Ciao Daniele, ci racconti chi sei e che cosa ti ha portato a conoscere il web 2.0?
Mi sono laureato in laureato in Disegno Industriale presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino e da li è nata la mia passione per la progettazione a 360°. Partendo dal design ho sviluppato competenze parallele e complementari anche in discipline come il marketing e l’economia, fino ad arrivare alla progettazione di sistemi di business sul web e poi sul web 2.0. La mia precedente esperienza è stata quella di Direttore Marketing di Bakeca.it dove ho avuto modo di sviluppare strategie che incentivassero gli utenti a inserire contenuti all’interno del sito in modo da far incontrare domanda e offerta. Attualmente mi sto focalizzando sullo sviluppo di prodotti informatici innovativi nel settore della telefonia e di internet.
Entriamo subito nel cuore dell’intervista. Come è possibile sviluppare e finanziare progetti innovativi in Italia? Bisogna necessariamente entrare in contatto con grandi realtà industriali o venture capital?
No. Credo che il venture capital italiano non risponda bene al nostro settore e spesso non ci siano consulenti all’altezza di comprendere i business che si propongono. Dico questo poiché in questo ultimo anno ho cercato business angel o finanziatori, con risultati veramente deludenti anche dal punto di vista umano. Ho perciò deciso di autofinanziarmi con un progetto che fosse interessante, innovativo e che allo stesso tempo potesse dare valore al denaro raccolto dagli utenti.
Ritieni sia possibile creare dei gruppi o realtà più ampie in grado di stimolare la crescita di nuove iniziative imprenditoriali o è veramente necessario fare tutto da soli?
Sono convinto che l’importante sia proprio aggregare persone.Il mio desiderio più profondo è mettere a fattor comune le mie idee e quelle dei giovani con cui lavoro da anni per sviluppare insieme nuovi progetti. Sono sempre più convinto che solo il dialogo fra l’innovazione spontanea e il sistema produttivo rappresenti la leva strategica per lo sviluppo di nuovi business e per la creazione di stimoli e contatti.
Torniamo a Myminutes.org, il tuo primo progetto. Qual è l’idea di base e quale il modello di business?
Myminutes.org è un calendario emozionale collettivo: 1 anno, 365 giorni, 525.600 minuti, che si ripeteranno in eterno, per raccontare sogni, ricordi e avvenimenti nei 24 fusi orari in un progetto di partecipazione collettiva basato sul tempo e sullo spazio. La mia idea è creare la prima community che raccolga i minuti più belli vissuti dal genere umano, un portale nel quale è possibile fissare i momenti più significativi della propria vita in una sorta di calendario perpetuo universale, condiviso con tutto il mondo. Il proprietario del minuto potrà ogni anno vedere nuovamente i suoi contenuti in home page, dato che il mio obiettivo è mantenere il servizio online per sempre. Il modello di business è molto semplice: per ogni minuto viene chiesto un piccolo contributo simbolico di 1 euro più spese di mantenimento e tasse. Utilizzerò il ricavato per finanziare nuove iniziative web 2.0.
Se ho ben capito il numero dei minuti che è possibile acquistare è fissato. Cosa succederà quando tutti i minuti saranno stati assegnati?
Giusto, il numero è fissato a 525.600 minuti, che equivalgono a un anno solare assoluto. Ogni anno i minuti saranno visualizzati nuovamente alla stessa ora. Una volta terminati i minuti, questi si potranno richiedere solo alle persone che li hanno già acquistati. Ciò sarà possibile solamente se il proprietario del minuto avrà dato la sua disponibilità al momento dell’acquisto e avverrà tramite un contatto diretto. L’utente potrà pertanto rivendere i suoi minuti a chi vuole senza dover nulla a Myminutes.org. Un mio amico, ad esempio, voleva acquistare un minuto particolare (che non posso svelare) e rivenderlo su eBay.
Come pensi di far evolvere questa iniziativa?
Mi piacerebbe molto far evolvere Myminutes.org in un progetto socialmente utile creando uno strumento che possa catalogare l’informazione in una modalità nuova. Questo sarà possibile solamente con l’aiuto di una fondazione o di un ente finanziatore.
Quali altre iniziative stai lanciando?
Myminutes.org è solamente la prima di una serie di iniziative, ma spero faccia da motore per altri progetti. Mi piacerebbe parlarvi di un progetto in particolare. Oggi, la sfida è sviluppare nuovi modelli di comunità sociali ancor più efficaci nel rispondere ai bisogni degli utenti, se possibile direttamente offline, nella vita di tutti i giorni e nel luogo dove si trovano. Agli inizi degli anni 70, Stanley Milgram è stato incuriosito da quello che ha chiamato l’effetto familiar stranger – persone che si riconoscevano l’un l’altro nella vita pubblica ma che non interagivano mai. Con i suoi esperimenti, Milgram ha scoperto che è più probabile che queste persone abbiamo scambi una volta rimosse dalla situazione in cui erano familiar stranger. Per esempio, due persone che prendono lo stesso bus ogni giorno e che per anni non interagiscono, potrebbero invece salutarsi e magari diventare amici se si incontrassero in un posto differente in città. Questi concetti si possono applicare per realizzare nuove forme di social networking.
