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Come comunicare

12 Marzo 2004

Come comunicare

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Dalle tavolette di argilla ai manoscritti su carta fino al libro stampato, alla televisione e al web, l'evoluzione degli strumenti per comunicare ha cambiato completamente il modo in cui la nostra società vede il mondo. Il primo capitolo del libro "Comunicare" di Mirko Tavosanis e Marco Gasperetti, edito da Apogeo

Una statuetta del terzo millennio avanti Cristo. Rappresenta uno scriba accovacciato davanti alla sua tavoletta d’argilla, lo sguardo perduto all’orizzonte. Una foto del 1991. Riproduce un giornalista della Cnn, anch’egli accovacciato, davanti a un videotelefono satellitare, mentre spedisce immagini e commenti della (prima) Guerra del Golfo. La statua e la foto hanno forti analogie nonostante siano lontane l’una dall’altra più di cinquemila anni.

Entrambe immortalano due cronisti, dell’età arcaica e dei tempi postmoderni, che, utilizzando due media diversi, cercano di imprimere nei loro supporti (l’argilla e l’etere) i loro racconti, le descrizioni, l’interpretazione di fatti ed eventi. I luoghi sono identici: la Mesopotamia, teatro nell’antichità dei primi passi della civiltà e della scrittura, e di due guerre devastanti nell’età postmoderna.

Il raffronto di queste immagini (Giovannini 2000) non è fine a sé stesso. Nelle sorprendenti somiglianze tra lo scriba e il reporter si distinguono differenze, ma anche sostanziali ibridazioni, soprattutto quando parliamo di evoluzione dei linguaggi e di nascita dei nuovi codici multimediali.

1.1 L’oralità primaria

L’invenzione della scrittura è databile intorno al quarto millennio avanti Cristo nella Mesopotamia. Forse fu il popolo sumero il primo ad usarla; secondo il linguista Steven Roger Fischer, la nuova tecnologia non fu però esportata dai Sumeri, ma si generò a “macchia di leopardo” in diversi luoghi dell’Asia Minore per poi espandersi nel resto del mondo con il nascere della civiltà urbana e dei grandi imperi.

Eppure, nonostante l’invenzione della scrittura, per migliaia di anni le grandi civiltà hanno continuato ad avere una cultura prevalentemente orale. La scrittura ai suoi albori aveva una funzione esclusivamente di servizio ed era usata prevalentemente come mezzo tecnico-economico per annotare leggi o inventariare i beni di consumo. Il sapere, invece, si trasmetteva sotto forma orale.
I grandi poemi omerici furono “tradotti” in segni soltanto nel VI secolo avanti Cristo e le strutture narrative dell’Odissea e dell’Iliade hanno una forma orale. Anche nell’età di Pericle la scrittura non era un mezzo di comunicazione troppo usato. Socrate non ci ha lasciato niente di scritto, anzi era manifestamente avverso a “questa nuova invenzione che avrebbe cancellato la memoria degli uomini”. La tecnica filosofica di Socrate è incentrata sulla maieutica, l’arte di estrarre il concetto durante un dialogo tra docente e discente, dunque una tecnica “frontale”, come si direbbe oggi, dove lo sguardo, il timbro della voce e anche i gesti avevano un ruolo determinante.

Senza scrittura, però, la cultura e le tradizioni erano prive di memoria duratura. Tutto era mutevole e tutto era da interpretare. Un sapere trasmesso oralmente aveva lo svantaggio di essere facilmente cancellato per sempre o di poter venire completamente stravolto.

La trasmissione fino ai giorni nostri del pensiero di Socrate è dovuta a Platone. Ma neppure Platone aveva una particolare propensione per la scrittura (il suo pensiero più alto non è stato affidato alle lettere e dunque ci è andato perduto), anche se aveva intuito il carattere rivoluzionario ed eversivo della nuova tecnologia e la usava annotando, per esempio, i dialoghi del maestro Socrate. Platone scriveva eppure continuava a vivere in un sensorio dominato dall’oralità.

