La prima volta che ho sentito parlare del progetto CoderDojo fu nel maggio 2014 a Bologna in occasione del convegno Il digitale a scuola. A convegno terminato, nel pomeriggio, finito il convegno, alcuni degli organizzatori mi proposero di andare con loro nella bellissima Biblioteca Salaborsa e assistere all’incontro CoderDojo.
E così poco dopo mi ritrovai in una sala piena di computer portatili e di bambini che entusiasti smanettavano con vari software presentati e spiegati da alcuni adulti volontari. Da quel momento, e soprattutto in questi ultimi mesi, ho visto aumentare in modo esponenziale eventi e iniziative varie sotto il nome CoderDojo (che ha un curioso etimo nipponico), tutte volte ad introdurre all’informatica i più piccoli, con un approccio ludico ma comunque sempre didattico e istruttivo.
Ho scoperto che la Lombardia e soprattutto l’area di Milano sono tra le zone più attive, non solo a livello italiano ma anche europeo. La città in cui attualmente vivo (Pavia) si difende bene; e nella limitrofa Voghera, grazie alla dedizione di alcuni genitori appassionati (tra i quali annovero con piacere vari amici personali), le iniziative si sono moltiplicate e hanno riscosso indiscusso seguito.
Questo sabato di Halloween, proprio in una scuola media di Voghera è stato organizzato un incontro CoderDojo a tema streghe e mostri; incuriosito, sono andato a dare un’occhiata e scattare qualche fotografia. Quando sono arrivato, effettivamente sulla lavagna interattiva multimediale (LIM) dell’aula era proiettato il disegno di una streghetta sviluppata con il programma Scratch; l’obiettivo era creare un piccolo videogioco in cui la strega, in volo sulla sua scopa, dovesse sfuggire all’attacco dei pipistrelli.
Ovviamente streghe e pipistrelli, nonché i dolcetti diffusi durante la giornata, non erano altro che il pretesto simpatico per mostrare attivamente ai bambini cosa significhi sviluppare software e nello specifico sviluppare qualcosa con cui poi essi potessero giocare.
I mentor (così si chiamano i volontari che animano queste giornate) mostravano ai bambini i segreti della programmazione a oggetti, anche passando tra i banchi e assistendoli sui loro computer personali.
Uno di loro mi ha poi mostrato la recentissima traduzione italiana di CoderDojo ECHO, il documento-manifesto in cui sono descritti i principi cardine del progetto. Nel capitolo 7 si spiega:
Sino dalla sua fondazione CoderDojo si è basato su un modello open source: chiunque, dovunque viva, può avviare un Dojo al solo patto di rispettare lo spirito e i valori di CoderDojo. Come avviene nella comunità degli sviluppatori open source, i Campioni e i Mentori di CoderDojo sono parte del network e del movimento globale CoderDojo. Ciascuno è incoraggiato a condividere le proprie idee e a suggerire miglioramenti. Kata, l’archivio online di contenuti e conoscenze della comunità CoderDojo, è il luogo di riferimento per condividere risorse ed esperienze.
Insomma, il modello open, inteso non in senso strettamente tecnologico, anche in questo campo è diventato ingrediente essenziale e va a formare un essenziale pilastro teorico del movimento, assieme alle teorie di Seymour Papert sul costruzionismo.
I prossimi appuntamenti per i follower di CoderDojo di Pavia e provincia sono il 28 novembre ancora a Voghera (Liceo Galilei) e il 12 dicembre al Polo Tecnologico per un incontro di più ampio respiro e rivolto anche a genitori e curiosi. Ma vi basta seguire le varie community online (mailing list, gruppi Facebook eccetera) per scoprire che sicuramente anche vicino alla vostra città ci sarà a breve qualche incontro.
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