Governare i processi, invece di guidarli
Apogeonline: Dopo tutti questi anni, ti diverti di più a fare il marketer sui social o a insegnare?
Enrico Marchetto: Maria vergine, devo cominciare subito l’intervista rendendomi antipatico: io non vado pazzo per la retorica del lavoro come divertimento, lavoro come passione.
Un po’ perché sono Veneto, un po’ perché nel 2024 all’alba dei miei 50 anni voglio stare lontano anni luce da qualsiasi cosa posso odorare di self help, motivazionale, o fai un lavoro che ti appassiona e non lavorerai nemmeno un giorno della tua vita o cose del genere.
Lavoro xe lavoro e gioca una categoria a sé.
La professione del marketer mi aiuta tantissimo a facilitare l’insegnamento sul lato contenuto, perché avendo il termometro del mercato, riesco a orientare la didattica a puntare dritta dritta sugli elementi indispensabili, quella decina di pilastri che una classe deve per forza portarsi a casa. E non sono certo immutabili, anzi.
L’insegnamento invece è un altro termometro, non del mercato, ma del consumo.
L’altro giorno sono entrato in classe, età media 22 anni, e parlando di Star Wars come simbolo del prodotto culturale post-moderno, tre quarti della classe non aveva visto Star Wars.
Tutti avevano visto i Marvel.
Non è mica banale, eh?
Quindi no, non credo sia divertimento, ma ti direi appagamento. Un cliente soddisfatto del mio lavoro mi appaga tantissimo; idem vedere la crescita di una classe passo dopo passo nel percorso che abbiamo progettato assieme.
Frequenti corsi di scrittura creativa, nuoti a buonissimo livello, sei fanatico di torta Sacher, scrivi libri, insegni… che cosa si perdono quei social media manager che misteriosamente non hanno un minuto libero? Qual è il tuo segreto per un buon Getting Things Done?
No, ferma tutto, non nuoto assolutamente a buonissimo livello, diciamo che me la cavo.
In un contesto come quello del Digital Marketing, devi essere anche onesto con te stesso: avere quasi 50 anni in contesto competitivo come questo aiuta molto in termini di consapevolezza.
Ho smesso di competere sugli aspetti tecnici della materia advertising perché è evidente che, solo in agenzia da me, c’è chi se ne occupa molto ma molto meglio di me.
Enrico Marchetto presenta Confessioni di un marketer a Milano
Mercoledì 20 novembre alle 18 a 24ORE Business School, via Monte Rosa 91
Enrico dialogherà con Mafe De Baggis e Biagio Di Leo
L’incontro è gratis e aperto a tutti, ma è obbligatorio iscriversi!
Ho spostato il baricentro sul ragionamento strategico, sulle idee, sul contenuto, sulla progettualità.
Questo libera inevitabilmente del tempo.
E provo a investirlo nel miglior modo possibile.
I social media manager che non hanno un minuto libero, è giusto che sia così, perché sono tutti più giovani di me 😉
Ha ancora senso una presenza puramente organica su Facebook e Instagram?
Chi vive di organico è un outlier.
E nel marketing l’outlier non fa letteratura.
Facebook e Instagram nel 2024 significa contenuto e distribuzione.
Senza budget non distribuisci. Punto.
Vero anche che potrei essere schiavo di un bias, nel senso che ormai si rivolgono a me aziende che vogliono investire e spendere soldi dentro Facebook e Instagram. E quindi vedo solo una porzione di mondo.
Ma sono abbastanza convinto che, nel 99 percento dei casi, senza un budget adeguato non si vada da nessuna parte in termini di incidenza sul business di un’impresa, qualsiasi essa sia, dalla multinazionale al negozio di cibo biologico sotto casa mia.
Scrivi che Meta è passata nel 2024 alla fase del brand building e della generazione di valore. Hai trovato aziende pronte a questa nuova fase o c’è ancora bisogno di metabolizzarla?
Nel mio caso personale vivo un enorme privilegio: la mia agenzia, Noiza, vive un posizionamento molto chiaro come agenzia di performance marketing.
Quindi è evidente che chi si rivolge a noi sa già che la performance la raggiungi sempre e solo in due modi, con il brand building e con l’action.
Più in generale, l’impressione è che il mercato italiano soprattutto quello della PMI sia in fase di maturazione, ma ancora abbastanza lontana dall’aver capito il senso di una presenza social nel tempo presente.
Nella tua narrazione ci sono un prima e un dopo la pandemia. Ora che sono passati due anni dall’abbandono degli obblighi di protezione, stanno cambiando in avanti o all’indietro quelle consapevolezze e quelle capacità che la gente ha acquisito a seguito dei lockdown?
Per forza in avanti.
Lavoro in un ecosistema (il marketing digitale) che fa della misurazione o, meglio, del tentativo di misurazione la propria essenza.
