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Chiude Eazel, la start-up del Linux facile

21 Maggio 2001

Chiude Eazel, la start-up del Linux facile

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Fallito il progetto per un'interfaccia Linux "user-friedly". Nasce in Argentina la prima società di distribuzione del sistema operativo aperto

Eazel è morto. Questa una delle principali notizie della scorsa settimana in arrivo dall’ambito open source. Cos’era Eazel? Una start-up che prometteva davvero parecchio: trasformare Linux in un sistema facile e divertente da usare. Non a caso diversi tra i membri fondatori erano programmatori che a suo tempo avevano reso popolare l’interfaccia “user-friendly” del Macintosh. Certo, si dirà, un’altra vittima (più o meno illustre) della crisi del dot-com. In realtà Eazel non è neppure riuscita a mettere seriamente alla prova quanto costruito, visto il precoce depauperamento del denaro messo insieme e la contemporanea impossibilità di trovarne altro. Ma come è norma nel giro open source, gli sforzi prodotti non andranno persi. Il codice fin qui realizzato verrà sviluppato da singoli e gruppi sparsi, e chissà che prima o poi non ne esca fuori un buon prodotto degno di tale nome.

In contemporanea con l’annuncio della chiusura di Eazel, infatti, diverse mailing list online hanno ospitato botte e risposte dei diretti interessati, con immediato avvio di specifici gruppi di lavoro mirati alla messa a punto del codice finora disponibile. Ma se ciò conferma l’ottimo stato di salute della comunità open source, e il fatto che il free software non potrà mai sparire di scena, seri interrogativi restano sulla validità di tale modello nell’attuale ambito commerciale. Ovvero, sulla concreta possibilità di finanziare e coordinare progetti articolati in grado di conquistare prima o poi ampie fette di mercato. Con l’attuale caduta libera dell’high-tech e la penuria di contante, per quanto ancora ed a quale velocità potrà continuare lo sviluppo di free software? E come sarà possibile pagare quelle migliaia di sviluppatori necessari a realizzare sistemi e programmi open source davvero ‘user-friendly’?

Tutto ciò, ovviamente nella prospettiva di sferrare corposi attacchi a Windows o rubare spazi di mercato allo stesso Macintosh, tanto per fare i soliti nomi. Anche perché sembra che la crisi anche occupazionale in atto stia portando, per la prima volta negli ultimi dieci anni, a scarsità di domanda per sviluppatori di Linux e Perl, con crescite invece per Java, SQL e ovviamente la vasta gamma di capacità connesse all’incremento di Windows. Nell’anno di vita o poco più del progetto Eazel, non pochi avevano sperato nell’affossamento definitivo di tale tendenza, a sostegno invece di progetti finalizzati alla realizzazione di un sistema alla portata di tutti, in ogni senso. Non a caso allora qualcuno aveva affermato spavaldo: “Qui ci sono alcuni di quelli che hanno portato al successo il Macintosh — potranno veramente fare grandi cose anche stavolta.” Così non è stato, nonostante le ottime intenzioni. Salvando comunque il salvabile, restano da vedere le ripercussioni a livello più generale.

Altro piccolo successo invece quello messo a segno da Transmeta. Il chip Crusoe verrà utilizzato anche da Sharp per i suoi notebook. Nello specifico, a partire dal prossimo 30 giugno lo si troverà in Giappone sui modelli Meibius PC-SX1-H1. L’annuncio arriva pochi dopo giorni l’altro analogo, con Toshiba, maggior produttore mondiale di portatili, che impiegherà il Crusoe nella sua linea Libretto. A meno di un anno dalla diffusione del chip ‘salva-energia’, Transmeta sembra così trovare forti alleati soprattutto in terra giapponese (oltre alle suddette marche, anche Sony, Fujitsu, NEC, Casio e Hitachi), pur se ancora scarsa è l’attenzione ricevuta in patria. Con l’andamento dell’attività azionaria tuttora in acque agitate.

Parte intanto in Argentina il primo tentativo di avviare una vera e propria distribuzione Linux, grazie alla nascita di Ututo, con l’annessa mascotte del pinguino chiamato Tux. Il pacchetto Ututo offre l’interfaccia grafica KDE, la suite applicativa StarOffice e Sceptre, strumento di simulazione di circuiti elettrici basato su Linux. È anzi proprio quest’ultimo la vera perla dell’iniziativa. Un progetto ideato da Diego Saravia, professore di un corso di post-laurea sulle sorgenti di energia rinnovabile presso la Universidad Nacional de Salta. “Non è facile installare un sistema operativo,” spiega Saravia. “Ma al contrario di altre distribuzioni Linux, Ututo non impone alcuna installazione. Basta inserire il CD, lanciare il PC e Ututo fa tutto da solo”. Una semplicità operativa che ha convinto Saravia a lanciare l’idea al di fuori delle aule universitarie cui era originariamente destinata. Al momento la distribuzione viene organizzata nella regione nord-ovest del paese, una delle più trascurate dell’Argentina, con oltre il 20 per cento della popolazione a livelli di povertà. Proprio per questo si tratterebbe, sempre secondo Saravia, di un’area pronta e matura per recepire il messaggio dell’open source. Non a caso le maggiori istituzioni della zona, dal dipartimento di polizia centrale all’Università Cattolica, fanno già ricorso a Linux per i propri computer. L’iniziativa di Saravia, che ha ricevuto l’adeguato supporto della comunità mondiale di programmatori GNU, sembra quindi poggiare su solide basi. Tanto che il professore si lancia in un’azzardata previsione: “Entro cinque anni nessun computer in Argentina girerà su Linux.”

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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