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Dove finisce la tv e comincia Internet

29 Ottobre 2007

Dove finisce la tv e comincia Internet

di

Current.tv, la tv online fondata nel 2005 da Al Gore, rinuncia a un ricco esperimento di produzione diffusa a favore di nuove ricerche sul significato dell'interattività televisiva

Dal 15 ottobre un network televisivo statunitense ha modificato il suo sito Internet. Una notizia che di per sé potrebbe passare inosservata, se non fosse che il network è Current.tv, la tv fondata nel 2005 dal neo premio Nobel per la pace Al Gore, e il suo sito rappresenta l’elemento centrale della strategia della televisione stessa, il nucleo dell’approccio nei confronti del telespettatore e dell’incentivazione alla produzione dei programmi trasmessi. Fin dalla sua nascita, infatti, l’idea alla base della televisione Current è stata rivoluzionaria per il concetto stesso di broadcaster: fondare una buona parte del proprio palinsesto sui contenuti generati dagli utenti.

La volontà dei fondatori era quella di usare la Rete come collettore di giovani amatori e semiprofessionisti del video e di incentivare la produzione di viewer-contributed content, o VC2, da inserire nella programmazione on air. «Current è la television homepage della Internet generation», recitava trionfante il Ceo Joel Hyatt: è la televisione globale che ti da l’opportunità di creare e influenzare ciò che viene trasmesso. «Stories from the real world, told by you», trasmesse nei televisori di oltre 52 milioni di case negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Irlanda. La tua tv, fatta da te.

Il meccanismo di funzionamento era al tempo stesso semplice e ben congegnato: l’utente produceva e caricava sul sito un Tv Pod («a short video that tells a story»), un Current Journalism Pod («news segments»), un Promo (video promozionale sul brand di Current), un V-Cam (spot pubblicitario per gli sponsor del canale) o un Raw Intel (footage da montare). Current lo analizzava tecnicamente ed editorialmente in 24 ore, per poi pubblicarlo sul sito. La comunità di iscritti votava con una greenlight o una redlight, e commentava i contenuti. Il voto influiva sul videoscoredel video, e il valore di ogni voto era diverso in base all’utente che lo assegnava («how active they are in our community and whether or not they have greenlight successful videos before they get popular»). La selezione dei contenuti user generated da inserire nel palinsesto era infine determinata dal numero dei voti assegnati entro una certa data dalla community per i Pod, mentre i promo erano selezionati dalla redazione stessa di Current ed i V-Cam da Current e dallo sponsor.

La novità stava nel riconoscimento di un corrispettivo in denaro per ogni video trasmesso: un compenso di qualche centinaio di dollari per i Pod e i Raw Intel, di solito deciso a seguito di una trattativa personale, un fisso di 250 dollari per i Promo, un minimo di 1.000 dollari per i V-Cam, che potevano aumentare fino a 50.000 dollari nel caso in cui altri network avessero trasmesso la pubblicità.

All’inizio del 2007, il palinsesto del network vantava per un terzo della programmazione l’esclusiva trasmissione di VC2. Il direttore dei programmi David Neuman citava entusiasta quanto avvenuto durante il disastro dell’uragano Katrina a New Orleans, quando un residente aveva girato (e inviato a Current) un video nel quale mostrava i volontari al lavoro nella notte: «Era autentico, raccontava una storia con la voce delle persone, dal loro punto di vista. Era più potente edrammatico di qualsiasi servizio prodotto dai convenzionali canali di news». Che fra l’altro sarebbero arrivati sul posto solo molte ore dopo. Quella di Current era un’esperienza unica nel suo genere, che vedeva l’apertura agli user generated content in tempi non sospetti e che rappresentava il primo, serio tentativo mai registrato di combinare in modo efficace Internet alla televisione, premiato proprio nel settembre di quest’anno con l’Emmy Award per gli Interactive Television Services.

Un mese dopo aver ricevuto un riconoscimento ufficiale per la propria attività, Current ha cambiato strategia, presentando un nuovo sito dove la centralità del network televisivo si è ridotta a favore della creazione di un peer-to-peer news and information network. Non più solo contest, corsi di produzione video online, network fra esperti di posizionamento luci e appassionati di regia o giornalismo, ma l’apertura della creazione di notizie, della contribuzione e dei commenti a tutti i frequentatori del sito. Don’t go it alone, recita il claim di presentazione, noi ti possiamo aiutare a costruire un network di social news, affiché tu possa sapere esattamente di cosa parlano i tuoi amici.

Nella front page sono adesso ospitati i migliori temi proposti dagli utenti; la colonna dei contest, ora assignment, è quanto rimane dell’antica vocazione di Current a diventare il collettore televisivo dei migliori video della Rete. Inchieste giornalistiche, proposte di stories negli ormai classici VC2, advertising per sponsor nel V-Cam, semplici richieste di opinioni testuali sono alcune fra le principali categoriee di assignment; ognuno di questi riporta una scadenza come da tradizione, ma per i temi più generali come «la tua opinione sulle torture in periodo di guerra» la data è fissata ad un anno di distanza. Un’apposita sezione del sito raccoglie i viewpoint degli utenti, brevi video girati con la webcam in risposta ai temi caldi, per i quali Current promette che «se ti unirai alla conversazione, potrai vederti in tv».

Nella nuova impostazione è evidente un’impennata verso il basso del target e un impoverimento del virtuoso meccanismo agonistico-produttivo. Nulla dell’apparato di news sociali sembra essere inserito in una struttura di interazione che determini la possibilità di un accesso alla programmazione della tv, nessun collegamento fra le istanze della Rete, intese come urgenze e preferenze dei frequentatori del sistema di social media, sembra in grado di interagire in trasparenza con il contenuto e l’indirizzo delle trasmissioni televisive.

