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Chiudono Feed e Suck: moribonda la cultura digitale?

14 Giugno 2001

Chiudono Feed e Suck: moribonda la cultura digitale?

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Costrette alla chiusura (temporanea?) altre testate storiche, mentre cresce l'ombra del consolidamento stile corporation.

“Alla data dell’8 giugno 2001 Automatic Media cessa le operazioni vista l’impossibilità di assicurarsi ulteriori finanziamenti.”

Questo il secco annuncio apparso la settimana scorsa sul sito dell’editore di due storiche web-zine, Feed e Suck. Le quali sono state prontamente mandate in vacanza, approfittando della calura estiva, nella speranza di poterle risuscitare in autunno.

Pur nell’incessante fluire di Internet, si tratta di un’altra grossa perdita nell’espressione della cultura digitale di oggi e soprattutto di domani. In particolare, Feed da oltre sei anni offriva ogni due settimane commentari originali e squarci stimolanti sull’intera scena dell’attualità globale sia online che offline. Pur curando soprattutto ambiti quali media e tecnologia, scienza e arte, la e-zine era solita approfondire gli argomenti più svariati, dalla commercializzazione della religione alle politiche presidenziali USA alla mitologia dell’American West. Questi alcuni degli articoli apparsi la settimana precedente la chiusura: il colore del denaro, dialogo su capitalismo, ambientalismo e il nesso esistente tra esser verdi e fare soldi; l’allarmismo di George W. Bush; identità trafugate sul web; il fiasco dell’FBI nel caso di Tim McVeigh.

È su simili tematiche che in questi anni si era costruito un successo tanto soffuso quanto regolare, confermato dalla crescente fetta di affezionati utenti che partecipava ai forum online aperti di fianco un po’ a tutti gli articoli. Un successo che, a dire il vero, però non ha mai portato grossi capitali nelle casse della testata. Fattore divenuto mano a mano sempre più sostanziale, col passaggio dallo spontaneismo progressista all’odierna lotta tra pescecani anche sul web. Anche se è vero che ciò rispecchia in parte la cosciente scelta dei cofondatori Stefanie Syman e Steven Johnson di restare comunque indipendenti, pur a fronte del tipico altalenarsi della new economy, più che mai in questi ultimi tempi di magra. È anzi l’attuale scoppio della bolla Internet (o “il ritorno alla realtà,” come lo definiscono gli stessi editor di Feed) ad esser posto sul banco degli imputati per quest’ennesima debacle.

D’altra parte la crisi delle testate d’informazione e cultura online non rappresenta certo una novità. Si ricordavano tra l’altro le ampie perdite del pur quotato Salon.com (quasi 22 milioni di dollari per l’anno fiscale chiusosi il 31 marzo 2000, e oltre 13 milioni per i restanti nove mesi), con un ragguardevole livello di un milione di visitatori unici al mese che rimane però una bazzecola rispetto ai 16 che seguono su AOL le news d’attualità. Mentre Slate, emblema culturale della scuderia Microsoft, non supera i due milioni di hit mensili, ed appare sempre più come una sorta di shopping mall per i prodotti dell’azienda-madre e suoi consociati.

Un panorama in cui per poter resistere il piccolo business attivato da Feed aveva recentemente unito le forze con Suck.com, rivista per lo più dedita alla satira, costola dell’allora spumeggiante Wired in quel di San Francisco. Una fusione che un anno fa aveva dato i natali, appunto, ad Automatic Media, la quale a sua volta aveva partorito a inizio 2001 Plastic.com dopo una gestazione di appena otto settimane. Il relativo Plastic network includeva entrambe le testate e altre iniziative in fieri. Ed è vero che “secondo molti punti di vista, Plastic ha ottenuto un successo strepitoso”, come dichiara il comunicato diffuso su Feedmag.com. Ciò grazie in primis alla vibrante comunità che si è presto consolidata intorno al progetto, offrendo contributi e partecipazione come ai vecchi tempi. Ma – si legge più avanti – “anche noi siamo vittime del recente congelamento. E pur rimanendo convinti che siti dal buon contenuto possano sostenersi da soli, Automatic Media non è in grado di soccorrerci fino a quando ciò non si realizzerà.”

In ogni caso i due siti sono stati messi in stato d’ibernazione, non chiusi definitivamente. Suck ha apposto l’ilare e popolare cartello “siamo andati a pescare”. Approfittando del rallentamento estivo, entrambi offriranno una selezione dei migliori pezzi d’archivio, lasciando comunque aperte le porte a commenti e interventi dei lettori. Nell’ovvia attesa di trovare fondi sufficienti a riprendere le normali pubblicazioni in autunno. Ci riusciranno? Difficile dirlo al momento. Certo è che il blocco forzato giunge in un momento di consolidamento per le testate online.

Oltre ai problemi e ai casi di cui sopra, va infatti ricordato l’annuncio di qualche giorno addietro secondo cui AOL Time Warner si appresta ad acquisire Business 2.0, solida rivista a stampa con annesso sito, la quale verrebbe a fondersi col diretto rivale eCompany Now, pur se ufficialmente entrambi manterranno spazi e strutture proprie. Con le annesse e immancabili ‘ristrutturazioni’ che manderanno a casa non pochi impiegati e giornalisti. Licenziamenti ulteriormente anticipati (per la terza volta in pochi mesi) qualche settimana fa da un’altra grossa testata dell’info-tech, Red Herring Communications, pur avendo appena racimolato nuovi finanziamenti pari a 15 milioni di dollari. E a febbraio perfino l’intelligente settimanale Industry Standard era stato costretto a tagliare la forza lavoro di circa il 17 per cento, dopo riduzioni del 10 per cento già attivate tre mesi addietro.

Un consolidamento che appare inevitabile, nel tipico stile delle grandi corporation pigliatutto, come sta d’altronde avvenendo sull’intera Internet. Sono finiti i tempi d’oro (anche) per la cultura digitale?

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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