Essendo iscritto alle liste dei papabili presidenti di seggio e residente in una città che ha appena eletto il sindaco, ho avuto il “piacere” (notare le virgolette) di far parte dell’Ufficio centrale per l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio comunale: un apposito organo composto da sette membri e presieduto da un magistrato del foro locale, con il compito di effettuare un’ultima e definitiva verifica dei risultati elettorali.
Arrivo sul luogo e nell’ora indicati nell’atto di convocazione e vedo che la sala è dotata di tre computer, presidiati da un tecnico informatico il quale spiega che il tutto verrà gestito da un efficientissimo foglio di calcolo da lui impostato e più volte sperimentato.
Iniziamo a lavorare prendendo i dati dai verbali delle varie sezioni e inserendoli nel sistema, il quale in effetti si rivela ben funzionante. Finito il lavoro di inserimento a computer, in un mondo ideale tutti i sette membri della commissione potrebbero sfoderare le loro smart card di riconoscimento, apporre le rispettive firme digitali e infine premere un magico tasto Invia plico telematico al Ministero dell’Interno a mezzo PEC.
Usciamo dalla fantascienza. So che cose del genere (peraltro già tranquillamente realizzabili) non sono ancora contemplate dalla burocrazia italiana. Cerco di guardare il bicchiere mezzo pieno, riflettendo sulla frase di uno dei colleghi più anziani:
Pensa che quando l’ho fatto io la prima volta si facevano tutti i calcoli a mano con la calcolatrice!
Insomma, poteva andarci molto peggio.
Bisogna infine consegnare il tutto in cartaceo. Poco male; in fondo basta il comando Stampa e la potente attrezzatura del municipio ci cucinerà tutto nel giro di pochi minuti.
Qui inizia l’incubo per un digital-maniac come me. Il protocollo delle operazioni elettorali prevede che tutto questo report sia confezionato utilizzando appositi modelli cartacei forniti dal ministero: quaderni-verbale in duplice copia e una serie di foglioni ridondanti, più grandi del formato A3 e quindi non adatti all’inserimento in alcuna stampante.
Succede dunque che da una magica busta fornita dal Comune e contenente materiale vario di cancelleria spuntino ben sei tubetti di colla stick e alcune paia di forbici. Quel lavoro che nella sostanza era terminato nella mattinata si avvia così di fatto a protrarsi per tutto il pomeriggio nel ritagliare i vari fogli stampati ed incollarli sui modelli di cui sopra. Senza ovviamente dimenticarsi dell’emblema della burocrazia: l’immancabile timbro ad olio, apposto sui due spigoli di ciascun foglio incollato, a garanzia di eventuali manomissioni future.
Ditemi che è uno scherzo… o quantomeno che non siamo nel 2013.
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