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Come rimanere a galla nell’high-tech in discesa?

10 Dicembre 2001

Come rimanere a galla nell’high-tech in discesa?

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Tra il caso Microsoft e ammiccamenti proprietari, il pinguino veste la pelle del camaleonte

Un paio di settimane fa, Red Hat aveva lanciato una seria “provocazione” nei confronti di Microsoft, dicendosi pronta a fornire gratuitamente software open-source ad ogni distretto scolastico degli Stati Uniti. Si trattava della pronta replica alla proposta targata Microsoft di regalare computer a migliaia di scuole tra le più povere del paese — ovviamente dopo averli dotati del proprio software. Una trovata inclusa nel pacchetto ideato dal gigante informatico per mettere a tacere le oltre 100 denuncie anti-monopolio ancora pendenti nei tribunali locali. Provocazione a parte, come ha ribadito lo stesso CEO di Red Hat, la soluzione avanzata da Microsoft non farebbe altro che “ampliarne ulteriormente la strategia di monopolio sul mercato del software.”

Posizione abbracciata ora anche da Apple, la quale ha invitato urgentemente una corte distrettuale coinvolta nel caso giudiziario a rigettare quello che si rivela come “un tentativo per dominare il mercato della didattica.” Un mercato in cui tradizionalmente Apple vanta un’ottima penetrazione, al contrario invece di Microsoft. La quale viene invitata da Steve Jobs a donare il corrispettivo previsto, un miliardo di dollari, in contanti presso una fondazione privata che poi si occuperà di ridistribuire il denaro agli istituti più bisognosi, per investimenti a loro scelta in ambito high-tech. Il documento diffuso dall’azienda di Cupertino specifica tra l’altro che il compromesso raggiunto su queste basi “amplierebbe il monopolio di Microsoft, influenzando così le decisioni d’acquisto delle scuole e distogliendo le risorse dai prodotti più adatti alle esigenze degli studenti.”

A latere della stessa vicenda, va segnalato inoltre il rilancio dei nove stati che finora si sono rifiutati di firmare l’accordo di massima raggiunto tra Microsoft e il Ministero di Giustizia statunitense. Tra le “punizioni” richieste ora dagli avvocati statali è compresa l’applicazione della licenza open source per Internet Explorer, oltre all’inclusione di Java all’interno di Windows. Insieme ai sorgenti del browser, si chiede altresì la “possibile” diffusione di quelli del sistema operativo Windows, anche se ciò verrebbe applicato soltanto nel caso in cui Microsoft rifiutasse di aderire agli altri termini proposti. Last but not least, altro punto importante stabilito dai legali, la possibilità per terze parti di modificare e rivedere la licenza della suite Office, come è già il caso della stessa Apple. Ciò includerebbe anche quei rivenditori interessati a trasportare le applicazioni sotto il sistema Linux. Come si vede, dunque, l’open source rimane in prima fila sul fronte anti-monopolio, anche se resta da vedere come andranno effettivamente a finire queste iniziative “anti-Microsoft.”

Qualcosa che riguarda più o meno anche il pacchetto Evolution 1.0, clone open source di Outlook appena rilasciato da Ximian. Questa ha sostenuto per parecchio tempo il progetto Gnome e vanta tra i fondatori quel Miguel de Icaza factotum dello stesso Gnome. Ora però, al pari di altre aziende open source, Ximian è alla ricerca di un nuovo business model per garantirsi introiti più che necessari alla sopravvivenza, pur rimanendo ovviamente fedele alla strategia open source. A partire da gennaio, Ximian metterà in commercio un software proprietario per estendere le funzioni di Evolution, consentendone la connessione diretta ai server di Microsoft Exchange. Il pacchetto proprietario si chiama Ximian Connector (69 dollari per un solo utente) e verrà accoppiato a Red Carpet Express, servizio anch’esso previsto per gennaio (9,95 dollari al mese) per il download ad alta velocità degli aggiornamenti del software, con “corsia preferenziale” dedicata al software Linux.

In ogni caso, Evolution gira su diverse versioni di Linux, quelle di Red Hat, SuSE, MandrakeSoft, Turbolinux e Debian, oltre che sul Solaris di Sun Microsystems. E lo stesso potrebbe accadere per ulteriori versioni, vedi ad esempio Caldera International, qualora i diretti utenti decidano di farsi avanti. Lo ha chiarito il CEO di Ximian, aggiungendo come l’azienda rimanga “totalmente devota ai progetti desktop open source, pur fornendo servizi e prodotti anche per i clienti delle grandi corporation.” Lo stesso Evolution, ad esempio, comprende circa 750.000 stringhe di codice aperto.

Similare il percorso scelto dalla ex-VA Linux Systems, la quale d’ora in poi si chiamerà VA Software. La società californiana si era affermata come fornitrice di hardware, software e servizi basati su Linux, prima del recente passaggio all’esclusiva produzione di applicativi. Nell’ennesima manovra tesa a diversificare ed espandere la clientela, soprattutto a livello di grosse società, gli azionisti hanno votato per l’immediata modifica in VA Software. Tale dicitura identificherebbe in maniera più appropriata il business primario, ovvero quello relativo a sviluppo, marketing e supporto della piattaforma proprietaria SourceForge per la scrittura collaborativa di programmi personalizzati. In tal senso, come ha chiarito il CEO Larry Augustin, “il gruppo dirigente ritiene che il vecchio nome VA Linux Systems continuava a identificarci con la vecchia attività ristretta ai sistemi hardware Linux e annessi servizi di consulenza.” Anche in questo caso, in pratica, si punta alla messa a punto di software proprietario basato però sul codice aperto.

Come sempre, dunque, non è il caso di meravigliarsi delle provocazioni e delle metamorfosi in arrivo dal variegato mondo open source — purché, appunto, tutto continui a svolgersi alla luce del sole.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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