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Chi la spunterà nell’intrattenimento online?

06 Aprile 2001

Chi la spunterà nell’intrattenimento online?

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Napster tentenna, Musicbank chiude, Amazon- Borders rilanciano. E i consumatori nicchiano.

Prosegue senza tregua la saga di Napster. E pur in mancanza di notizie degne di tale nome, il nome del popolare servizio di file-sharing musicali continua a primeggiare. Spesso passano così in secondo piano altre vicende connesse al medesimo ambito entertainment, con l’annesso ampio volume di e-commerce. In queste le ultime ore, ad esempio, si è registrata la chiusura di Musicbank, iniziativa dedita alla diffusione delle musica avviata dalle cinque maggiori etichette discografiche. Annunciata anche la partnership tra Amazon e Borders, la quale in pratica passa l’intera gestione della propria unità online alla creatura di Jeff Bezos. Prossimo il lancio di un supersito centrato sulla vendita di libri, musica, vide, DVD e quant’altro nell’ambito dell’intrattenimento. Uno scenario in continua fluttuazione quindi, ben oltre le diatribe giudiziarie che ruotano intorno a Napster. Con i riflettori comunque puntati su un bene assai prezioso per tutti: le decine di milioni di utenti che giornalmente usano Internet nell’ambito dell’intrattenimento, shopping online incluso.

Rimanendo su quest’ultimo caso, le news dell’ultimora parlano di ulteriori audizioni nelle aule di giustizia, con il giudice Marilyn Hall Patel che a San Francisco non esita a definire “disgraziate” le iniziative di filtro adottate recentemente dai tecnici di Napster. Non mancando di aggiungere come qualcosa deve cambiare, davvero e subito, pena l’effettiva chiusura del sito. Chiusura già sentenziata lo scorso mese, ma tuttora non applicata in attesa di verificare l’efficacia di tali iniziative di filtro. Come è probabilmente noto ai più, queste ultime dovrebbero bloccare il download di pezzi musicali protetti da copyright per lasciar passare soltanto quelli in libera distribuzione online. La realtà ha però dimostrato che il filtro è aggirabile con semplici modifiche dei nomi di gruppi o pezzi da cercare (Metalica invece di Metallica, ad esempio). Napster dichiara di aver acquisito sofisticati database e tecnologie in grado di tener traccia delle imperfezioni grammaticali, citando a riprova della sua buona volontà la repentina diminuzione del prelievo di musica sotto copyright. Ma secondo la Recording Industry Association of America (RIAA) finora risultano bloccati poco più della metà degli oltre 600.000 lavori che sembrano illegalmente reperibili sul sito di Napster. Ovvero, gran parte dei pezzi restano comunque disponibili per il download, pur se con titoli e diciture sgrammaticati.

Quali le prossime mosse?Da un parte i giudici hanno deciso di attendere l’opinione dei tecnici indipendenti sulle concrete possibilità dei filtri imposti da Napster; dall’altra, i responsabili di quest’ultimo ribattono puntigliosamente su ogni istanza legale, puntando sull’ovvio supporto popolare a sostegno del proprio servizio. In tal senso, va segnalato che lo stesso giudice ha archiviato (almeno per il momento) la denuncia presentata dal produttore indipendente Matthew Katz, contro fondatori e finanziatori di Napster accusati di “responsabilità personale” nelle infrazioni finora commesse dal servizio e il relativo rimborso economico da sborsare alla RIAA. Altra decisione di compromesso in una matassa sempre più difficile da sbrogliare.

Anche perché gli stessi potentati discografici non dormono certo sonni tranquilli. Lo dimostra tra l’altro la chiusura nei giorni scorsi di Musicbank, ambiziosa iniziativa tesa a fornire raccolte sonore personali ai singoli utenti. Uno dei vari progetti mirati a sfruttare l’enorme potenziale commerciale della musica via Internet, stavolta sponsorizzato però da grossi nomi. Tra gli investitori originali si contavano infatti Bertelsmann e Universal Music Group, oltre ad accordi per la licenza di musica prodotta da etichette quali BMG, Warner, Sony, EMI e l’esclusiva partnership con i Virgin Megastore. Uno sforzo di ampie proporzioni che tuttavia non è riuscito a decollare, fallendo nel lancio di quei servizi commerciali più volte promessi. Come recita il laconico comunicato finale inserito online, “Per oltre un anno Musicbank ha fatto da pioniere nello sforzo di unire gli amanti della musica nella creazione di proprie raccolte di CD online. Oggi è con dispiacere che siamo costretti ad annunciarne la chiusura…” Vengono così mandati a casa gli ultimi 40 dipendenti attivi, dopo che a marzo ne erano già stati licenziati una ventina e si era dimesso il presidente Michael Downing, mai più rimpiazzato.

Al pari di altri servizi similari, sotto accusa è la strategia operativa di Musicbank. Ma più in generale, hanno finora trovato poco riscontro le fauste previsioni di un immediato interesse del pubblico per esclusivi servizi a pagamento. Non a caso due mesi addietro Myplay aveva ridotto del 40 per cento la propria forza-lavoro, mentre il popolare MP3.com ha sborsato svariati milioni di dollari a risarcimento delle infrazioni sul copyright. Ciò ad ulteriore conferma dell’estrema fase di confusione nell’ambito entertainment online (soprattutto made in USA), con diverse forze puntate alla conquista di fette più o meno consistenti dell’e-commerce dilagante. Uno scenario tipicamente fluido e dinamico, a cui va aggiunto il prossimo arrivo di un altro pezzo da novanta, l’accoppiata Amazon-Borders.

Annunciato nelle ultime ore, l’accordo tra le due società prevede il lancio estivo in un apposito sito che intende rilanciare Borders.com, affidando allo staff di Amazon assistenza clienti, inventario e espletamento degli ordini. Similare l’accordo che mesi fa il gigante dell’e-commerce aveva stipulato con un altra mega-catena di negozi offline, Toys “R” Us, gestendone la vendita di giocattoli via Internet — stavolta trattandosi invece di libri, CD, video e prodotti affini. Una strategia, quella di Amazon, tesa a recuperare decise perdite di entrate (e di immagine) registrate negli ultimi tempi, con i relativi dubbi sollevati a Wall Street sull’effettivo successo del proprio business model. E nonostante le assicurazioni di Bezos & Co. sui primi, sudati guadagni entro fine anno, cresce lo scetticismo: alcuni analisti sottolineano come la partnership con Borders non sia poi così eccelsa, perché quest’ultima catena di librerie “rimane comunque ben lontana dalla stazza di Barnes and Noble”.

Comunque andranno le cose, si respira sempre aria di crisi nell’ambito dell’e-commerce e in borsa. Ma ancora quasi nessuno è riuscito a conquistare la fedeltà di quelle consistenti fette di utenza che quotidianamente perseguono e spendono per l’intrattenimento online. Forse che stavolta siano davvero i consumatori ad avere il potere in mano?

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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