In agonia il free Internet, scema la disponibilità di materiali gratuiti online. Tendenza nient’affatto nuova, con un’epidemia che colpisce anche le testate-web d’informazione grandi e piccole. Le quali, come da recenti inchieste, sono più che mai alla ricerca di un business model efficace, oltre che naturalmente redditizio. Un contesto alquanto instabile in cui s’inseriscono un paio di recenti annunci dalla scena USA che sembrano puntare risolutamente verso il pay-Internet. CNN si appresta a imporre tariffe (4,95 dollari al mese oppure 39,95 l’anno) per l’accesso ai video clip presenti sui vari siti dediti a news, sport e finanza. Analoga l’iniziativa appena introdotta sul popolare sito per gare automobilistiche NASCAR.com: 29,95 dollari per seguire l’intera stagione sul web. Mentre un fresco sondaggio di Jupiter Media Metrix rivela che, pur se il 70 per cento di utenti non crede sia affatto il caso di sborsare dei soldi per i contenuti online, oltre il 40 per cento ritiene che alla fin fine sarà costretto a capitolare.
Proprio sulla base di quest’ultima indagine, gli esperti mettono in guardia sui segnali discordanti in circolazione. Secondo David Card, analista che ha curato il sondaggio, i “consumatori offriranno molta resistenza [al pay-Internet].” E una posizione assai diffusa nel mondo online è quella secondo cui “gli abbonamenti mensili che si pagano di già dovrebbero consentire agli utenti di avere accesso a qualunque cosa.” Non mancano infatti esempi di pacchetti che consentono di seguire una serie di siti diversi. Tra questi spicca il SuperPass introdotto da RealNetworks: per 9,95 dollari al mese si ha accesso a file multimedia da ABC News, Fox Sports, NASCAR e stralci delle maggiori partite di baseball e basketball. Altri optional in lavorazione includono servizi (e tariffe) aggiuntivi come la sintesi audio di 20 minuti per incontri-chiave del campionato professionista di baseball. Finora tale scelta ha raccolto buoni frutti: 500.000 gli abbonati, soprattutto per via della vasta popolarità dell’ambito sportivo. Ma tirano bene anche American Greetings, con circa 900.000 utenti paganti per usare e spedire le stesse e-card gratuite fino a qualche mese fa. Ancora, 800.000 sono gli abbonati alla versione online della rivista Consumer Reports e 625.000 al noto Wall Street Journal. Più in basso troviamo i 30.000 per l’accesso alle aree ‘premium’ di Salon.com, risultato decisamente apprezzabile per questo tipo di pubblicazioni indipendenti — pur se “ancora insufficiente a pagare tutte le spese,” aggiungono gli esperti di Jupiter Media Metrix.
Uno scenario rafforzato ancor più dalla nuova mossa di CNN, il cui andamento verrà seguito attentamente da testate d’ogni tipo e dimensione. Onde poter seguire gli spezzoni video presenti sui vari siti del gruppo dediti a news, sport e finanza gli utenti dovranno ora sborsare 4,95 dollari al mese oppure 39,95 l’anno; altra opzione prevista è il suddetto SuperPass di RealNetwork, che includerà anche i video clip di CNN. Secondo quest’ultima, la manovra si è resa necessaria perché i “prodotti di alta qualità come lo streaming video sono costosi, e l’abbonamento ci consente di mantenere quello standard cui sono abituati gli utenti.” Posizione generale confermata da Ross Levin Sohn, general manager di Foxsports.com: “Non credo sia lontano il momento in cui gran parte dei siti elimineranno parecchio del materiale gratuito. La grande imprenditoria sul web comincia a chiedersi seriamente: possiamo ancora permetterci di perdere 100-150 milioni di dollari l’anno?”
Ovviamente resta da vedere se e quanti utenti saranno disposti ad aprire veramente il portafoglio — non solo nel caso di CNN. Perché, meglio sottolinearlo, abbondano anziché no i siti gratuiti. Restando nell’ambito dell’informazione statunitense, basti ricordare MSNBC.com, il numero uno in classifica per le news online (oltre 20 milioni di utenti in febbraio contro 15,7 milioni per CNN, 8,4 per ABC, i 4,4 per CBS, dati Jupiter). Anzi, secondo Merrill Brown, direttore di MSNBC, la mossa di CNN si tradurrà in “un ovvio vantaggio nei nostri confronti; è nostra ferma intenzione a continuare a fornire video clip gratis.” Analoga la posizione per il sito di CBS, dove non mancano affatto filmati live d’ogni genere. Senza infine dimenticare come rimangano gratuite testate quali New York Times, USA Today e Washington Post, insieme a numerose entità specializzate che vantano un’audience alquanto consistente, da Rolling Stone a PC World, da Launchcast a CBSMarketWatch.
Complessivamente è insomma innegabile come la bilancia penda tuttora verso l’ampia disponibilità di materiale for-free. Ma su Internet, si sa, rimane difficile azzeccare (e perseverare) un business model univoco. Ecco quindi che la tendenza neppure troppo strisciante al web for-fee va producendo evidenti contraccolpi sugli stessi utenti USA, gran parte dei quali hanno storicamente fatto il callo ad ogni tipo di materiale gratuito — almeno così pareva. Ora una buona fetta di costoro, il 41 per cento nell’indagine curata da Jupiter Media Metrix, si dichiara rassegnato a dover accettare, nel prossimo futuro, l’imposizione di dazi diffusi per l’accesso ai siti preferiti. Rincara la dose ancora David Card: “Entro un paio d’anni gran parte del miglior materiale odierno non sarà più liberamente disponibile. Sarà difficile per le aziende continuare a permetterselo.”
Chissà, avrà davvero ragione?