Come la maggior parte dei thirty-something ricorderanno, tra il 1999 e il 2001 si faceva un gran parlare di new economy, B2B, B2C e del cosiddetto e-commerce. Poi la bolla è scoppiata, lasciando alcuni pionieri un po’ troppo entusiasti e poco preparati in cattive acque, e i colossi della vendita online pressoché indifferenti. Il pluricitato Amazon.com, ad esempio, faceva e-commerce prima della crisi e ha tranquillamente continuato a farlo anche dopo. Negli anni seguenti, l’evoluzione dell’e-commerce è proseguita. In sordina, ma con costanza e con alcuni casi di successo, fino ad oggi.
Guardando al lato pratico, da fruitori della Rete, per fare commercio elettronico oggi ci sono diverse possibilità. Le imprese medio-grandi possono stabilire partnership con fornitori tecnici che disegneranno per loro costosi sistemi di e-commerce gestendo front-end e back-end. Le piccole imprese potranno rivolgersi a pacchetti e soluzioni “chiavi in mano” disponibili in Rete in versioni più o meno per tutte le tasche. I più esperti nella nobile arte della programmazione possono costruire il loro negozio online con i linguaggi e i sistemi più diversi. I meno esigenti possono semplicemente aprire un negozio personale su eBay. Tutti quanti, comunque, dovranno occuparsi di dettagli spesso poco piacevoli come i gateway di pagamento, le transazioni con Paypal, l’organizzazione delle spedizioni.
Per chi non ha nessun tipo di esperienza nella programmazione, non ha grandi somme di denaro da investire in soluzioni a pagamento e storce il naso di fronte alle scarse possibilità di personalizzazione grafica dei negozi eBay, invece, c’è Shopify. La soluzione che Shopify offre è molto semplice. Grafica pulita e molto “di tendenza”, una bella iniezione di web 2.0 e soprattutto la garanzia di potersi concentrare solo sul proprio business. Perché – diciamolo – il design ha la sua bella importanza quando parliamo di una vetrina attraverso la quale esporre prodotti ed invogliare all’acquisto.
Shopify ha dunque uno dei suoi maggiori punti di forza nella pulizia del design. Questo rende i negozi creati dagli utenti semplici da realizzare e gestire da un lato, ma anche semplici da usare per gli acquirenti, dall’altro. Basta dare un’occhiata al Marketplace mantenuto e aggiornato da Shopify per rendersi conto che esistono centinaia di piccoli casi di eccellenza tra gli utenti registrati. In pratica, con pochi clic si riesce ad ottenere un mini sito di e-commerce che dà effettivamente l’idea di un negozio online professionale.
Per entrare nel giro (magari dopo aver visto il veloce e intrigante tour delle funzionalità) basta registrarsi. Il servizio è gratuito per un periodo di prova che corrisponde alla gestione completa dei primi cinque ordini. Dopo, occorre passare a un piano a pagamento: il piano “base” costa 24 dollari al mese, e si può comunque fare un upgrade in ogni momento. Shopify è ovviamente un sito di business, e lo scopo finale è quello di guadagnare in percentuale sulle vendite (2% nel caso del piano base).
Al termine della registrazione si ottengono due indirizzi, quello del negozio pubblico (nomenegozio.shopify.com) e quello del back office (nomenegozio.shopify.com/admin). Shopify presenta inoltre una piccola guida a cosa fare per cominciare: esplorare l’interfaccia di amministrazione, familiarizzare con i comandi, proteggere il negozio con una password mentre è ancora in fase di lavorazione. A seguire, occorre ovviamente inserire i prodotti da vendere e organizzarli.
La pagina iniziale del sito di amministrazione (la dashboard) è simile a molte altre applicazioni web 2.0 – Shopify è realizzato in Ruby on Rails – e perciò non dovrebbe dare problemi a chi è abituato a gestire siti sociali ogni giorno. Dalla dashboard si possono inserire nuovi prodotti (comprensivi di nome, descrizione, tag, fotografia, prezzo e disponibilità a magazzino), creare collezioni di prodotti, modificare i testi esistenti e creare nuove pagine o articoli tipo blog (un po’ come in una interfaccia di WordPress), modificare la navigazione del sito e – una volta che il negozio è popolato di prodotti, gestire gli ordini.
Due voci separate di menu (Assets e Preferences) danno la possibilità di cambiare alcune configurazioni di base e soprattutto di modificare il tema del negozio. Esiste una piccola rosa di temi predefiniti, contraddistinti come già detto da un design molto pulito e accattivante. Non è esclusa, ovviamente, la possibilità di modificare a piacimento il proprio tema usando il liquid templating language, un linguaggio sviluppato per Shopify e basato su Ruby on Rails. Esiste anche Vision, un toolkit scaricabile che permette di realizzare temi per Shopify direttamente sul proprio Pc. In alternativa – per chi desidera investire di più in una soluzione basata su Shopify, alcuni designer professionisti mettono in vendita il loro talento su Shopify Themes, una risorsa collegata da tenere presente per distinguersi dalla massa.
I negozi creati con Shopify hanno chiaramente dei limiti: non è possibile vendere prodotti “monogrammati”, cioè applicare design personalizzati su oggetti standard (cosa che invece è il core business di Cafepress.com). Non è (ancora) possibile vendere prodotti scaricabili direttamente dal negozio (una funzionalità che invece è alla base di un sito come Lulu.com). Non ci sono meccanismi di asta di alcun tipo (un tipo di scambio economico che è meglio lasciare al leader del settore eBay).
Tuttavia il grado di flessibilità della soluzione offerta è abbastanza alto, la gestione degli ordini è molto semplice da capire e dove Shopify non arriva si interfaccia con servizi di tutto rispetto (Google Analytics per statistiche più accurate, Amazon Fullfillment e Shipwire per le spedizioni, Google Checkout e Paypal per i pagamenti – ma si possono integrare molti altri gateway di pagamento). A livello base, si possono tranquillamente consegnare i prodotti a mano (il caso dei business “di quartiere”) e gestire i pagamenti tramite bonifico bancario, assegno o cash. Una critica mossa in passato a Shopify è quella della percentuale sulle vendite, una volta fissata al 3% (veramente troppo in caso di grosso volume di affari) e oggi scesa al 2% o meno in caso di piani tariffari più professionali. Anche questo dimostra come Shopify sia una soluzione di micro-commercio adeguata a realtà tendenzialmente di piccole dimensioni.
Shopify offre inoltre la possibilità di gestire una politica di sconti personalizzata (diffusione di buoni sconto e coupon utilizzabili sul proprio negozio), oltre ad offrire una solida consulenza in tema di web marketing. Sul sito è disponibile una guida molto dettagliata, i link ai più noti programmi di web advertising e un pacchetto standard di SEO per il proprio negozio on line. Senza contare la possibilità di rendere più visibile il proprio negozio inserendolo nel Marketplace.
Qualsiasi dubbio tecnico o commerciale, infine, dovrebbe essere risolvibile sui Forum o sul Wiki di Shopify. Non sarà questo tipo di servizio a farvi diventare una multinazionale, ma da un piccolo esperimento casalingo si può passare, con un po’ di impegno e un minimo investimento economico, ad un discreto volume di affari. Una valida alternativa al “triplo lavoro” che contraddistingue questi tempi di crisi.