Come si differenzia questa idea rispetto agli altri social network oggi sul mercato? Puoi dirci di più?
Non posso dare molti più dettagli per ora. In linea generale, vorrei realizzare un nuovo tipo di social network che possa facilitare quegli incontri che nel mondo reale sarebbero difficoltosi e sono convinto che mettere in relazione persone in modo semplice e divertente sia essenziale non solo per raggiungere il successo sul web, ma specialmente per migliorare la qualità della vita di tutti noi.
In base all’esperienza che stai acquisendo con Myminutes.org, quale ritieni sia il vero principio rivoluzionario nel web 2.0 ed in che modo questo principio sta influenzando le nuove applicazioni web e le abitudini di noi utenti?
Credo che la chiave sia il fare sistema. Ogni cosa al mondo è composta da sistemi. Il web 2.0 li crea nel web aggregando, catalogando e ordinando dati, informazioni, conoscenze, idee, pensieri. In una coscienza generale e condivisa dove ogni singolo fa parte del tutto e dove la qualità e il valore vengono generati dai contributi degli stessi elementi del sistema. Oltre al web 2.0 io credo più in generale nell’economia 2.0. Se un sito inizia a valere lo si deve spesso ai contributi dei singoli utenti che giorno dopo giorno lo migliorano, lo arricchiscono e gli creano un’anima. Questo vuol dire che fondamentalmente la ricchezza e il valore del progetto in qualche modo devono essere ridistribuiti agli utenti stessi. In futuro, vorrei sviluppare modelli di business che tengano conto di questi principi.
Pensi quindi che la strada eticamente ed economicamente più azzeccata per monetizzare i contenuti generati dagli utenti sia quella del paid user generated content e del revenue sharing? Ovvero condividere i guadagni con gli utenti che hanno generato quei contenuti?
Secondo me la strada giusta è dare il corretto valore alle persone. L’etica deve essere la base dei progetti che gli esseri umani realizzeranno nei prossimi anni. Si impone una scelta epocale: la rinuncia all’accentramento dei capitali e la valorizzazione degli elementi che li hanno generati. Per questo, i progetti che vorrei realizzare dovrebbero dare valore agli utenti sia in termini di guadagno di denaro (una volta raggiunte le masse critiche), sia in termini di soddisfazione delle proprie esigenze personali che rimangono il motivo principale per cui contribuire alla comunità.
Come è possibile aiutare il nostro mercato a prendere coscienza e sfruttare i cambiamenti che si stanno attuando sul web?
Il mio primo progetto è stato Altrementi, un gruppo di persone che condividono una visione comune: una massima socializzazione della conoscenza, attraverso la costituzione di una comunità aperta a tutti coloro che vogliono esprimere il proprio estro creativo e renderlo visibile al mondo industriale tramite mostre, eventi, dibattiti, concorsi e attraverso la pubblicazione di una rivista, vetrina di progetti, risultati di ricerche e lavori di design, grafica eccetera. Anche in ambito web 2.0 c’è l’esigenza di un’organizzazione che permetta di convogliare le innovazioni spontanee di giovani creativi, ingegneri, designer e di metterle in comunicazione con le realtà aziendali del nostro paese. L’altro elemento fondamentale è l’esempio attivo: darsi da fare per cambiare concretamente la realtà in cui viviamo ed operiamo. Il mio sogno è investire bene i pochi soldi dei minuti per realizzare altri progetti, sperando che possano piacere di nuovo e generare altro valore. Dal 2003 cerco di sottolineare e spiegare l’importanza di un giusto rapporto fra innovazione e sistema produttivo. I risultati non sono stati sempre incoraggianti e credo ci sia ancora molto da fare. Mi chiedo a volte a cosa sia servito darmi un’istruzione al Politecnico di Torino e poi alla Facoltà di Economia e Commercio, se quando tento di applicarla trovo spesso porte chiuse e mi sento costretto a emigrare. La strada giusta è però il non mollare, provando a dare una risposta tangibile come sto facendo con Myminutes.org.
Mi sembra un’ottima strada e sono convinto che si possa fare molto in Italia. Per concludere l’intervista: chiudi per un attimo gli occhi ed immaginati tra 5 anni. Come vedi questo tuo lavoro di creazione di nuovi spazi ed energie? Quali risultati vorresti aver raggiunto per te e per il nostro mercato?
Se li chiudo bene e immagino senza paura, vedo imprenditori e finanziatori che comprendono meglio il valore delle idee e sono più predisposti verso la realizzazione di nuovi progetti Internet in un clima in cui sia più facile creare e sperimentare. Alcuni progetti funzionano, altri ovviamente no, ma spero si possa in futuro respirare una maggiore aria di passione e di sfida che renda più stimolante il fare la propria parte. Certo spetta a noi rendere possibile questo scenario in Italia.