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Creatività e indipendenza resistono sul web

03 Maggio 2002

Creatività e indipendenza resistono sul web

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Net-radio in silenzio per protesta contro i balzelli pro-copyright, mentre i fumetti aprono nuovi orizzonti online.

C’è ancora spazio per la comunicazione e la creatività via Internet. Ciò nonostante l’appiattimento degli ex-new media e del pluralismo informativo perfino sul web. Uno scenario che qui negli Stati Uniti concerne ambiti meno battuti dal mainstream, ma proprio per questo essenziali nel fioritura di nuovi germogli. Prosegue così la battaglia delle web-radio contro possibili disposizioni (e tasse) pro-copyright, con azioni che ormai sforano nella disubbidienza civile. Mentre un settore editoriale una volta in auge ma da tempo in crisi, almeno oltreoceano, quello dei comics, spera di ritrovare nuova linfa vitale (e business) grazie alle ragnatela trasversale del web.

Come aggiornamento sulla situazione delle radio-web statunitensi, queste hanno dato vita ad un primo maggio assai diverso dal solito: sciopero. Centinaia di emittenti online hanno aderito alla giornata di protesta contro le proposte legislative che vorrebbero imporre ulteriori balzelli sul copyright. Proposte che, qualora approvate dal Congresso, comporterebbero l’immediata e definitiva chiusura per un gran numero di tali emittenti, in primis quelle indipendenti e locali. Radio Free Virgin, KZXU di Stanford University, Choice Radio e KING di Seattle sono solo alcune delle numerose web-radio che hanno incrociato le braccia per 24 ore, alcune restando completamente mute altre trasmettendo ininterrottamente annunci sulla questione o comunicati inframmezzati a musica registrata.

Una mossa drastica ma necessaria per rafforzare la protesta e il recente intervento pro-radio di alcuni parlamentari. Venti dei quali hanno inviato una lettera urgente al U.S. Copyright Office per assicurarsi che le nuove tasse, appunto, non finiscano per danneggiare i ‘Net broadcasters’. Come già segnalato, il balzello proposto è apparentemente minimo (0.0014 cent per ogni pezzo musicale trasmesso e per ogni ascoltatore online) ma si tramuta facilmente in migliaia di dollari se moltiplicato per le ore di trasmissione. Da notare come le emittenti tradizionali non siano chiamate a pagare tali royalty, visto il ruolo riconosciuto nella promozione di nuova musica. E mentre queste vantano un bacino d’ascolto nell’ordine delle centinaia di migliaia di ascoltatori, le circa 10.000 emittenti online ne raggiungono al massimo 50-70.000 al mese (quasi il 16 per cento dei circa 160 milioni di utenti Internet in USA). Per quelle che contemporaneamente trasmettono anche via Internet la tassa verrebbe dimezzata. Non ultimo, le stesse dovrebbero riempire cumuli di scartoffie per la stesura dell’elenco dettagliato dei pezzi trasmessi, con tanto di nome dell’artista e della canzone, titolo e album, etichetta, numero di catalogo, data e orario della trasmissione. Requisiti burocratici che qualcuno dovrà pur adempiere dietro relativi compensi. E se ancora non bastasse, chiariva un recente comunicato di EFF, il Copyright Office vorrebbe anche mettere a rischio la privacy degli utenti. Le emittenti dovrebbero perfino raccogliere e segnalare i dati personali sui singoli utenti sintonizzati online: paese d’origine, fuso orario e assegnazione di identificativi individuali. Tutto ciò ad ulteriore applicazione dell’infausto Digital Millennium Copyright Act, o meglio come ennesima rivalsa sul mondo online della Recording Industry Association of America (RIAA), la quale insiste altresì per la retroattività al 1998 per tali royalty dovute.

Il Copyright Office ha tempo fino al 21 maggio per accettare o respingere le proposte avanzate dall’apposita commissione a febbraio. Secondo l’agenzia Gartner, l’ufficio finirà per buttar via il piano e ricominciare tutto da capo. Spiegano gli analisti dell’agenzia: “Le tariffe sono semplicemente troppo care per consentire lo sviluppo di un ragionevole business model. Sono basate su dati vecchi di due anni fa, quando il mercato era in pieno boom.” A ciò vanno aggiunte le pressioni pubbliche, culminate con lo sciopero del primo maggio. Oltre diecimila i fax inviati finora al Congresso, mentre non pochi cittadini continuano a farsi sentire presso i propri deputati. Sembra insomma funzionare la campagna avviata da Radio and Internet Newsletter ed altre organizzazioni, riunite nel sito saveinternetradio.org. Anche perchè, fanno notare alcune fonti, qualora parte degli attuali webcaster dovessero scomparire la stessa RIAA dovrebbe far fronte alla fioritura di nuovi entità e servizi pirata che nascerebbero immediatamente a colmarne il vuoto.

Un altro fronte della comunicazione specializzata e non-mainstream per il quale il web sembra mantenere buone promesse è quello dei fumetti. Al contrario dei mercati europeo ed asiatico in buona salute, attualmente quello statunitense attrae non oltre 500.000 lettori. Ciò sia per l’effetto boomerang del notevole eccesso di pubblicazioni in circolazione qualche anno fa sia per l’endemica tendenza al rapido consumo di immagini, film e spot ad effetto imposto dall’industria di Hollywood. Si veda il lancio di Spiderman, un classico dei fumetti, che in questi giorni attira decine di milioni di spettatori nelle sale cinematografiche. Va poi aggiunto l’inarrestabile trend a leggere sempre meno, non solo libri ma finanche i comics. L’editoria di settore sta muovendosi al recupero, insistendo con le collane di maggior successo e avviando iniziative promozionali: il 4 maggio in alcune città i negozianti offriranno fumetti gratis ai passanti sperando così di attirare nuovi appassionati. Ma forse è proprio il medium digitale a rappresentare la migliore, e forse unica, speranza di risalita per i fumetti. Almeno questa l’opinione di parecchi addetti ai lavori, incluso Scott McCloud che la esplicita nel recente volume “Reinventing Comics”. Dove si illustrano tra l’altro le potenzialità degli autori indipendenti nel contatto diretto con gli utenti web, sia per vendite porta-a-porta sia per espandere l’audience dalla cerchia ristretta in cui sono spesso confinati. Importante anche il fattore creativo, con ampie sperimentazioni grazie alle opportunità grafiche offerte dal medium online (con il solito Flash di Macromedia).

Una visione tutt’altro che utopica, considerato il proliferare di siti per tutti i gusti. Non è affatto raro scoprire fumetti sperimentali e innovativi disponibili soltanto online, mentre sembrano destinati a seguirne le orme parecchi di quelli mainstream che nel cartaceo non tirano granché. Giusto per fare qualche esempio, Comics2U, è un consorzio di artisti indipendenti che invia (gratis) ogni giorno fumetti nella mailbox di chi si iscrive. Invece il recente Modern Tales offre “professional webcomics” a pagamento (2.95 dollari al mese). Più che esplicite le note di presentazione: “Crediamo che il nostro progetto possa essere il primo passo per la creazione dell’industria dei webcomics, autosufficiente pur se ridotta. Non siamo un pugno di folli dotcom. Siamo persone comuni, proprio come voi. Vorremmo guadagnarci da vivere, o quantomeno tirar su qualche dollaro, facendo quello che più amiamo fare. Proprio come piacerebbe fare anche a voi.” Chissà, forse potranno riuscirci davvero!

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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