Consiglio la lettura dell’intervista collettiva effettuata dal sito Slashdot a Ian Bogost, progettista di giochi e docente di letteratura, comunicazione e cultura presso l’università statunitense di Georgia Tech. Parlare con Bogost di giochi e meccaniche di gioco è sempre a un passo dal parlare di società e di interrelazioni tra persone e organizzazioni; difficilmente un suo commento ha effetto limitato alla sua area di competenza, invece di riverberarsi in ambiti più estesi.
In particolare Bogost sembra avere centrato un punto nodale dell’Internet – e della società – di oggi a inizio intervista, quando scrive:
Whether we noticed or not, we’ve created a media environment driven by compulsion. Email and instant messaging are examples unbound to specific companies, but Facebook, Twitter, Google+, Pinterest, Instagram — all of these services and many more build value by monetizing our repeated and regular attention, and now we have so many different ways to ask, “Is something new? Am I missing something?” that it’s possible never to stop asking those questions, all day long.
Monetizzazione dell’attenzione regolare e ripetuta. È da pensare nel momento in cui accediamo per l’ennesima volta nella giornata a Twitter o Facebook senza un vero costrutto, o acceleriamo gli scambi di posta elettronica trasformando in chat un mezzo che per sua natura sarebbe asincrono, fuori dalla logica della risposta immediata.
Bogost ha trasformato in azione la propria critica con la pubblicazione su Facebook di Cow Clicker, un gioco sui giochi di Facebook, centrato sulla possibilità di fare clic a intervalli regolari sopra una mucca.
Certe abitudini che abbiamo in Rete, o che la Rete ci esorta ad adottare, meritano probabilmente un ripensamento. Sopra a tutte l’abitudine di usare gli strumenti a nostra disposizione per riflesso condizionato più che per atto di volontà.