C’è una metrica che tengo come termometro del mercato che è il CPM.
Se si alza il costo per mille impression, significa che si alza la cultura dell’investimento; se si alza la cultura dell’investimento, si alza la consapevolezza del contenuto.
Il CPM non si è mai abbassato in questi anni.
Il mercato è molto ma molto più maturo di quanto fosse nel 2019.
Scadenze elettorali, intelligenza artificiale, nazioni ostili hanno contribuito alla lievitazione dei contenuti falsi, a scopo propagandistico o di truffa. Come si dispone un marketer rispetto alla nuova situazione? O semplicemente si derubricano i troll alla voce polarizzazione?
Io nel 2016 ho fatto una scelta ben precisa nella mia vita: non occuparmi mai più di marketing elettorale.
Quindi non mi occupo più degli stilemi classici come la polarizzazione.
Mi limito a osservarli e a volte a studiarli.
Ma me ne tengo distante, professionalmente parlando.
È un mondo orrendo, tossico, in cui ogni tentativo di svelare il meccanismo si rivela inutile.
Ci ho provato anche nell’ultimo libro, ma senza grandi ambizioni divulgative.
Piuttosto provo a capire quali possano essere gli elementi sani che posso mutuare e integrare nel mio campo di gioco: la polarizzazione politica è il linguaggio degli ultimi 10 anni, ma c’è qualcosa che posso portare in azienda?
Qualcosa sì. E lo scrivo nel libro.
Qualcuno ha descritto una distopia nella quale i social diventano oceani di contenuti generati dall’intelligenza artificiale che generano traffico grazie a bot generati dall’intelligenza artificiale. Oggi chiaramente non è così e mostri bene nel tuo libro quanto possa essere utile l’AI nella fase di preparazione dei contenuti. Nel lungo termine, potrebbero essere timori fondati?
Diciamo che questa distopia fa un po’ sorridere perché si dimentica di un layer fondamentale che è il consumatore che deve tirare fuori i soldi. 🙂
Io credo fortemente a quel meraviglioso trailer di Maccio Capatonda il cui incipit è tu usi il tuo cervello al 10 percento delle tue possibilità; ecco, con questa pastiglia lo userai al 3 percento.
Negli ultimi due anni ho assistito a un rincoglionimento generale attorno a ChatGPT, dove il passatempo medio è farsi i post social o gli status di Linkedin.
Dimenticandosi completamente degli Agenti AI, dimenticandosi del reale impatto che può avere la AI già ora, per esempio nell’organizzazione dei processi.
L’AI è destinata a risolvere compiti complessi, non scrivere i copy dei tuoi post, che puzzano lontano un chilometro di ChatGPT, come direbbe Alessandro Gargiulo.
In che cosa la Scuola Holden ti ha aiutato nella scrittura del tuo libro?
Principalmente? A fare ordine e pulizia.
Forse il più grande insegnamento che ho ricevuto è proprio essere pulito.
Saper riconoscere e accettare che molte delle cose che scrivo sono superflue, figlie di un flusso che ho in testa ma irriconoscibili per il lettore.
Oppure imparare a fare pace con se stessi quando sei a corto di idee e stai tergiversando con una prosa che arranca. Mi ha insegnato il senso del ritmo, nel senso che io ho sempre questa tensione all’accelerazione e invece pian piano sto imparando a dosare, a distribuire, a seminare indizi e riprenderli.
Cosa che ho provato a fare.
Come giudichi gli strumenti messi a disposizione da Meta per chi intende fare marketing su Facebook?
Stai parlando a una persona il cui fatturato dipende per l’80% da Meta.
Secondo te, come vuoi che ti risponda? 😉
A parte gli scherzi, l’advertising su Meta è stato e continuerà a essere una forma pubblicitaria totalmente rivoluzionaria perché si basa sempre e solo su un segnale comportamentale. Quindi ne penso tutto il bene possibile.
Come scriveva Lucio Dalla, l’anno che sta arrivando / tra un anno passerà / Io mi sto preparando / è questa la novità. Come marketer e osservatore del mondo da due lati, chi si occupa di marketing e chi se lo vede proposto su una pagina… a che cosa ti stai preparando?
A smettere di guidare processi. Ad arrendermi a governarli.
Tutto il marketing sta virando verso una guida algoritmica: più efficiente, più rapida, più performante.
Il processo va governato, sempre meno guidato.
Raccogliere i segnali migliori, il resto lo fa la macchina.
Immagine di apertura originale della redazione di Apogeonline.
Enrico Marchetto presenta Confessioni di un marketer a Milano
Mercoledì 20 novembre alle 18 a 24ORE Business School, via Monte Rosa 91
Enrico dialogherà con Mafe De Baggis e Biagio Di Leo
L’incontro è gratis e aperto a tutti, ma è obbligatorio iscriversi!