Il futuro di internet? Presto detto, secondo l’ultimo sondaggio del Pew Internet & American Life Project. Sarà caratterizzato almeno da un “devastante” attacco alla sua infrastruttura. Così la pensano due su tre esperti consultati per l’ennesima indagine, che stavolta non ha interessato gli utenti. Le 1286 persone interpellate erano technology leader, ricercatori, dirigenti industriali ed analisti, il 66 per cento dei quali pare concordare su un punto: nei prossimi dieci anni si avrà almeno un “attacco devastante” ai danni della Rete delle Reti (oppure, in seconda battuta, contro l’infrastruttura elettrica nazionale USA). L’eventualità viene motivata dall’importanza sempre maggiore che internet raggiungerà nella vita quotidiana, con la crescente integrazione in ogni ambiente e la proliferazione delle connessioni ad alta velocità.
Va detto che, al pari di quanto accaduto in passato, certe previsioni sulle dimensioni della vita online del prossimo decennio sono state poi smentite dai fatti. Non a caso queste prospettive tutt’altro che rosee hanno trovato scarsa eco in altri ambiti. Lo dimostra un’analoga analisi condotta in questi giorni dal quotidiano Newsday, che propone scenari assai più cauti. Dove si fa notare, ad esempio, come ogni tentativo di distruggere simultaneamente i nodi di fibre ottiche delle grandi metropoli statunitensi sarebbe assai difficile da attuare. Mentre attacchi anche sofisticati via software (virus, worm, denial of service) verrebbero rintuzzati nel giro di qualche ora, come è sostanzialmente accaduto finora. Basti pensare alla rapida diffusione globale del worm SQL Slammer di due anni or sono, che causò perfino problemi ai controllori dei voli aerei: internet è stata appena azzoppata, tornando pienamente funzionale in tempi rapidi. “È improbabile possa accedere qualcosa di negativo per dei giorni, perché ci sono ingegneri che applicherebbero immediatamente le necessarie contromisure”, spiega Johannes Ullrich, CEO dell’Internet Storm Center agenzia di pronto intervento per simili situazioni.
Non è insomma il caso di farsi prendere dal panico, anzi meglio dare uno sguardo agli altri risultati della ricerca del Pew Internet & American Life Project, sicuramente più interessanti ma passati in secondo piano perché ormai è la paura a far notizia. Il 59 per cento degli esperti interpellati ritiene che il governo e le corporation USA incrementeranno le strategie di sorveglianza di pari passo con l’estesa diffusione di apparecchi informatici di vario tipo e con l’inserimento di chip in elettrodomestici, autoveicoli, telefonini e vestiti. Troveranno maggiore spazio e opportunità sia la didattica ‘virtuale’ (57 per cento) che il telecommuting (56 per cento), mentre il 50 per cento si dice convinto che il file-sharing musicale sulle reti P-2-P, libero e anonimo, sarà anche vivo e vegeto da qui a dieci anni.
Assai meno univoche le posizioni sull’impatto di internet rispetto al processo politico, altra speranza dell’avanzare tecnologico: solo il 32 per cento si dice convinto che gli utenti useranno le risorse online per simili informazioni e attività. E l’identica, bassa percentuale sostiene che nel 2014 avremo elezioni via internet diffuse e sicure. In entrambi i casi, il 50 per cento si è dichiarato opposto a simili previsioni. Mentre nel complesso gli interpellati hanno mostrato grande entusiasmo per lo sviluppo del Web (meglio, dei blog) per garantire il necessario pluralismo dell’informazione, oltre che per l’efficacia delle tecnologie dei search engine e per la penetrazione dei network peer-to-peer.
L’indagine, a cui ha collaborato la Elon University School of Communications, è stata condotta online tra il 20 settembre e l’1 novembre 2004, e le previsioni verranno aggiunte al database generale che già contiene le oltre 4.000 previsioni sul futuro di Internet relativo al periodo 1990-95, incluse ovviamente quelle sballate. Oltre a proporsi come archivio storico, il sito raccoglie anche le opinioni degli utenti sulla visione futura del mondo online. Dove parecchia gente si preoccupa invece delle avvisaglie, più concrete e ravvicinate, per ulteriori giri di vite previsti dalla seconda amministrazione Bush. Sembra infatti certo che la Casa Bianca spingerà per maggiori poteri di sorveglianza interna sulla scia del Patriot Act e provvedimenti similari passati dopo l’11/9/2001. A farne le spese saranno ancora una volta le libertà civili dei singoli, come spiega l’ex deputato repubblicano Bob Barr, ora portavoce della American Civil Liberties Union: “L’amministrazione ha sostenuto con chiarezza che intende continuare nella manovra di riduzione della privacy e delle tutele costituzionali per i nostri cittadini”.
Battaglia è prevista in parlamento sulle nuove proposte restrittive incluse nel Patriot Act II, anche se è probabile le misure verranno sparpagliate in svariati disegni di legge onde non creare eccessivo dibattito e opposizione. La privacy sarà ancora più a rischio anche per via della crescente collaborazione tra settore industriale e governo in progetti di data-mining: sono alquanto scarse la norme a tutela delle modalità di utilizzo della mole di dati personali variamente raccolti dalle società o passati loro dalle agenzie governative. Altre questioni bollenti sono il possibile lancio della contrastata carta d’identità nazionale, che di fatto potrebbe concretizzarsi quanto prima per via della clausola sulla standardizzazione entro fine 2006 delle patenti di guida statali, inserita nel National Intelligence Reform and Terrorism Act approvato dal Congresso prima delle ferie natalizie. Accanto a questi e analoghi scenari poco rosei in tema di privacy e sorveglianza, va infine segnalata la nuova pressione della Business Software Alliance per ulteriori limitazioni alla circolazione di materiali creativi online. Il consorzio industriale, che comprende nomi quali Microsoft, Autodesk, Borland, Intuit, Sybase, Symantec, vorrebbe in pratica mano libera nel colpire i “pirati” di ogni sorta. Memore di alcune recenti sconfitte in tribunale per denuncie indiscriminate, la BSA ha appena diffuso una ‘white paper’ in cui delinea al Congresso le linee-guida per l’applicazione più ferrea del Digital Millennium Act, o analoghe misure, immaginando che nel prossimo futuro sulle reti P2P lo scambio di software diverrà frequente e diffuso come è oggi quello della musica.