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Cresce l’allarme per il decreto antipirateria

27 Gennaio 2009

Cresce l’allarme per il decreto antipirateria

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Anticipata da Altroconsumo, ma sconfessata dall'ente che si credeva promotore, una proposta di legge fa discutere per le insidie che comporterebbe per utenti e provider, lasciando presagire importanti interventi sul diritto d'autore in Italia

La bozza di proposta di legge segnalata sul sito di Altroconsumo sta generando allarme tra chi segue le vicende relative alla disciplina di diritto d’autore e nuove tecnologie nel nostro paese. Non sono solo gli utenti, però, a essere preoccupati per il contenuto del provvedimento: la stessa Siae, che secondo la notizia inizialmente diffusa da Altroconsumo avrebbe avuto un ruolo centrale riguardo la paternità della proposta di legge ne ha invece preso le distanze attraverso un comunicato stampa. Le maggiori critiche evidenziano, infatti, l’incongruenza dell’emanazione di una proposta di legge proprio pochi giorni dopo l’insediamento presso il governo del Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale, il quale ha fra le sue funzioni istituzionali proprio quelle di predisporre proposte normative per il settore. In modo particolare il Comitato ha reso nota l’intenzione di collaborare con tutti i soggetti interessati.

Proprio per questo motivo, la circolazione del testo della proposta di legge che, attualmente, non è ufficialmente rivendicata da alcun soggetto istituzionale, genera preoccupazione e il sospetto che esista già a prescindere dalle eventuali consultazioni, un’idea precisa di come regolare gli assetti del settore. In attesa di ulteriori sviluppi, passiamo a esaminare le questioni più problematiche della proposta di legge.

Piattaforme telematiche

Secondo la bozza di proposta di legge diffusa da Altroconsumo, il Governo (art. 3) è delegato ad adottare entro 18 mesi dall’entrata in vigore della legge un decreto legislativo «concernente l’istituzione e la disciplina di piattaforme telematiche nazionali». L’articolo 2 del provvedimento, infatti, prevede l’istituzione di piattaforme telematiche «per l’immissione e la fruizione legittime e gratuite di opere di ingegno». Nella relazione che accompagna il provvedimento non appare alcuna descrizione di che cosa debbano essere di preciso tali piattaforme, ma l’articolo è sufficientemente descrittivo nel senso di far ritenere che esse debbano essere realizzate dai prestatori di servizi della società dell’informazione, cioè dai provider.

L’articolo specifica come all’interno di tali piattaforme (incentivate dallo Stato, come specifica il primo comma dell’articolo 2 della bozza della proposta di legge), sarà inserita pubblicità e avranno lo scopo di erogare contenuti protetti da diritto d’autore al fine di sponsorizzare i relativi titolari di diritti. Sembra, in sintesi, che il Governo voglia promuovere la diffusione legale di opere di ingegno all’interno di un canale dedicato, attraverso il quale sarà possibile per gli utenti fruire delle opere di ingegno ivi contenute senza violare la legge sul diritto d’autore. Lo scopo è di riuscire a remunerare i titolari di diritti d’autore per ogni singola utilizzazione attribuendo ai provider l’obbligo di controllarne l’utilizzazione e, soprattutto, di permettere così alla Siae di rendicontare l’utilizzo di tali contenuti in modo che essa possa poi procedere a remunerare i titolari di diritti in base all’uso effettivo.

Sembra che l’obbligo di controllo sull’utilizzo dei contenuti imposto ai provider possa essere, se la bozza di proposta di legge sarà approvata così come è, regolato dalla legge e non, come sinora è stato, dai termini contrattuali previsti dalle licenze stabilite con la Siae. L’articolo 171 lettera d), infatti, già punisce chiunque «riproduce un numero di esemplari o esegue o rappresenta un numero di esecuzioni o di rappresentazioni maggiore di quello che aveva il diritto rispettivamente di riprodurre o di rappresentare», provider compresi.

Nella relazione informativa si legge, alla lettera b) dell’articolo 5 che è necessario «attribuire responsabilità ai prestatori di servizi (internet provider, società di telecomunicazioni ecc.) che oggi si avvalgono dei contenuti ma non remunerano i relativi titolari di diritti». La formulazione letterale della frase sembra qui esprimere un giudizio di valore evidenziando come nell’idea degli estensori della proposta i provider generino introiti non meritati grazie ai contenuti tutelati diritti d’autore, poco considerando i guadagni invece effettuati grazie alla connettività che offrono. È evidente che si tratta di una posizione che riflette un interesse particolare e non generale.

C’è da dire che la Siae ha precise licenze volte alla utilizzazione dei contenuti tutelati da diritti d’autore relativi alle opere dei titolari di diritti che hanno affidato ad essa il loro repertorio. E, di fatto, utilizzare contenuti protetti senza autorizzazione, è già illegale nel nostro paese e, peraltro, facilmente sanzionabile dato che qualsiasi erogazione o utilizzazione illegittima di un contenuto protetto attraverso internet da parte di un provider è pubblica, come ad esempio è successo per Tiscali lo scorso settembre, denunciata dalla SIAE per avere pubblicizzato mostre ed eventi artistici utilizzando riproduzioni di opere d’arte senza avere richiesto i relativi diritti di riproduzione alla Siae.

La creazione di piattaforme ad hoc, quindi, sembra avere come scopo principale il controllo centralizzato dell’attività dei provider che si avvalgono di contenuti protetti quali immagini, riproduzioni di opere d’arte, cinematografiche, musicali e così via. La conseguenza immediata, sembra essere quella di escludere che qualsiasi attività volta a utilizzare per qualsiasi fine la riproduzione di un’opera di un artista tutelato dalla Siae avvenga al di fuori del contesto di dette piattaforme, perlomeno in capo ai provider. Sfugge, altrimenti, il senso della creazione delle piattaforme telematiche come ulteriore canale di erogazione dei contenuti controllato dalla Siae rispetto a quanto già previsto dalla legge sul diritto d’autore e alla conseguente attività della magistratura e forze dell’ordine.

