Netflix chiede un abbonamento mensile a prezzo accessibile e in cambio offre trasmissioni televisive a film in versione digitale streaming, visibili ovunque: televisore, computer, tavoletta, console, cellulare eccetera.
In Italia Netflix non è ancora arrivato, probabilmente per questioni di diritti di ritrasmissione. Né è arrivato Oyster, nuovo servizio di libreria virtuale che Ars Technica ha chiamato la libreria dei nostri sogni:
Paghi una cifra mensile, accedi in forma illimitata a un catalogo di centomila titoli disponibile nella app di Oyster, ben progettata e certamente alla pari con Kindle o iBooks di Apple. Se però questo modello di business sia concorrenziale e se vada oltre la semplice eredità dell’idea di Netflix, è un’altra questione.
Al momento Oyster è solo a invito e solo per iPhone, anche se gli autori dichiarano di avere in lavorazione il prossimo passo logico, verso iPad e il mondo Android. Costa 9,95 dollari al mese e come detto mette a disposizione un catalogo di centomila titoli.
A prima vista sembra una riedizione del Club degli Editori, con due differenze sostanziali: la prima è che c’era un limite minimo di libri da acquistare e la seconda che, almeno nei primi tempi, sciogliere un contratto in corso era più difficile che evadere da Alcatraz.
Si dirà che quelli erano libri cartacei e questi sono ebook, ma credo si manchi il cuore della questione: che cosa rappresenti oggi un libro. O almeno un certo tipo di libro. Casey Johnston, l’autore della recensione di Oyster, si concede una affermazione discutibile (da discutere):
Si può argomentare attorno al valore soggettivo dei libri e della televisione e dei film, ma per quanto mi riguarda è tutto intrattenimento. In una ottica di costo contro tempo, niente batte la televisione. Una stagione di un serial, a venti dollari per tredici episodi da un’ora, costa circa quindici dollari ogni dieci ore. I libri sono appena più cari: un libro da trecento pagine a dieci dollari, costa circa venti dollari per dieci ore. I film sono incredibilmente costosi: un biglietto di 10-15 dollari per due ore di pellicola significa 50-75 dollari per dieci ore.
È tutto intrattenimento? Ha senso concepire un abbonamento alla libreria come alla programmazione televisiva? Un editore che vendesse in abbonamento fiorirebbe o fallirebbe?
Si noti che Netflix non si occupa di libri e come altri settori – come la musica – vedano attualmente l’acquisto come fonte principale di generazione di ricavi. Esistono numerosi servizi di abbonamento, ma iTunes – due terzi del volume di affari generale – vende, album e brani.
Chi si abbona è perduto, dunque? Oppure i libri sono intrattenimento e i modi per portarli sul mercato non sono necessariamente quelli tradizionali? Dove per tradizionali oramai conta anche la pagina web.