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Costi ridotti e affidabilità tecnica: accoppiata vincente per l’open source

19 Luglio 2005

Costi ridotti e affidabilità tecnica: accoppiata vincente per l’open source

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In USA le PMI lo scelgono, oltre che per risparmiare, per le ottime prestazioni, come confermano due iniziative dell’IBM e della BBC inglese

Pur essendo importante, il risparmio economico non è il fattore trainante nella scelta del software open source. Questa la conclusione di una recente indagine sulle PMI statunitensi curata dall’agenzia Evans Data. Secondo i dati del rapporto Open Source Vision, tale scelta poggia su una serie di elementi più che altro tecnici, sia perché la voce maggiore nei budget aziendali per l’info-tech riguarda il personale e non il software, sia per via del mutamento di percezione nel mercato rispetto a qualità e prestazioni dell’open source. Il cui successo non riguarda più soltanto il sistema operativo, centrato sulle varianti di Linux, quanto piuttosto una vasta gamma di applicazioni, dai server alla contabilità. A conferma di questa serie di motori trainanti, le caratteristiche di flessibilità e circolarità del “codice aperto” arrivano due recenti, importanti iniziative: la BBC inglese sta per rilasciare programmi per la gestione di contenuti digitali audio-video, mentre l’IBM va offrendo accesso per il mondo accademico a proprie tecnologie di sviluppo software.

L’iniziativa di Big Blue prevede libertà di uso e distribuzione in ambito didattico per 25 software ad hoc, presenti sull’apposito sito dedito alle tecnologie emergenti (alphaWorks), finora riservato sostanzialmente agli sviluppatori delle grandi aziende. Ora invece i nuovi termini di licenza consentono a docenti e ricercatori accademici l’utilizzo di tale software nei loro corsi di studi, per un periodo di 90 giorni. I primi due istituti ad aver aderito sono il Massachusetts Institute of Technology e la Harvard University, tramite la Division of Engineering and Applied Sciences. Innestandosi nella Academic Initiative lanciata un anno addietro, quest’ulteriore apertura mira a creare un bacino più ampio rispetto a prodotti comuni e open source per i laureandi in computer science. I tool di programmazione offerti ruotano infatti sia su standard quali Java e XML sia sui vari progetti open source da tempo avviati da IBM.

Per quanto concerne, invece, l’emittente pubblica inglese, il sito BBC open source raccoglie tutti i programmi sviluppati in proprio e rilasciati sotto licenze aperte. Si tratta ovviamente di software che viene (o sarà) utilizzato dal network TV per la trasmissione di contenuti via Internet, ma che qualsiasi altra fonte potrà riprendere e usare allo stesso scopo. Anche in questo caso, ciò fa parte di una strategia più vasta che include il Creative Archive, mirato a fornire pubblico accesso ad archivi audio e video: grazie a specifiche licenze (Creative Archive License, ispirate alle note Creative Commons) sarà possibile condividere e riutilizzare liberamente alcuni materiali presenti nell’archivio storico della BBC, pur se limitato a scopi non-commerciali nel Regno Unito. Mentre in autunno è previsto il lancio del progetto “Interactive Media Player”: gli abbonati paganti inglesi potranno scaricare, tramite un software P2P, i programmi TV fino ad una settimana dopo la messa in onda.

Fulcro dell’attuale iniziativa delle BBC è il software Dirac (dal fisico inglese Paul Dirac), grazie al quale sarà possibile comprimere e decomprimere i contenuti video onde distribuirli efficacemente su Internet, e quindi in diretta concorrenza a noti standard proprietari come quelli firmati Microsoft, Real Networks o Apple. Il software sembra essere a buon punto, con lancio pubblico previsto entro fine anno. A conferma del piano complessivo che vede, a detta degli stessi dirigenti della BBC, l’open source come metodo ideale per “mettere nelle mani del nostro pubblico degli strumenti innovativi” e “per sviluppare collettivamente un software che porterà beneficio generale”. Oltre che per risparmiare sui costi, ovviamente: “Per decenni abbiamo diffuso materiali usando lo standard PAL. Invece questo standard è a disposizione di chiunque voglia farne uso. Se la BBC avesse dovuto pagare per ogni ora di trasmissione sarebbero stati grossi guai”, spiegava tempo fa Tim Borer, direttore del settore ricerca & sviluppo.

Dal risparmio alla libertà di modifica all’innovazione, tornano dunque alla ribalta i dati dello studio di Evans Data citato all’inizio. Dove la riduzione dei costi non è altro che uno dei cinque fattori cruciali a sostegno della continua adozione dell’open source nelle piccole e medie aziende USA. Anzi, secondo John Andrews, co-manager dell’agenzia di rilevazioni, negli ultimi tempi il trend ha registrato una netta accelerazione: “Nell’ultimo anno ho notato una curva d’adozione maggiore rispetto ai periodi precedenti”. Ciò va in parte imputato alla maggiore affidabilità e standardizzazione dei pacchetti aperti oggi disponibili. Senza dimenticare che, aggiunge ancora Andrews, “la gente considera i diversi punti di forza del modello open source, ad esempio c’è chi non ha problemi a pagare per assistenza e servizi, ma preferisce non farlo per il software”.

Una posizione che trova conferma, infine, nell’opinione degli esperti, tra cui Stacey Quandt, responsabile dell’agenzia di analisi Quandt Analytics: “Molti utenti gravitano verso l’open source per la percezione dei costi ridotti, ma alla fin fine la scelta si basa sui requisiti tecnici”. Non a caso il sondaggio rileva un similare incremento nell’uso di moduli open source anche tra i programmatori. Nella primavera 2001, ciò riguardava il 38,1 per cento degli sviluppatori interpellati, mentre stavolta la cifra è salita al 56,2 per cento.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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