Responsabilità dei provider

Il provvedimento non si limita a stabilire la semplice presenza dello strumento delle piattaforme dedicate per l’erogazione legittima dei contenuti. I provider sono, infatti, caricati dell’obbligo, come abbiamo detto, di rendicontare le singole utilizzazioni. Come faranno i provider a fare ciò? Filtrando l’accesso degli utenti ai contenuti? Conteggiando i download? E come dovrebbe avvenire, invece, il controllo di quelle opere inserite direttamente nelle pagine web – ad esempio immagini o testi – ad accesso pubblico? Dovrà essere necessario istituire credenziali di accesso per ogni singolo utente alle predette piattaforme telematiche?

Le problematiche sottese a una simile prospettiva sono particolarmente insidiose, non solo sotto l’aspetto del diritto d’autore ma anche e, forse, soprattutto, riguardo il diritto alla privacy degli utenti che accedono a tali contenuti, con ulteriori impliciti obblighi in capo ai provider (e, forse, alla Siae che riceve le rendicontazioni) in merito alle attività poste in essere dagli utenti e alla profilazione degli utilizzi delle opere protette. Chi tratterà tali dati? Chi ci assicura che non saranno utilizzati a fini commerciali? Difficile, allo stato dei fatti, pensare che un simile accentramento della fruizione delle opere di ingegno non venga anche utilizzato per analizzare e tarare il gradimento dei contenuti. E facile immaginare che se, come è presumibile, verranno utilizzate credenziali individuali di accesso, ogni utente potrà essere controllato negli usi che farà dell’opera protetta.

La proposta di legge, però, non si ferma a questo aspetto. L’articolo 3 alla lettera d) prevede una «attribuzione di specifici profili di diretta responsabilità civile, amministrativa e penale all’operato dei prestatori di servizi della società dell’informazione». In sintesi è chiaro che l’intento del provvedimento è caricare, come dalla frase espressa nella relazione illustrativa che abbiamo evidenziato in precedenza, i prestatori di servizi delle responsabilità conseguenti alla fruizione degli utenti dei contenuti protetti. Ricordiamo che in Italia esiste il decreto legislativo 70/03, emanato in attuazione della direttiva 2000/31 CE, il quale, all’articolo 14, stabilisce l’assenza generale di responsabilità e, pertanto, di obbligo di controllo per i fornitori di servizi della società dell’informazione a condizione che tali fornitori:
a) non diano origine alla trasmissione;
b) non selezionino il destinatario della trasmissione;
c) non selezionino né modifichino le informazioni trasmesse.

Ovviamente, nel caso in cui tali condizioni si verifichino (e nel caso della istituzione di piattaforme telematiche per l’erogazione di contenuti protetti esse si verificherebbero certamente) la responsabilità per i provider è già prevista nel nostro ordinamento. Non è chiaro, quindi, a quale altro tipo di responsabilità la proposta voglia arrivare con la previsione, a meno che dietro il provvedimento non si nasconda una ulteriore futura riforma del diritto d’autore tale da potere permettere nel nostro ordinamento l’introduzione di un istituto noto alla cronaca come “dottrina Sarkozy”, recente trend legislativo noto negli Stati Uniti e recentemente anche in Europa e abbracciato in Italia dal Comitato tecnico antipirateria. Si tratta, in sostanza, di attribuire al provider l’obbligo di sanzionare l’utente con lo stacco della connettività per conclamate violazioni di diritto d’autore commesse attraverso Internet dietro segnalazione dei titolari di diritti.

L’istituto è utilizzato negli Stati Uniti e ha possibilità di essere introdotto anche in Europa, allo stato attuale della legislazione dei vari ordinamenti, ma non in Italia. Nel nostro paese, infatti, le violazioni dei diritti d’autore costituiscono reati procedibili d’ufficio, mentre negli altri paesi gli stessi reati sono procedibili a querela di parte. Significa che mentre all’estero il titolare di diritti ha la possibilità di decidere se querelare un utente e fare partire il procedimento penale, in Italia deve essere la procura ad attivarsi con la conseguenza che è impensabile che il provider possa sanzionare un utente (anche dietro segnalazione del titolare di diritti) con la sospensione della connessione. Si può solo procedere con una denuncia, avviare le indagini, instaurare un processo. Il provider che rispondesse alla richiesta del titolare dei diritti senza l’intervento delle forze dell’ordine potrebbe, infatti, rischiare una denuncia per favoreggiamento con rischio di inquinamento delle prove ed elusione delle indagini che la procura deve fare per accertare il reato.

La proposta di legge diffusa da Altroconsumo, quindi, presenta diverse insidie e preannuncia, qualora dovesse essere ufficialmente approvata così come è, importanti riforme nel nostro ordinamento destinate a ripercuotersi in modo inedito sugli utenti e sui provider. Non ci resta che attendere una presa di posizione ufficiale da parte delle istituzioni competenti.

L'autore

  • Elvira Berlingieri
    Elvira Berlingieri, avvocato, vive tra Firenze e Amsterdam. Si occupa di diritto delle nuove tecnologie, diritto d'autore e proprietà intellettuale, protezione dei dati personali, e-learning, libertà di espressione ed editoria digitale. Effettua consulenza strategica R&D in ambito di e-commerce e marketing online. Docente, relatore e autore di pubblicazioni in materia, potete incontrarla online su www.elviraberlingieri.com o su Twitter @elvirab.

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