Ho trascorso una giornata al Salone del libro di Torino 2013 abbastanza di sorpresa. Alle fiere preferisco eventi circoscritti e il piano originale prevedeva il rientro al termine di una succinta presentazione mattutina.
Prediligo eventi più piccoli perché nelle grandi fiere trovo per definizione tutto e il suo contrario. Sono popolate di realtà sostanzialmente impossibili da incontrare altrove e dispersive – per me – quando si tratta di cercare proprio ciò che mi interessa. Si incontrano persone straordinarie e altre meno, in condizioni ambientali che complicano la selezione. Discorsi profondi si alternano a rumore gratuito e nuove idee a vecchi gadget. Ammetto che molto dipenda dalle mie idiosincrasie.
#salto13 fatto il pieno di cultura, di libri, di immagini, di suoni e presenze, gusti ed atmosfere
— pabba60 #facciamorete 🇪🇺 #apriteiporti (@pabba60) May 20, 2013
Senza pretesa di misurazioni, confronti, analisi o conclusioni articolate, e forte di una consistente assenza dalle edizioni precedenti, ricordo di questo Salone una quantità impressionante di editori. A tutti i livelli di specializzazione, ai limiti dell'imbarazzante. Se dovessi giudicare dalla mia esperienza, rigetterei tutte quelle considerazioni demografiche che parlano di lettura come cosa da seconda e terza età: escluse comprensibilmente le classi primarie che sciamano spinte dai docenti più che dalla febbre del libro, i giovani ansiosi e appassionati sono tanti, attivi, eclettici. I risultati pare si siano visti, stando alle voci ufficiali:
Ottimi i risultati delle vendite negli stand. Il trend è in crescita per quasi tutti gli editori, compresi i grandi marchi. In generale si è registrato un incremento medio delle vendite del 20% negli stand, dal +10% del gruppo Gems fino all’exploit del +40% di Feltrinelli grazie anche al traino di Zero Zero Zero di Roberto Saviano, di cui sono state vendute più di mille copie. Anche gli altri grandi marchi hanno riscontrato una crescita importante: Mondadori +15%, Einaudi +15%, Rcs +15%.
Il senso comune vuole che i giovani siano più attirati dal digitale che dalla carta tradizionale. Eppure, traboccante di giovani com'era, l'apparenza del Salone diceva carta, carta, carta ovunque. I segni del (problematico) nuovo, intendiamoci, erano bene evidenti: qua e là un Kindle o un succedaneo, stand di case editrici piccole quanto agguerrite che esistono solo nel digitale, la presenza straniante più o meno nell'ombelico della fiera di un espositore improbabile eppure inevitabile di nome Unieuro.
Detto questo, ho visto pulsare la carta e gli scaffali. Stand come Kobo oppure Sony, tanto traboccanti di batterie di e-reader quanto ricchi e curati per attirare gli sguardi e le visite, spiccavano per freddezza, popolati al più da adolescenti stanchi o desiderosi di socializzare a prescindere dalla letteratura. Il movimento, il calore, gli affollamenti interessati riguardavano più gli atomi che i bit.
Essere al #SalTo13 è stato chiudere il cerchio.Il luogo reale di persone e sentimenti.#IlsensodiLeucò.@piervaccaneo @torinoanni10
— stefania stravato (@FannyStravato) May 20, 2013
Sensazioni, impressioni, immaginazioni. Che poi sono risultati tipici del leggere. Quest'anno, in visita inaspettata al Salone del libro, mi sono ritrovato a guardarlo (il libro, il Salone) con amore.