1.2 La ristrutturazione del sensorio

Secondo una scuola di pensiero, che da Marshall McLuhan (McLuhan 1967) passa attraverso autori quali Walter Ong (Ong 1986) e David Bolter (Bolter 1993), anche il linguaggio, come tutte le invenzioni umane, modifica cognitivamente l’uomo e ne ristruttura il “sensorio”, cioè la percezione sensoriale del mondo.

Fino all’invenzione della stampa a caratteri mobili, si può dire che l’uomo continuò a vivere in un sensorio orale. I primi libri moderni, codici miniati e incunaboli, continuavano ad avere una fruizione orale. Nei conventi dei monaci benedettini i codici miniati, di grandi dimensioni e impreziositi da immagini bellissime, spesso capaci da sole di spiegare l’evolversi dei fatti, erano sistemati su leggii di ferro o di legno. La lettura era un’esperienza condivisa. Si comunicava usando più codici di linguaggio: la scrittura, le immagini delle miniature, la voce e in alcuni casi la mimica gestuale.

La scrittura chirografica, cioè manuale, era estremamente diversa da quella tipografica. In un primo tempo non esistevano, per esempio, i segni di interpunzione, e il lettore pronunciava le parole senza pausa, in una cantilena che a volte diventava lamentosa e oscura. Il virgolettato era praticamente assente e si descrivevano le cose in prima persona, come se si assistesse a un evento, come se il fatto accadesse in quel preciso momento. Nonostante la scrittura avesse in sé il germe di una rivoluzione epocale, di un superamento dei limiti spaziotemporali (il libro trasporta l’autore nel tempo e nello spazio perché si può leggere in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo), ancora nel Medioevo essa non era percepita e il testo scritto continuava ad avere, per così dire, un’anima parlata.

Almeno fino a quando, intorno alla metà del XV secolo, il tedesco Johann Gutenberg inventa un sistema di stampa a caratteri mobili e crea il libro moderno.
È un salto di paradigma che porterà a una profonda modificazione del sensorio umano.

1.3 L’uomo tipografico

Con l’affermarsi della stampa a caratteri mobili, il libro, fino ad allora un oggetto assai ingombrante, si “miniaturizza”, diventa facilmente trasportabile, e anche la scrittura muta in modo radicale. Si fa grande uso di segni di interpunzione, fino a quel momento quasi ignorati, le parole sono sempre più sequenziali, le immagini scompaiono quasi completamente.

Dalla celebre “Bibbia delle 42 linee” di Gutenberg in poi, la diffusione dei libri (stampati e venduti in centinaia di copie) contribuisce all’affermarsi della Riforma protestante, alla rivoluzione scientifica e alla nascita di un ceto borghese e imprenditoriale.
La stampa, come abbiamo detto, contribuisce anche a ristrutturare il sensorio. Con il suo affermarsi – prima come mezzo di acculturazione di una ristretta élite e in seguito, con la nascita dei giornali, come mezzo di comunicazione e conoscenza della borghesia – si afferma anche il pensiero analitico (verba volant scripta manent). Con la possibilità di leggere si esprime al meglio anche la possibilità di riflettere, e dunque di “pensare al pensato”. Secondo Walter Ong e David Bolter, la scrittura tipografica, sequenziale e lineare, contribuisce a determinare un modo di pensiero razionale e strutturato e a far nascere società “sequenziali”, basate su un succedersi preciso e razionale, quasi meccanicistico, degli eventi.

1.4 L’oralità secondaria

Un nuovo radicale mutamento del sensorio, una sua seconda ristrutturazione, comincia a manifestarsi nel corso del Novecento con il diffondersi dei nuovi mezzi di comunicazioni elettrici ed elettronici.
La radio, per prima, dà una forte spinta all’introduzione dell’oralità (o meglio al suo ritorno: per questo si parla di “oralità secondaria”), ma è con la televisione che il processo diventa massiccio e in alcuni casi irresistibile. La Tv entra nelle case e modifica i comportamenti. Per diverse ore ogni giorno si guardano immagini in movimento e si ascoltano dialoghi, musica ed effetti sonori anche in back ground, cioè come sottofondo. La lettura, soprattutto tra le giovani generazioni, che crescono immerse nel nuovo sensorio, sembra perdere spazio e rilevanza sotto la spinta incessante della comunicazione audiovisiva in tutte le sue forme.

