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Come cambiano i testi universitari con l’ebook

06 Gennaio 2012

Come cambiano i testi universitari con l’ebook

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«La parola chiave è disintemediazione e nessuno si può chiamare fuori», dice Andrea Angiolini, responsabile del settore digitale de Il Mulino, nell'introdurre il saggio di Nicola Cavalli sull'evoluzione dell'editoria universitaria

Ragionare oggi sull’editoria accademica, le sue tendenze e le sue forme, sta diventando un’impresa complessa. Infatti, da circa un decennio, si susseguono nuovi fenomeni tecnologici ed editoriali che in misura esponenziale determinano cambiamenti nel modo di fare ricerca, insegnare e studiare. Di fronte a questo, nemmeno le tradizionali specificità disciplinari tengono più: anche nelle scienze umane e sociali e anche nel nostro paese, sia pure in misura minore rispetto al quadro internazionale, è cambiato il modo di far circolare la produzione scientifica, in un crescendo che colpisce non solo per la frequenza e l’intensità dei fenomeni, ma anche per la loro qualità.

Scegliendoli tra i molti, se ne possono isolare alcuni, specifici, che mi paiono particolarmente rilevanti.

  • Il primo è la diminuzione dell’importanza della libreria come luogo dove trovare volumi accademici. Questo è soprattutto il frutto di due circostanze concorrenti che si sorreggono a vicenda: la crescita degli specialismi disciplinari e lo spostamento dei canali di vendita tradizionali verso il segmento trade, che punta ad alti volumi di vendita che questi testi faticano ad assicurare.
  • Il secondo è la crescita di nuove modalità di diffusione, “digitali” ovviamente, che a loro volta propongono diverse possibilità di studio, lettura e consultazione. Fino a pochi anni fa, questo era vero essenzialmente per le riviste, ma oggi anche i libri, soprattutto le monografie, sono avviate nella stessa direzione. In questo spostamento, però, “digitale” diventa sinonimo non di un semplice formato ma di un canale, nel quale spesso al contenuto si aggiungono servizi che influiscono sul lavoro stesso dello studioso e dello studente.
  • il terzo è il farsi strada di nuove istanze di accesso, identificabili in grande misura con la spinta verso l’Open Access. Sul tema occorrerebbe spendere molte parole; rimandando per ragioni di spazio a quanto se ne spiega nel libro, basterà dire che si tratta di un tema serio e ineludibile anche in Italia, purtroppo venato talvolta di massimalismi che fanno riferimento a contesti culturali e mercati del tutto diversi dal nostro.

Certo, per non perdere la bussola, converrà almeno chiarire che queste tendenze investono soprattutto la produzione monografica e meno quella manualistica. Ma è anche vero che questa seconda è già al centro di diverse iniziative e sarà probabilmente the next big thing, il prossimo confine editoriale che verrà superato, anche se in tempi e modi ancora largamente imprevedibili. Dunque, è difficile chiamarsi fuori a priori.

Se poi da singoli aspetti allarghiamo lo sguardo al complesso degli attori che contribuiscono a far giungere un testo – monografico o manualistico che sia – nelle mani dei suoi lettori, il quadro si complica ulteriormente.

Qui il fenomeno evidente è senz’altro il confondersi dei ruoli: in Rete le regole del gioco sono diverse, e quindi autori e bibliotecari tendono a diventare (anche) editori, gli editori (anche) librai e distributori, mentre questi ultimi si propongono come editori, sulla scia della triade Amazon-Apple-Google, che si candida più o meno a ogni livello della catena del valore.

Evidentemente, la parola chiave è disintermediazione, rispetto alla quale nessuno si può chiamare fuori: non il docente, la cui produzione è immediatamente passata al vaglio della massa di dati presenti su Web; non il bibliotecario, che assiste al tramonto dei tradizionali sistemi strutturati di ricerca bibliografica a favore di Google; e non certamente gli editori, che possono essere tecnicamente saltati nei passaggi che vanno dall’ideazione di un’opera al raggiungimento dei lettori.

Ma se guardiamo allo scenario che abbiamo di fronte con maggiore freddezza, vediamo come non stiano scomparendo gli intermediari, ma ne stiano semplicemente (si fa per dire…) nascendo altri: di tipo tecnologico, social, informale o formale.

Il punto è che il sistema si sta riorganizzando attorno a nuove percezioni di valore. Dunque, più che decretarne frettolosamente la morte, mi pare necessario capire come gli attuali protagonisti debbano evolvere per continuare ad avere un senso, per provare ad aggiungere valore, anche e soprattutto in un contesto accademico.

È questo il quadro nel quale si colloca l’ebook di Nicola Cavalli, protagonista e osservatore attento dei fenomeni in atto. Si tratta di un testo documentato, che guarda al contesto internazionale ma pensa al nostro paese, e unisce passi informativi a tratti più interpretativi. Affronta i nodi ricordati sopra e molti altri fenomeni, e rappresenta una lettura utile per orientarsi tra tendenze generali, esperienze singole, problemi aperti. Certamente, offre strumenti per provare a sbrogliare la matassa, avvicinandosi al bandolo.

L’auspicio è anche che testi come questo facciano fare alla discussione un salto di qualità e richiamino l’attenzione su questioni rimaste fino a ora in secondo piano. Per esempio, ci si è concentrati per lo più sulla fruizione mentre si è riflettuto meno su come ideare e scrivere un testo accademico prevalentemente o nativamente digitale. Oggi, se non fosse per lo strato di servizi che le diverse piattaforme – anche descritte nel libro di Cavalli – offrono ex post, contenitori e contenuti, libri, riviste, articoli sarebbero strutturalmente gli stessi del secolo scorso, e anche di quello prima. In realtà, ci sono alcune esperienze interessanti nella didattica, all’interno delle piattaforme di alcune università: ma – con le dovute eccezioni – si tratta di materiali integrativi, non di testi complessi e completi, né tantomeno della somma di volumi e apparati a corredo, collocati insieme perché pensati unitariamente. Comunque, sono realizzazioni promettenti ma ancora embrionali e purtroppo episodiche.

Invece, l’ecosistema digitale finirà probabilmente per modificare anche la stesura stessa dei testi e degli oggetti che li compongono e li completano, il modo di intendere il ruolo di un autore e il suo rapporto con i lettori: e solo la capacità di non subire il cambiamento potrà permettere agli attuali attori della catena editoriale di accompagnare e indirizzare, forse, questa trasformazione. Sta in parte accadendo nel settore non specialistico, perché non dovrebbe avvenire in quello universitario?

Ma rimane anche la speranza e l’impegno – magari démodé ma non per questo meno ostinato e doveroso – che tutto questo migliori la qualità della nostra produzione universitaria e della nostra istruzione superiore: anche perché prima di ogni piattaforma, app, ereader, servizio di digital lendingcustom publishing ci sono, ci devono essere, i contenuti, la loro efficacia espositiva, il loro spessore culturale.

Ma questa, come diceva Kipling, è un’altra storia. Buona lettura.

Andrea Angiolini
Manager of electronic publishing
il Mulino



Pubblicato originariamente come prefazione a Editoria universitaria digitale di Nicola Cavalli. Scopri la collana di ebook Apogeo dedicati all’editoria digitale.

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