fermarlo.

Così gli utenti controbilanciano le “decisioni” di TiVo ordinando programmi di compensazione, come gli show di Playboy e le partite di beach volley femminile se sono stati incasellati fra gli spettatori gay, documentari sulla tecnologia degli schermi al plasma se vengono bombardati di documentari sui ditali (esistono veramente), film su San Francesco se TiVo li ha schedati come filonazisti assatanati, e così via. Meno male che TiVo doveva essere una tecnologia per semplificare la vita.

Sia come sia, queste tattiche rendono del tutto inutile la raccolta di dati sui gusti personali degli utenti. Ma la strenua lotta del consumatore non si ferma al semplice sabotaggio dei database dei Grandi Fratelli commerciali.

Come vendicarsi di uno spammer

Un paio di settimane fa commentavo con scetticismo l’ondata di proteste organizzate tramite Slashdot.org, il celebre ritrovo per informatici sfegatati, contro una spammatrice che aveva incautamente rilasciato un’intervista in cui figuravano il suo nome e cognome e quello della sua società, e dubitavo dell’efficacia di azioni del genere: passata la protesta, la spammatrice avrebbe ricominciato senza batter ciglio. Forse mi devo ricredere: il popolo della Rete è ancora più ingegnoso di quanto immaginavo.

Giunge infatti notizia di un’altra “spedizione punitiva”, organizzata stavolta contro Alan Ralsky, considerato uno dei cinque spammer più prolifici del mondo (oltre un miliardo di e-mail al giorno). Incontrandosi sempre sulle pagine di Slashdot.org, gli utenti hanno utilizzato le risorse della Rete per individuare l’indirizzo dell’abitazione di Ralsky (compresa una foto satellitare della zona), lo hanno pubblicato su Slashdot.org (non è reato, è un’informazione pubblicamente disponibile) e invece di bombardarlo con le solite e-mail di protesta lo hanno iscritto a ogni campagna pubblicitaria conosciuta, intasandogli la casella postale (quella di casa, non quella online) di quintali di réclame, cataloghi e depliant promozionali. Un’operazione fra l’altro piuttosto semplice: basta visitare siti come Catalog Request per far recapitare in breve tempo tutti i cataloghi possibili e immaginabili (almeno se avete un’immaginazione molto adulta e molto fervida).

I più arrabbiati, inoltre, hanno iniziato a inviargli cordiali lettere (cartacee) di protesta con tassa a carico del destinatario, ossia l’esatto equivalente postale dello spam che Ralsky dissemina quotidianamente: un messaggio indesiderato il cui onere economico ricade su chi lo riceve.

Il vantaggio della tattica cartacea rispetto al semplice invio di e-mail di protesta o di telefonate di indignazione adoperato finora è che la punizione non solo è assai tangibile, ma una volta lanciata dura nel tempo. Come ben sa chi è finito nelle grinfie delle campagne pubblicitarie postali, Ralsky faticherà non poco a disiscriversi dalle centinaia di liste commerciali nelle quali è stato iscritto. Una pena decisamente calzante per chi iscrive le proprie vittime in liste dalle quali è impossibile rimuoversi.

Oltre a essere durevole, l’approccio degli antispammer di Slashdot è anche economicamente oneroso per lo spammatore e quindi difficile da ignorare: infatti Ralsky è talmente infuriato che ha già dato mandato al proprio avvocato di perseguire chi ha perpetrato quest’abominio (il dubbio che assomigli molto a quello che fa lui di mestiere non lo sfiora nemmeno). Cosa che troverà assai difficile, visto che non è stato commesso alcun reato: gli utenti hanno semplicemente usato la funzione “segnala un amico” presente in tutti i siti commerciali. Oltretutto sarebbe economicamente insostenibile rintracciare ciascuna delle migliaia di persone che hanno partecipato all’operazione.

Combinata con una recente sentenza che obbliga Ralsky a risarcire il provider statunitense Verizon per averne abusato la rete con i suoi miliardi di messaggi, questa nuova tattica, se ripetuta sistematicamente con tutti i componenti della discutibile “top ten” degli spammer maggiormente attivi, potrebbe rendere antieconomico il suo squallido mestiere. Non che questo significherà la fine dello spam, a meno che si trovi anche un rimedio per le offerte di milioni di dollari che piovono dalla Nigeria, ma sarà senz’altro un passo avanti.

Nuovi orizzonti del marketing

Purtroppo gli spammer affinano costantemente le proprie armi: se avete ricevuto strani inviti che compaiono spontaneamente sul vostro schermo quando siete collegati a Internet, anche a browser e mailer chiusi, e sembrano messaggi di Windows, avete fatto conoscenza con una di queste nuove armi: il NetBIOS Spam.

Questa forma di spam si basa sull’uso di un programma realizzato da DirectAdvertiser.com che utilizza il Windows Messenger (da non confondere con il programma di chat MSN Messenger), una funzione abilitata per default in Windows 2000, NT e XP che consente di scambiare messaggi fra PC collegati in rete.

La cosa interessante è che questo nuovo spam scavalca gran parte dei firewall, perlomeno nelle loro normali configurazioni, ed è bloccabile soltanto disattivando la funzione Messenger di Windows: una rinuncia non onerosa (è un servizio raramente utilizzato), ma che molti utenti non sanno come realizzare, restando quindi esposti alle nuove frontiere dello spam.

Come se non bastasse, arriva il “guerrilla marketing”: gruppi di falsi utenti di forum e newsgroup, creati da società come Digital Outlook, per tessere pubblicamente le lodi di vari prodotti (i dischi di Elvis Costello ed Enrique Iglesias e alcuni giochi della Activision, per esempio) spacciandole per opinioni disinteressate, finché i segugi della newsletter Need to Know hanno fiutato l’inganno e hanno pubblicato i nomi degli impostori. Che sicuramente ritenteranno il trucchetto sotto altri nomi, in barba a ogni considerazione etica.

Già, l’etica. Chissà se queste sottospecie di pubblicitari ne hanno mai sentito parlare. È grazie a loro che Internet sta diventando un posto dove bisogna entrare armati fino ai denti e senza fidarsi di nessuno. Per fortuna, i casi di Amazon e Ralsky dimostrano che le risorse per evitare questo degrado sono a nostra disposizione: a patto, beninteso, di aver voglia di imparare a usarle. Potrebbe anche essere divertente.

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

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