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Dall’etica hacker al copyleft per il magma digitale

13 Giugno 2005

Dall’etica hacker al copyleft per il magma digitale

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"Copyleft & opencontent" e "Open non è free", recenti uscite italiane che affrontano senza timore due temi cruciali dell'odierna Internet

Pur nel gran vortice commerciale dei nostri giorni, internet resta una creatura magmatica e, per molti versi, imprevedibile. Incluse le sperimentazioni derivanti da percorsi tutt’altro che isolati quali la libertà di licenza e l’etica hacker. Temi questi di ampia portata e certamente complessi, affrontati da due testi italiani di recente diffusione. Nel primo caso, si tratta di Copyleft & opencontent, l’altra faccia del copyright, dove Simone Aliprandi sviluppa la sua tesi universitaria per offrire una panoramica sulla “nuova cultura opensource e opencontent derivata dall’avvento rivoluzionario di Internet e della multimedialità”. Il secondo titolo è “Open non è free: Comunità digitali tra etica hacker e mercato globale”, lavoro a più mani realizzato dal gruppo online Ippolita, dove si suggerire come la cultura hacker oggi stia elaborando “nuove vie di fuga, insistendo sulla forza delle comunità e sulla responsabilità delle scelte individuali”.

Contemporaneamente alla disponibilità online sotto Creative Commons, quest’ultimo volume è stato appena stato pubblicato in formato cartaceo da Elèuthera, editore che da qualche tempo diffonde sul proprio sito testi vari sempre con licenza Creative Commons: non solo materiali di commento e approfondimento, ma anche il testo integrale di interi volumi già reperibili in libreria. “Open non è free” vuole sostanzialmente fare chiarezza sulle “banalizzazioni ridicole dell’attivismo digitale”, troppo spesso diffuse in giro, e sulla spettacolarizzazione di quanto si muove al di sotto e al di fuori dei giri mainstream. Un’esplorazione più che necessaria, visto che l’avvento del software libero e open source ha risvegliato l’interesse del mercato verso le pratiche di condivisione e cooperazione, con tutti gli sconquassamenti del caso.

Il percorso qui proposto non vuole arrivare a certezze tanto immutabili quanto inesistenti, ma piuttosto offrire una serie di materiali, spunti e background utili far pensare con la propria testa, per trovare sbocchi personalizzati, per inventare il futuro. Come insiste la chiusura della prefazione: “Se questo libro vi darà delle risposte e lo chiuderete colmi di sicurezze e gratificazioni, avremo fallito. Speriamo che questo libro vi deluda: siamo certi che non sia abbastanza e perciò speriamo che vi spinga a dire la vostra, ad agire in prima persona, magari a prendervi uno spazio di elaborazione e scrittura collettiva, usando e migliorando gli strumenti che qui abbiamo testato… Solo così il meccanismo della delega, almeno per una volta, sarà accantonato: confidiamo nell’assunzione diretta di responsabilità, per la creazione di dinamiche impensate di autogestione”. Il testo spazia così dai codici, ai metodi e tattiche alla strategia economica dell’open source, passando per una sintesi storica del movimento del software libero e della filosofia GNU, senza dimenticare brevi appendici più tecniche. Materiale che merita certamente di essere masticato e digerito con calma, soprattutto per la net-generation più giovane, per poi dar vita ai rilanci di un futuro prossimo tutto da scrivere. Ricordando comunque che, mentre “la fluidità delle reti diventa flessibilità totale, la necessità di connessione per comunicare diventa lavoro 24 ore su 24”, la cultura hacker resta fedele alle proprie radici e proponga rilanci a tutto campo.

In questo scenario bene s’inserisce la panoramica sulla libertà di licenza (e di cultura) offerta da “Copyleft & opencontent”, toccando cioè una questione assai bollente non solo dentro internet, quella relativa alla trasformazione in atto dei diritti di proprietà intellettuale. Il volume cartaceo è edito da Prima Ora e la versione elettronica, insieme ad altre informazioni a tema, si trova all’interno del “sito italiano dedicato al copyleft“. Anche qui non manca una breve disamina storica della cultura hacker, della svolta imposta dall’arrivo di Linux e del software libero come nuovo modello di business, per passare poi alla spiegazione delle licenze ‘aperte’ in ambito software (GPL, BSD, Mozilla Public License, Open Source Definition, etc.). Il punto caldo del lavoro riguarda, comunque, l’applicazione di analoghe procedure al mondo non-software, all’ambito culturale-artstico in senso lato. Viene così presentato l’uso del copyleft, meglio noto come permesso d’autore, nella documentazione e nella manualistica, nei testi di compilazione (enciclopedie, dizionari, banche dati) e infine nel fiume di opere artistico-espressive attivato dall’innovazione tecnologica, dove spicca ovviamente la crescente adozione delle Creative Commons. In chiusura si affrontano le implicazioni giuridiche e le prospettive del copyleft, con l’annessa serie di documenti con i testi italiani delle varie licenze esaminate.

Un lavoro divulgativo puntuale e documentato, che presenta gli strumenti oggi disponibili a qualsiasi autore-artista onde diffondere le proprie opere al di fuori dei legacci di un diritto d’autore che va sempre più rivelandosi inadeguato alla fluidità del medium digitale, nonostante le folli manovre in atto da parte delle major. Importanti anche le spiegazioni passo passo nell’utilizzo delle varie licenze, insieme agli eventuali impicci giuridici legati a tali utilizzi. Anzi, quest’aspetto giuridico-legale è ancora da definire con chiarezza, e non potrebbe essere altrimenti, perché il tutto va “concepito necessariamente in un’ottica di armonizzazione delle discipline internazionali, possibilmente con un avvicinamento da parte delle politiche legislative di common law al modello di proprietà intellettuale europeo”. Scenario in cui, Lessig insegna, il permesso d’autore (copyleft) appare senza dubbio una ragionevole forma di sperimentazione. Come non manca di sottolineare la stessa conclusione del lavoro di Simone Aliprandi: “In attesa di simili auspicabili sviluppi, il copyleft, nei modi e nelle forme delineati in questo saggio, si pone come una legittima e interessante prospettiva per un’informale innovazione dei criteri di fondo che ispirano la diffusione della cultura e della creatività nella cosiddetta società dell’informazione”.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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