È vero: la crisi high-tech colpisce anche il mondo Linux. Ma il “movimentismo creativo” che lo ha caratterizzato da sempre si conferma elemento vitale per la sua ripresa nonché per un futuro comunque promettente. Ciò soprattutto in ambito più schiettamente commerciale, dove vigono quelle ferree leggi economiche che il free software mira a scardinare o quantomeno a re-impostare tout court. Un contesto assai dinamico in cui va segnalata la recente chiusura di SourceXchange, sito che voleva capitalizzare sull’entusiasmo dei programmatori open source. Dove cresce però al contempo la collaborazione a più livelli tra le svariate aziende Linux in circolazione. Spiccano le comuni proposte avanzate da Caldera e Turbolinux, la quale ha recentemente inglobato Linuxcare. Mentre tra le svariate iniziative in corso tra società minori, va tenuta a mente la partnership avviata tra l’israeliana Zend, focalizzata sulla commercializzazione di PHP, e Great Bridge per l’integrazione del medesimo software in sofisticati pacchetti per la gestione di database.
Lanciata nel 1999 dall’editore O’Reilly insieme a Hewlett-Packard, SourceXchange offriva risorse e contatti mirati a collegare tra loro la comunità degli sviluppatori open source direttamente con le corporation che necessitavano delle prestazioni di costoro. Il sostentamento delle attività del sito derivava da una minima fetta delle transazioni che andavano effettivamente in porto. Opzione dimostratasi tuttavia insufficiente a garantirne l’ulteriore sussistenza. In un breve messaggio distribuito online nei giorni scorsi, Brian Behlendorf, fondatore del popolare Apache e tra i promotori del progetto, dichiara con tutta franchezza che “non esisteva abbastanza business”. Mentre l’idea rimane comunque unica e conforme allo sviluppo del modello open source, spiega Behlendorf, i fatti hanno dimostrato che a tutt’oggi che il “progetto non è riuscito a raggiungere quel volume commerciale necessario per garantire il mantenimento del sito e l’evoluzione dell’offerta a fronte delle esigenze di sponsor e programmatori.”
Poco male, comunque. Anche perché a margine dell’iniziativa era stata fondata, dallo stesso Behlendorf ed altri, un’apposita start-up dedita allo scambio di codice open source, CollabNet. La quale ha poi leggermente modificato il proprio modello, offrendo consulenze alle grandi società e commercializzando software mirato alla collaborazione tra sviluppatori (in particolare la piattaforma SourceCast). Dopo aver raccolto investimenti da varie fonti, incluso il co-fondatore di Netscape Marc Andreessen, oggi CollabNet opera sotto l’ala di Sun Microsystems, fungendo da perno per diversi progetti di software open source ed offrendo servizi a nomi quali Oracle, Motorola e HP. Non ultimo, SourceCast è in diretta competizione con il similare servizio avviato da VA Linux, noto come SourceForge Onsite. Il tutto a ennesima dimostrazione del fatto che anche quando un progetto viene chiuso giocoforza, ciò va interpretato non come valenza negativa in sé quanto piuttosto come segno del continuo adattamento della comunità open source al fluttuante ambito commerciale in cui opera. Uno scenario confermato dalla crescente differenziazione di business model e pratiche operative degli ultimi tempi.
Ad esempio, i dirigenti di due grossi distributori Linux, Caldera e Turbolinux, scommettono su un roseo futuro in quest’ambito. “Quanto prima vedremo emergere concrete opportunità collaborative in aree dove francamente avremmo dovuto cooperare già da tempo,” afferma convinto Ransom Love, responsabile di Caldera. Ed auspica il contributo di altri soggetti nella realizzazione di promettente software gestionale quale Volution, prodotto dalla stessa Caldera. Ancora più elevate le speranze di lanciare finalmente in orbita il cosiddetto Linux Standard Base, progetto mirato all’unificazione delle versioni Linux attualmente in circolazione. Proposta sostenuta anche dal giro Turbolinux, i cui dirigenti prevedono uno “spostamento verso la neutralità”, grazie alla messa a punto di un’unica versione generica buona un po’ per tutti.
Una posizione che, va detto, finora non raccoglie il favore dei maggiori distributori, in primis il numero uno Red Hat. Secondo gli analisti di WR Hambrecht, “non esiste motivo alcuno per cui Red Hat debba collaborare con Caldera, Turbolinux o SuSE.” Il punto è che la società può vantare un buon livello di contante ed entrate regolari, confermandosi una delle poche realtà valide da qui ai prossimi anni. Non a caso Red Hat ha conquistato quasi il 70 per cento del mercato mondiale, mentre nessuno degli altri distributori supera il 10 per cento. Tanto è vero che, rivelano i dirigenti di Red Hat, l’ipotesi di collaborazioni esterne è stato più volte discusso e respinto, per concentrarsi invece alla produzione di software per gli ambiti più svariati, e puntato alla diretta competizione con giganti del tipo Oracle.
Comunque sia, start-up e aziende minori puntano non poco sul concretizzarsi di iniziative comuni. Ebiz Enterprises, ad esempio, ha recentemente acquisito Linuxmall.com e Jones Business Systems, mirando ai primi profitti entro l’estate. Obiettivo che la nuova coppia Turbolinux-Linuxcare si è invece prefissato per fine anno. Invece Great Bridge, società della Virginia che produce software per database basato sul progetto open source PostgreSQL, punta parecchio sul pacchetto software PHP. Oltre ad aver nominato nel proprio direttivo alcuni tra gli ideatori di tale software, ha già avviato una specifica collaborazione con l’azienda israeliana Zend, fondata da altri sviluppatori PHP. Iniziativa analoga a quella di ActiveState in British Columbia. Primo passo per spingere l’ulteriore diffusione di due affermati prodotti open source, Perl e Python, è stato l’inserimento dei rispettivi ideatori nel proprio advisory board. Mentre ancora Great Bridge si appresta ad integrare il software PHP nei propri prodotti per la gestione di database, annunciandone al contempo una versione che gira sia su Linux sia sul Solaris di Sun.
E con un tale livello di dinamismo e creatività, c’è da scommettere che il mondo Linux ed open source daranno ancora molto filo da torcere ai colossi informatici.