Quando facevo l’istruttore di minibasket, il problema maggiore erano i genitori che, convinti di migliorare il cattivo andamento dei figli a scuola, li tenevano a casa a studiare invece che farli venire agli allenamenti. Intendevano lo sport come una perdita di tempo opzionale rispetto alle cose serie.
Anni dopo, quei figli sono diventati genitori e li vedi in mezzo alla strada a correre nel tentativo di recuperare il peso forma, il tempo perduto, la viabilità nelle coronarie e il respiro lungo. Lo sport non era e non è un optional, ma parte integrante di uno sviluppo sano e armonico.
Ci ripensavo di fronte a uno studio della prestigiosa clinica statunitense Mayo, che collega l’azione combinata di attività fisica e uso del computer in senso positivo per la conservazione della memoria in tarda età:
Un leggero impedimento cognitivo è lo stadio intermedio tra la normale perdita di memoria connessa con l’età e le avvisaglie del morbo di Alzheimer. Dei partecipanti allo studio che non facevano attività fisica e non usavano il computer, il 20,1 percento aveva capacità cognitive normali e il 37,6 percento mostrava segnali di leggero impedimento cognitivo. Dei partecipanti che facevano esercizio e usavano un computer, il 36 percento erano cognitivamente normali e il 18,3 percento esibiva segnali di leggero impedimento cognitivo.
Lo studio è tutt’altro che conclusivo, eppure pone l’accento su un ruolo del computer come amplificatore di intelligenza che in fondo abbiamo sempre avuto chiaro, ancora prima che un fortunato slogan degli anni ottanta parlasse del computer in termini di Wheels for the Mind.
Non faccio l’istruttore di computer e però tremo ugualmente al pensiero di quanti genitori ho sentito intendere l’uso del computer da parte dei figli come una perdita di tempo opzionale rispetto alle cose serie. Anche questi figli diventeranno genitori, solo che non esisterà spinning in grado di fargli recuperare terreno.