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Coca Cola vince la sfida degli spot con lo stile game

07 Febbraio 2007

Coca Cola vince la sfida degli spot con lo stile game

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Un gruppo di ricercatori ha elogiato la pubblicità della nota bibita mandata in onda durante il Super Bowl

Il Super Bowl di domenica scorsa verrà ricordato non solo per i suoi 93 milioni di spettatori televisivi (terza trasmissione USA di sempre), ma anche per la serratissima competizione pubblicitaria. I 20 inserzionisti che sono riusciti ad accaparrarsi i pochi spazi disponibili hanno sborsato 2,6 milioni di dollari per 30 secondi di clip.

Spot che senza ombra di dubbio rappresentano il top della comunicazione pubblicitaria, e che sono stati analizzati fino all’ultimo pixel nonché sottotesto «pseudo-subliminale» da FKF Applied Research e Ahmanson Lovelace Brain Mapping Center della UCLA. Il responso è stato unanime: la sfida è stata vinta dalla Coca Cola. «Ha colto nel segno perché ha coinvolto un ampio spettro di emozioni, inclusa la regione del cervello che è correlata all’empatia», ha spiegato Joshua Freedman, a docente di psichiatria alla UCLA e co-fondatore di FKF Applied Research. «Chiedere a qualcuno che cosa stia succedendo nel suo cervello è quasi come chiedere che cosa stia succedendo nel suo cuore».

E Coca Cola con il suo «Video Game» ha promosso atti di bontà, stimolando emozioni positive nei telespettatori. Il tutto condito con evidenti riferimenti ad un uno dei videogiochi più controversi degli ultimi anni: Grand Theft Auto.

FKF ha studiato approfonditamente le reazioni di 10 uomini e donne di età compresa fra i 18 e 34 anni, utilizzando il sistema grafico a Risonanza Magnetica (fMRI) della UCLA. Si tratta di una nuovissima tecnologia che permette di analizzare l’attività, o la circolazione del sangue, delle varie aree del cervello che governano il desiderio, le paure e altre zone cognitive del cervello. Quando le aree specifiche vengono attivate la circolazione del sangue e dell’ossigeno aumenta: fMRI è in grado di registrane ogni dinamica.

Alla fine chi ha acceso di più i neuroni ha giocato tutto sulle paure ed ansietà, secondo Freedman. «Si tratta di una ricetta per un brutto marketing però, perché le persone al secondo giro non vi badano più. La cosa migliore è sempre giocare sulle cose positive che fanno sentire bene».

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