Alcuni studiosi notano nei bambini vissuti in questo “sensorio televisivo” una inclinazione ad esprimersi per immagini e a copiare il linguaggio di film, spot e programmi Tv. Si ha la sensazione che le nuove generazioni abbiano una naturale propensione verso i linguaggi multimediali (ossia caratterizzati dall’uso simultaneo di diversi codici di comunicazione: testi, suoni, immagini).
L’uomo tipografico sta scomparendo e all’orizzonte si intravede un “uomo multimediale”.
Il processo appare rivoluzionario e totalizzante, eppure non è una novità in assoluto. Multimediali (per la presenza simultanea di simboli e immagini) erano certamente i primi documenti scritti, come, per esempio, i papiri dell’antico Egitto. E, come abbiamo visto, nel Medioevo i codici miniati non trasmettevano il sapere utilizzando soltanto il linguaggio scritto, ma intrecciavano la scrittura con le immagini, spesso rappresentazioni iconiche di quello che veniva raccontato nel testo, e presupponevano la lettura ad alta voce.

La multimedialità in senso moderno ha anche un illustre precursore: il filosofo Tommaso Campanella. La Città del Sole, scritta nel 1602, si apre con la descrizione di una vera sala multimediale ante litteram, nella quale grandi pannelli con immagini, testo e suoni trasmettono ai discenti il sapere.

1.5 La multimedialità primaria e secondaria

Come la comunicazione orale e scritta, anche la comunicazione multimediale può essere divisa in due fasi: le chiameremo “multimedialità primaria” e “multimedialità secondaria”. La multimedialità primaria è contraddistinta da grandi media unidirezionali, quali, in particolare, la televisione e il cinema, dove sono utilizzati simultaneamente più codici (suoni, immagini in movimento, testo), ma la comunicazione avviene “a senso unico”, dal mittente al destinatario dei messaggi (capitolo 2).

La multimedialità secondaria nasce invece con i nuovi media interattivi che si sono affermati negli ultimi anni: pensiamo in primo luogo a Internet, ma anche ai telefonini di ultima generazione. Utilizzando i nuovi media è possibile non solo trasmettere informazioni utilizzando più codici, come nella fase della multimedialità primaria, ma anche avere una interazione (più o meno forte) con i destinatari.
Le barriere che separavano mittenti e destinatari, e talvolta la stessa distinzione tra i rispettivi ruoli, tendono a sparire. Oggi, almeno sulla carta, grazie a Internet chiunque è in grado di “fare comunicazione”. Basta realizzare un sito web, avere un server disposto a ospitarlo e, naturalmente, riuscire ad avere una “visibilità”, ovvero a far conoscere il più possibile il proprio sito.

1.6 Il nuovo scrivere multimediale

Anche se tecnicamente oggi comunicare è semplicissimo, ci sono altre difficoltà, spesso sottovalutate, legate all’uso dei nuovi mezzi di comunicazione. Sono ancora poco diffuse le adeguate competenze, manca la capacità di comunicare in modo efficace utilizzando i nuovi codici multimediali.

Su Internet spesso si scrive utilizzando ancora tecniche tipografiche; in altre parole, si scrive come se invece che il monitor avessimo davanti un foglio di carta; come se fossimo in presenza non di un mezzo di comunicazione interattivo, ma di un libro o di un giornale. Il risultato è spesso scadente, o comunque inferiore a quanto sarebbe possibile ottenere, perché, come insegna David Bolter, esiste uno “spazio dello scrivere” diverso per ogni mezzo di comunicazione che usiamo.

La regola valeva anche per i media cartacei (un saggio o un romanzo non hanno lo stesso stile di un articolo di giornale), ma la sua importanza è stata amplificata dal diffondersi dei nuovi media e della multimedialità. Ai diversi stili di scrittura, infatti, si sono affiancati anche i nuovi codici (immagini, video, suoni) e le nuove possibilità di interazione.