Che ne è quindi del network televisivo che avrebbe dovuto unire la televisione a Internet? Pur senza affidarsi a nessun comunicato ufficiale, quel che probabilmente Hyatt e Gore ci stanno dicendo è che l’esperimento della trasmissione di video Pod provenienti dalla Rete, il primo vero esempio di raccolta di user generated content video come core della programmazione di una rete televisiva, non è stata una strategia vincente. Current ha probabilmente pagato lo scotto della predominante amatorialità dei contributi, o forse l’eccessiva localizzazione dei temi proposti, raccolti da una Rete (globale per definizione), ma trasmessi solo sugli Stati Uniti. A questo ha cercato di rimediare espandendosi su Regno Unito e Irlanda con gli accordi con Sky e Virgin Media, in probabile ritardo sui tempi. O forse, il lancio dei contest non è stato un efficace meccanismo di riduzione della pluralità di voci della Rete in un’unione di intenti, e la complessità dei contenuti di Internet si è tradotta in una scarsa produzione di pochi affezionati individui.

Quello che è certo è che Current, trascinata dall’esplosione del social networking e dal modello di news partecipativa di Digg, sta tentando un rilancio percorrendo la strada del social media e, nel farlo, ha dato vita a un meccanismo che segna una nuova separazione fra Internet ed il mezzo televisivo. Quello fra televisione e Internet sarà quindi un matrimonio impossibile? Sulle strategie future del network televisivo americano, considerato che il meccanismo generale del sito non ha nulla a che vedere con la precisione, la trasparenza e l’integrazione della versione precedente, non si possono che fare delle ipotesi:

  1. Quella del 15 ottobre è una partenza in sordina. Nessun sistema di social media potrebbe funzionare completamente se non dopo aver raccolto una base di utenti sufficientemente attivi da farlo vivere. Per questo motivo nel quartiere generale di San Francisco hanno pensato a un cambiamento senza tanti clamori, affidandosi al passaparola. Quello che Current vuole fare è la vera rivoluzione della tv user generated con temi e contenuti legati alla sensibilità della community, una specie di Cnn dal basso. Entro sei mesi, se tutto andrà per il verso giusto, Current aprirà il meccanismo che darà la possibilità ai contenuti caricati direttamente dagli utenti di entrare a far parte della palinsesto on air, e non lascerà questa possibilità ai soli VC2 ricevuti in base agli assignment. Diventerà la news tv della Rete a tutti gli effetti, completando un’unione considerata finora impossibile.
  2. La tv fatta dal popolo è un concetto superato, e la creazione di un meccanismo alla Digg sul sito risponde a questa convinzione. Current è tornata alla forma classica della televisione fatta da conduttori, autori e produttori, nella quale il materiale della Rete resta al suo posto. La home page, e tutti i topic raggiungibili dal sofisticato sistema di ricerca del sito sono in realtà una bacheca da cui conduttori e producer del canale possono liberamente attingere per sondaggi simil rappresentativi, note di colore ready made e materiale gratuito per allungare il brodo. Gli assignment scompariranno gradualmente nei prossimi mesi, segnando il definitivo abbandono della strategia user centered, oppure rimarranno solo nella forma general o viewpoints aperti a tempo indefinito.
  3. Current si assesterà sull’attuale dimensione ibrida fino alla risoluzione dei punti chiave tuttora aperti: la schiacciante separazione fra la volontà di realizzare una tv espressione della Rete globale e la mancata presenza sull’intero territorio mondiale, la concreta impossibilità di gestire le enormi quantità di materiale ricevuto in caso di reale funzionamento di una comunità produttiva realmente partecipativa, la non sicurezza e la non tempestività di un meccanismo di validazione dal basso da parte della comunità rispetto alla varietà (e talvolta all’urgenza) dei temi.

Fra tutte, l’ultima delle ipotesi sulle future strategie di Current è la più significativa, perché è quella che in qualche modo mette in discussione il concetto stesso di interattività televisiva, o meglio, quel livello massimo di interazione che visionari e sognatori avrebbero immaginato nel paradiso del telespett-autore: una tv a immagine e somiglianza dei suoi spettatori.

Forse Hyatt e Gore hanno semplicemente ripreso in mano le briglie della loro impresa. Si sono ricordati di essere editori, e lo hanno fatto dopo essersi amaramente resi conto che la televisione, quella trasmessa via etere, è per definizione uno strumento unidirezionale, nel quale gli utenti intervengono sui contenuti dei programmi on air solo marginalmente attraverso le chiamate del televoto o con gli sms. Seduti a un tavolo riunioni, o per una volta sprofondati nel divano di fronte alla tv, devono aver ripensato alla loro strategia considerando che, forse, l’unica cosa che è possibile regalare al telespettatore è un’illusione, l’effimera sensazione di un destinatario che si ricongiunge al mittente.

La creazione di uno schermo che diventa specchio solo per un attimo, non più lungo della pressione di un tasto sul telecomando, il momento esatto in cui la volontaria sospensione dell’incredulità svanisce per farci ricordare che ciò che scegliamo è proprio l’intervento necessario e rassicurante di un editore, l’espressione di un punto di vista considerato autorevole, l’incessante ricerca di un punto di riferimento sociale e culturale, di un qualcuno che ci spieghi quale sia la verità e possibilmente garantisca responsabilmente per essa.

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