Andrew Sullivan è uno dei blogger più conosciuti e seguiti al mondo. A partire dalla fine di gennaio il suo blog The Dish smetterà di essere ospitato sulle pagine del Daily Beast e tornerà a essere indipendente.
Così Sullivan ha commentato la vicenda in un suo lungo post:
Quando mi sono imbattuto per la prima volta nei blog, dodici anni fa, è stato per due ragioni: curiosità e libertà.
Il modello di business scelto è semplice: farsi pagare per farsi leggere. Sullivan chiede una donazione di (almeno) 19,99 dollari l’anno per poter accedere ai contenuti più lunghi e – verosimilmente – più interessanti. Tutto il resto – compresi i feed RSS e il traffico proveniente dai link esterni – resta gratuito, accessibile a tutti.
Nel caso di Sullivan – a differenza di quanto succede con i paywall delle testate giornalistiche – monetizzare l’accesso non è tanto una pratica di esclusione, quanto un modo per stabilire l’appartenenza a una comunità e rafforzarla (l’appartenenza e la comunità). Come scrive Felix Salmon:
Il vero parallelo in questo caso non va fatto con i paywall editoriali, ma con i progetti finanziati su Kickstarter. È bello aiutare qualcosa che si ama e che si ammira.
In una settimana, The Dish ha raccolto circa 400.000 dollari, la metà di quanto serva a sostenere un anno di attività. Alla base del suo successo c’è il lavoro costante e assiduo intorno e dentro la comunità dei propri lettori: senso di appartenenza, coinvolgimento nelle scelte editoriali, condivisione e racconto della vita del prodotto. Sullivan non costringe nessuno a pagare: chiede a chi si sente già parte di una comunità di sostenerla e aiutarla a vivere e a crescere.
In New Rules for the New Economy (scritto nel 1998), Kevin Kelly (allora executive editor di Wired) sostiene che:
Via via che i network assorbono ogni sfera del commercio, l’obiettivo principale di un’azienda passa dal massimizzare il suo valore a massimizzare il valore del suo network.
L’applicazione pratica di questo approccio è nel ribaltamento dell’approccio di marketing classico: market first, publish later, dove l’azione di marketing è diretta alla comunità di persone interessate all’argomento della pubblicazione e – verosimilmente – alle attività del suo autore.
È importante essere chiari: non si tratta di marketing virale, né di sovrasposizione mediatica dell’autore. Al contrario, si tratta di un processo lungo – almeno un anno – che deve iniziare con la stesura del libro (di cui si può condividere la lavorazione) e che per avere successo deve essere spontaneo, non limitarsi a sembrarlo: deve avvenire per necessità, ponendosi in un gruppo di pari.
Un buon proposito per l’editoria del 2013.