Possiamo chiarire meglio il concetto utilizzando una metafora: la tavolozza del pittore. Le scritture chirografiche e tipografiche possono essere paragonate a una realizzazione monocromatica (un disegno a matita o un’acquaforte, per esempio), la scrittura multimediale a un dipinto a tempera o a olio. Il paragone non vuole sminuire un tipo di opera rispetto all’altro: l’aspetto tecnico non determina necessariamente la qualità artistica del risultato, e infatti esistono capolavori realizzati in monocromia (i disegni di Leonardo per esempio) e dipinti coloratissimi ma privi di qualunque valore. Tuttavia è evidente che la pittura a olio offre possibilità di espressione e rappresentazione maggiori rispetto a una semplice matita; sta alla bravura del pittore sfruttare la meglio le opportunità che il nuovo mezzo gli mette a disposizione.

È certo dunque che ampliando le possibilità tecniche anche le opportunità di espressione si arricchiscono sensibilmente. Se a ciò aggiungiamo che, grazie alla modificazione del sensorio cui abbiamo accennato nel paragrafo precedente, le nuove generazioni hanno una sorta di “naturale familiarità” con la comunicazione multimediale, è ancora più evidente come oggi le migliori possibilità espressive passino attraverso l’utilizzo di più codici, e quanto sia importante imparare a usare questa nuova “tecnica di scrittura”.

1.7 La Terza Fase

Esiste un processo più profondo che caratterizza il passaggio dalla comunicazione orale e scritta a quella multimediale. È il processo che il linguista Raffaele Simone ha chiamato “la Terza Fase” (Simone 2000). Secondo questo autore stiamo assistendo a una rivoluzione nei mezzi e nelle tecniche di comunicazione, che interessa però anche il sapere, la conoscenza, le stesse modalità di pensiero.

La rivoluzione attualmente in corso è stata preceduta da altri due sovvertimenti cognitivi e culturali. C’è stata una Prima Fase, che ha avuto inizio con l’invenzione della scrittura, durante la quale è stato possibile fissare con segni scritti le informazioni su un supporto stabile, liberando così la memoria individuale e collettiva dal peso di un’enorme quantità di dati che, prima di allora, dovevano essere registrati nella mente.

La Seconda Fase, sempre secondo Simone, si è aperta molti secoli dopo con l’invenzione della stampa. Una rivoluzione “inavvertita”, come l’ha definita Elizabeth Eisenstein (Eisenstein 1985), ma radicale e pervasiva, capace di garantire una diffusione del sapere pressoché universale a basso costo, e di trasformare, come abbiamo accennato in precedenza, lo stesso modo di pensare.

La Terza Fase, quella che stiamo vivendo oggi, è più diversificata e complessa; se ne possono comunque individuare, in via provvisoria, alcune caratteristiche distintive.

1. Ridondanza delle informazioni. Mai come negli ultimi vent’anni le informazioni sono state così abbondanti e accessibili (anche se talvolta solo apparentemente); a questo proposito, va sottolineato ancora una volta che Internet e i nuovi media consentono spesso di essere contemporaneamente mittenti e destinatari della comunicazione.

2. Deperibilità del sapere. Il sapere acquisito è soggetto a un’obsolescenza sempre più rapida. È un’evoluzione determinata non solo dalle scoperte scientifiche e dalle innovazioni tecnologiche, ma dal continuo rinnovamento degli schemi di valutazione e di interpretazione, che contribuisce a “invecchiare” anche le conoscenze umanistiche. Studiare la storia oggi è diverso rispetto a dieci o vent’anni fa, non soltanto perché la materia si arricchisce di nuovi dati concreti, di nuovi “fatti”, ma perché cambiano le “lenti cognitive”, i modi di interpretare i fatti.

3. Impiego simultaneo di più codici. Come già sottolineato più volte in questo capitolo, scrittura, immagini, video, suoni e musica si stanno fondendo in un unico codice comunicativo; possiamo prevedere che in futuro ci si esprimerà in un modo radicalmente diverso, e possiamo forse spingerci fino a immaginare l’affermazione di un vero e proprio “alfabeto multimediale”.

Il libro “Comunicare” è disponibile nelle migliori librerie e può essere acquistato online

L'autore

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